La pubblicazione in lingua italiana del volume su Laplanche è particolarmente opportuna in quanto questo autore, sebbene molto citato, non è altrettanto ben conosciuto in Italia nonostante la sua opera sia ormai quasi del tutto tradotta. Personalmente ritengo che tra i motivi che rendono questa pubblicazione particolarmente benvenuta c’è il fatto che, benché Laplanche non si ponga come un “freudologo”, anzi non rinuncia a muovere delle critiche allo stesso Freud, il suo pensiero sviluppa una riflessione epistemologica sulla psicoanalisi e su Freud in particolare che mette in evidenza tutta la portata delle implicazioni “filosofiche” e della concezione antropologica che ne deriva. Le riflessioni di Laplanche sono quanto mai utili in un momento come l’attuale nel quale la psicoanalisi subisce numerosi attacchi non solo da parte della psichiatria biologica, del cognitivismo e della teoria dell’attaccamento ma anche da alcune correnti filosofiche ed epistemologiche e non pochi psicoanalisti, di fronte a questi attacchi che prendono di mira soprattutto il pensiero di Freud, appaiono alquanto disorientati. In questa sede mi limito soltanto a segnalare il suo punto di vista circa l’insegnamento della psicoanalisi, tema quanto mai complesso e spinoso in un contesto come quello italiano ove, da un lato, la psicoanalisi viene criticata mentre, dall’altro, proliferano “scuole” di psicoterapia, alcune anche ad ispirazione psicoanalitica, sia private che nelle Università. Laplanche, che dal 1962 ha insegnato all’Ėcole Normale e alla Sorbonne e dal 1980 ha istituito presso quest’ultima un Dottorato di Psicoanalisi, distingue nettamente quella che potremmo definire “formazione psicoanalitica” che spetta alle istituzioni psicoanalitiche in senso proprio, cioè alle Società Psicoanalitiche e ai loro Istituti di Formazione e l’insegnamento della Psicoanalisi come disciplina scientifica che, a suo parere, ha il diritto e il dovere di essere insegnata all’Università e di sedere a pieno titolo all’interno della comunità scientifica. Questo non significa che l’Università debba o possa formare psicoanalisti, anzi il rigore di Laplanche a questo riguardo è assoluto. Infatti egli ritiene che anche negli Istituti di Psicoanalisi, l’analisi personale degli Aspiranti Psicoanalisti dovrebbe essere del tutto scorporata dovendo essi provvedervi in via privata con il solo obbligo di certificare il suo essere in corso o l’avvenuto svolgimento. Il punto di vista di Laplanche sembra particolarmente interessante da prendere in considerazione nella situazione italiana ove assistiamo anche nelle Università al sorgere di corsi di specializzazione in psicoterapia, in cui sovente si propone una “formazione”, almeno di ispirazione psicoanalitica, mentre l’insegnamento della psicoanalisi come disciplina è quasi del tutto mancante o insufficiente e, non è un caso, che nelle nostre Università essa venga insegnata, quando lo è, nei corsi di Psicologia Clinica, di Psicologia Dinamica, o qualche volta di Psichiatria ma non abbia ancora un insegnamento ad essa esplicitamente dedicato.
Francesco Conrotto