Mauro Manica (2014)
Intercettare il sogno.
Sviluppi traumatici e progressione onirica nel discorso psicoanalitico.
Edizioni Borla, pp. 166.
Dalla Prefazione di Simonetta Diena.
“Mauro Manica in questo suo nuovo libro dedicato a come “intercettare il sogno”, cerca di descriverci come oggi gli psicoanalisti lavorino con il sogno, utilizzandone la sua funzione trasformativa e simbolo-poietica. Riprendendo un commento di Thomas Ogden (2007) dove si afferma che il sogno “è la forma più libera, più inclusiva, e più profondamente penetrante di un lavoro psicologico…realizzato attraverso una conversazione tra diversi aspetti della personalità (del sognatore)”, Mauro Manica si colloca nella moderna ricerca psicoanalitica di coloro che cercano di sviluppare attraverso la decifrazione delle immagini del sogno, o la loro intercettazione, una “competenza narrativa della mente.” (Civitarese, 2013).
Come negli altri suoi libri Manica si muove tra l’undestatement e la passione poetica, tra l’artigianale, paziente lavoro clinico, e irresistibili slanci poetici e filosofici. E’ difficile fare discendere da un’unica fonte l’originalità del suo pensiero. In lui si incontrano e discutono animatamente, come in una conversazione onirica (o si tratta piuttosto di una Sacra conversazione?) la psichiatria fenomenologica, appresa attraverso l’originale contributo del suo grande maestro Eugenio Borgna, e la psicoanalisi del profondo, nelle sue ultime declinazioni che partono dalla rilettura di Freud e di Bion, ma anche Ferenczi e Winnicott per arrivare a Ogden, a Gabbard, a Grotstein e ai nostri Ferro e Civitarese.
Leggendo questo libro, dall’autore impropriamente chiamato “libretto”, alludendo ai libretti d’opera, non si può non riflettere a come la pratica e la teoria della psicoanalisi siano andate incontro a profondi cambiamenti negli ultimi vent’anni. I cambiamenti sembrano riguardare adesso soprattutto la tecnica della terapia, nella quale si accede a risorse del mondo interno e creativo dell’analista con modalità sempre più originali e interessanti (…)”.
E ancora: “possiamo pensare al continuo scarto, in analisi, tra un’idea, un pensiero, un’immagine e la sua attuazione e la necessità quindi di sforzarsi continuamente nel processo dell’ascolto per tradurre in suoni dotati di una valenza musicale i dettagli più inudibili provenienti dal paziente e dall’analista.
Lo stesso processo trasformativo possiamo utilizzarlo attraverso la lettura di un quadro di Peter van de Hooch – In camera da letto (1650) – che rimanda a un oltre, rispetto ad un altrove, atteggiamento cui Manica spesso ricorre con grande eleganza in seduta (…) In questo genere di pittura di interni l’uomo non è isolato dal mondo esterno, e il vero protagonista di questo quadro è lo spazio, che dolcemente prende sotto la sua protezione gli uomini, a tal punto che questi si fondano inesorabilmente con esso (…).
Mauro Manica è capace di creare questo spazio, questo luogo dove paziente e analista si fondono dolcemente. “La mente- ripete- è abitata da una pluralità di Sé alla ricerca di una comunicazione che ne rispetti le differenti esperienze di meità”. Tutte quelle parti del Sé che non riescono a trovare spazio nella mente dell’altro vengono scisse e sepolte, e in tale posizione non riescono a trovare accesso alla memoria esplicita e alle possibili risoluzioni dei conflitti. Se non funziona l’attunement, l’at-one- ment, fallisce il riconoscimento dell’esperienza originale del Sé.
Nel libro Mauro Manica va anche oltre questo spazio, spingendosi oltre i territori limitrofi al sogno, verso la poesia, la musica, la letteratura”.
Novembre 2014