Il film di 50 minuti. L’analista al cinema nella stanza di analisi
Antigone Edizioni
“Seguo sempre il racconto dei pazienti comer se fosse un film. Per dirla con Nino Ferro, mi accorgo sempre di portare al livello dell’iconico tutti gli accadimenti della seduta. Credo sia il funzionamento di base della nostra mente, che deve continuamente sceneggiare e portare in immagini quello che ci accade, quello che pensiamo, sentiamo e ascoltiamo. Forse io, per mestiere, vi presto maggiore attenzione. Così, scopro che nell’iconico il racconto si trasforma, e le immagini sono sempre la prima intersezione fra ciò che il paziente racconta e la mia capacità di raccogliere il suo racconto, necessariamente attraverso immagini che sono mie (…). Il film non è “un film”, ma semplicemente il prodotto di libere associazioni che ci porteranno da qualche parte che non conosciamo e parlare di un film è la stessa cosa che parlare di una città, un monumento, una poesia, un viaggio. Quando un film entra nella stanza di analisi, è solo una ‘cosa’ che introduce altro. Al tempo stesso, tutto ciò che incontriamo nella stanza di analisi si dispone come un film. (…). In continuazione mi incuriosisco del film che il paziente mi racconta, perché anche quel film viene a contribuire al film della seduta. Il setting è un potente filtro di interpretazione dei fatti. La stanza di analisi, giustamente, non rispetta il film del regista, ma da quel film ne coglie uno proprio, costruito da paziente e analista (…). E’ importante che la stanza di analisi sia continuamente una sala cinematografica. Nella sala non ci sono solo due osservatori, ma innumerevoli spettatori; e sullo schermo non ci sono solo due protagonisti, ma un cast sempre più ricco e una storia d’amore sempre più intima. Nella stanza di analisi si svolge continuamente un film che dura 50 minuti”.
Giuseppe Riefolo, membro ordinario SPI, è psichiatra presso il Dipartimento di Salute Mentale Roma E. Tiene supervisioni cliniche presso vari DSM. Si è occupato dell’approccio psicoanalitico alle istituzioni territoriali attraverso vari articoli e soprattutto con il volume “Psichiatria Prossima” (Boringhieri, 2001). Si occupa di storia delle istituzioni psichiatriche e dell’uso psicoanalitico del cinema.
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