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“Il cinema sul lettino” di F. Salierno. Recensione di E. Marchiori

16/10/24
"Il cinema sul lettino. Associazioni libere di una psicoanalista tra cinema e psiche", di Flavia Salierno.recensione di E. Marchiori

Parole chiave: Psicoanalisi; Freud; Lacan; Cinema; Fellini

Il cinema sul lettino
Associazioni libere di una psicoanalista tra cinema e psiche

di Flavia Salierno

(AUGH! Edizioni, 2024)

Recensione a cura di Elisabetta Marchiori

"Il cinema sul lettino. Associazioni libere di una psicoanalista tra cinema e psiche", di Flavia Salierno.recensione di E. Marchiori 1

Alla 81°Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica al Lido di Venezia, in un caldissimo pomeriggio, Flavio Natalia, direttore della rivista di cinema Ciak, insieme a Giorgio Gosetti, giornalista, critico, saggista, già direttore della Festa del Cinema e della Casa del Cinema di Roma, attualmente delegato delle Giornate degli Autori (sezione indipendente della Mostra), hanno presentato con entusiasmo il libro di Flavia Salierno Il cinema sul lettino. Associazioni libere di una psicoanalista tra cinema e psiche. L’incontro è avvenuto presso la Casa degli Autori, dove Salierno si muove con agio, uno spazio in cui registi, attori, giornalisti, professionisti dell’audiovisivo e fotografi, svolgono varie attività, ma usato anche per networking, masterclass ed eventi collaterali. È un luogo di passaggio, di sosta e di connessioni, dove le persone si conoscono e si riconoscono, pensano, parlano e scrivono attorno al cinema, assolutamente adatto per discutere di questo libro brioso, che vuole “esplorare il legame profondo tra immagini e psiche umana”, con uno stile di scrittura accattivante e contenuti alla portata di qualunque lettore. Perché questo è il punto di forza di questa raccolta di scritti che Natalia, nella sua breve prefazione, sintetizza nella parola “psicocinema”. Da cinque anni ha ingaggiato Flavia Salierno a scrivere per Ciak, in quanto — come ha affermato lui stesso — è una psicoanalista che ama con passione il cinema e lo conosce. Con questo sodalizio “decisamente riuscito” ha voluto offrire “una visuale in più agli amanti del cinema: quella del rapporto tra cinema e psicoanalisi, da sempre particolarmente stretto” (p. 5). Salierno — autrice anche di tante recensioni pubblicate nel sito della SPI e del Centro di Psicoanalisi Romano, di recente entrata nella redazione della rivista Eidos. Cinema e arti visive — offre al lettore una “raccolta libera di pensieri” per accompagnarlo in un “viaggio affascinante […] dove i film rivelano le emozioni e i conflitti interiori”, come dice la quarta di copertina.

È un viaggio caratterizzato da un itinerario del tutto personale e originale, sotteso da alcuni concetti cardine ben conosciuti dagli psicoanalisti, cui possono sembrare risaputi, ma che di fatto non lo sono per tante persone che amano il cinema e sanno poco o nulla di psicoanalisi. Sono concetti che Salierno ha acquisito e elaborato profondamente, rendendoli accessibili e comprensibili a tutti, con l’umiltà di una psicoanalista che, senza “la pretesa di essere un’esperta o una critica”, si sente una “semplice spettatrice che si lascia meravigliare dalla visione di una pellicola e si lascia emozionare senza intellettualizzare, e senza cercare nessi di logicità, che sarebbero solo un’attribuzione invadente” (p. 7-8). È lei quella che appare di spalle nell’immagine in copertina, seduta in un cinema di fronte allo schermo, spettatrice privilegiata in attesa che si faccia “buio in sala” e vibrino le corde dell’inconscio

Il libro è composto da quattro capitoli, arricchiti da materiale iconografico che rimanda ai film citati. Nel primo Salierno affronta il tema del rapporto tra cinema, sogno e rappresentazioni oniriche utilizzate da maestri del cinema quali Pabst, Bergman, Lynch e Fellini, dedicando un approfondimento al suo Libro dei sogni.

Nel secondo capitolo l’autrice illustra sinteticamente l’evolversi del rapporto tra cinema e psicoanalisi fin dai suoi albori, quando “nascono insieme all’inizio dell’Ottocento” (p. 21) mostrando, con esempi di film molto conosciuti, come diversi registi abbiano affrontato temi psicologici complessi e come “la psicoanalisi abbia influenzato non solo i contenuti dei film, ma anche la teoria cinematografica stessa” (p. 22). Nell’interessante saggio Lacan spiegato da Hitchcock nel pensiero di Žižek, filosofo, studioso di cinema e psicoanalista sloveno, illustra come “il cinema sia stato utilizzato dalla psicoanalisi”. Žižek infatti “suggerisce che i film di Hitchcock possono essere letti come esempi concreti delle teorie di Lacan sulla psiche umana, sul desiderio e sulla struttura del linguaggio” (p. 37). Da Lacan Salierno approda a Musatti, il primo psicoanalista freudiano a studiare approfonditamente il rapporto tra psicoanalisi e cinema, ritenendo che quest’ultimo parlasse “direttamente all’inconscio” (p. 40). Cosa pensasse invece Freud del cinema, Salierno lo racconta successivamente, evidenziando le opinioni contrastanti del padre della psicoanalisi, che “riconosceva il potenziale del cinema come strumento per esplorare e rappresentare la psiche umana” e tuttavia ne temeva i “potenziali effetti negativi” rispetto alla sua capacità di suggestione e di alterazione della realtà (p. 42).

Il terzo capitolo Psicocinema e le sue origini ha un taglio più intimo, in cui l’autrice racconta come nella sua vita personale la formazione di psicoanalista si sia intrecciata all’interesse per il cinema, collegati dalla passione per “l’investigazione delle cose del mondo. Quello esterno e quello interno” (p. 46), spiegando l’importanza dell’uso delle immagini quando lavora nella sua stanza d’analisi. Si sofferma inoltre su quello che è il suo modo di “vivere un film”, concentrandosi sulle risonanze che esso crea dentro di lei. “Prende in prestito” una sequenza del film di Fellini 8 1/2 per “rappresentare in qualche modo cosa voglia dire guardare al di là di ciò che si vede, per entrarci dentro, e attraverso” (p. 49) e spiegare come si è posta di fronte alla sfida di scrivere la rubrica Psicocinema per Ciak. “La sfida è stata anche quella di far avvicinare la psicoanalisi, col suo linguaggio complesso, a un più vasto pubblico, cercando di incuriosirlo” (p. 49) e, durante la pandemia, di “intrattenere cercando di distogliere dall’angoscia dilagante”.

Il quarto capitolo, il più corposo e diversificato, Psicocinema. Riflessioni sul cinema e sui film in libertà, contiene una raccolta di scritti pubblicati su Ciak “senza un particolare ordine sequenziale, lasciando che il lettore possa navigare a vista, liberamente” (p. 50).

E qui mi astengo dal rivelare altro, lasciando il potenziale lettore del libro curioso di proseguire nella propria personale scoperta delle “trame sottili” che ciascun film considerato fa emergere e dipana nell’autrice — che “suggerisce, più che indicare” — “libero di percorrerle come vuole, per dove desidera andare” (p. 50-51).

È un libro, questo, che fa emergere, anche con un velo di ironia, “psicodomande” e, fortunatamente, non offre “psicorisposte” preconfezionate. Ha il merito di riuscire a far comprendere, anche a chi psicoanalista non è, cosa significhi guardare un film — in modo rispettoso e competente — attraverso gli occhi e l’inconscio di una psicoanalista. E magari indurlo ad ascoltarsi più attentamente e scoprire qualcosa di più su se stesso attraverso la visione del suo film e — perché no? — anche attraverso la psicoanalisi.

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