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“I paradossi degli adolescenti” di M. Ammaniti. Recensione di S. Calderoni

10/10/24
"I paradossi degli adolescenti" di M. Ammaniti. Recensione di S. Calderoni 1

Parole chiave: Psicoanalisi; Freud; Winnicott; Meltzer; Adolescenza; Ammaniti

I paradossi degli adolescenti

di M. Ammaniti

(Raffaello Cortina ed. 2024)

Recensione a cura di S. Calderoni

In questo ultimo lavoro, I paradossi  degli adolescenti (2024), Massimo Ammaniti cerca di indagare, con maestria e sensibilità, i paradossi che contraddistinguono l’età dell’adolescenza o, come egli preferisce chiamarle, le tante e composite adolescenze dal momento che possono assumere configurazioni molto diverse: esistono quella maschile e quella femminile, quella delle classi sociali più elevate e quella delle classi più svantaggiate, quella dei ragazzi occidentali e quella degli immigrati provenienti da paesi stranieri.

            L’adolescenza è un periodo di migrazione dall’infanzia all’età adulta caratterizzato da tempi lunghi, punteggiati da fasi di rallentamento e di blocchi in cui spesso si perde la direzione di sé. Nella prefazione di questo volume l’autore ci ricorda le parole dello psicoanalista Sergio Bordi (2009) il quale affermava:

            “l’adolescente è come una biglia che corre lungo un crinale di montagna: non possiamo sapere da quale parte cadrà. È difficile prevedere l’evoluzione dell’adolescenza: intervengono ostacoli, esperienze e traumi che pregiudicano il suo percorso” (p. 103).

            In un articolo comparso nel 2018 su The Lancet “The age of adolescence”, si ribadisce che la stagione dell’adolescenza si è fortemente dilatata negli ultimi decenni attestandosi in un range che va dai 10 ai 24 anni.

            Questa fase della vita è caratterizzata da comportamenti e spinte inconciliabili, paradossi irrisolvibili; gli adolescenti vanno incontro a periodi di bonaccia, rallentamenti e stagnazioni nello sviluppo in cui non si va né avanti né indietro. Secondo lo psicoanalista e pediatra inglese Donald Winnicott (1968) occorre aspettare che il vento si alzi e gli adolescenti riprendano la propria rotta. I genitori e gli insegnanti vorrebbero intervenire, aiutare i ragazzi, spingerli avanti o, addirittura, farli curare.  A tal proposito Ammaniti (2024) afferma: “Occorre saper aspettare che i giovani, dopo aver fatto ripetute esperienze, si rimettano in moto e trovino una propria direzione. Non è facile sapere attendere e avere fiducia che le risorse degli adolescenti emergano e li portino al di fuori delle secche in cui si sono incagliati” (p. 16).

            La capacità di attendere e di sostare in una situazione di incertezza e di dubbio è ciò che ogni analista, più di chiunque altro, dovrebbe essere capace di coltivare nel profondo seguendo ciò che Bion (1973) chiamava capacità negativa. Solo attraverso quest’ultima è possibile fare emergere il conosciuto non pensato di ciascuno, affinché si possa aiutare chi si rivolge a noi a raggiungere la propria identità più autentica.

            Spesso i genitori spingono i figli a diventare autonomi dimenticando che l‘autonomia è una conquista personale che non può essere indirizzata o sollecitata dagli adulti.

            Per procedere verso l’età adulta si deve essere in grado di tornare indietro: il passato non si archivia, le esperienze dell’infanzia continuano a vivere dentro i ragazzi e possono rappresentare una grande risorsa per il presente. Sono anni importanti e lo sono fin dai primi mesi di vita, anzi le ricerche scientifiche insegnano che la relazione inizia già dal grembo materno. Dalla nascita il bambino inizia a riconoscere i propri genitori e a stabilire con loro un legame affettivo attraverso scambi comunicativi fatti di interazioni e legami rispecchianti reciproci. Attraverso questi scambi il bambino impara a fidarsi di loro, certo del fatto che potrà sempre contare sul loro aiuto soprattutto nei momenti difficili. Quelli dell’infanzia sono anni di scoperte continue: gli incontri, le amicizie con i coetanei, la grande avventura scolastica dove, oltre alla scoperta della lettura e della scrittura, si entra nel mondo della conoscenza e della cultura.

            Con questo patrimonio personale si accede all’adolescenza, un territorio nuovo in cui avvengono grandi trasformazioni: dal corpo e dai caratteri sessuali, al cambiamento del modo di pensare e di mettersi in relazione con gli altri.

            Se le esperienze del passato sono state rassicuranti, questa nuova tappa si affronta con fiducia, se invece i primi anni di vita sono stati permeati da insicurezza, l’adolescenza sarà caratterizzata da paura e titubanza.

            Se osserviamo un ragazzo o una ragazza di tredici o quattordici anni, ci rendiamo conto di quanto questo paradosso sia reale. Dopo essere stati tutto il giorno con gli amici, convinti di essere grandi e indipendenti, possono tornare a casa e sdraiarsi accanto alla madre posando la testa sulle sue gambe come quando erano piccoli.

            “Convivono un sé adolescente e un sé infantile che spingono in direzioni contrastanti; il passato e il presente coesistono e, ogni tanto, anche il futuro si affaccia alla loro mente” (p.19).

            Come evolve l’adolescenza e come avverrà la transizione verso l’età adulta è condizionato dal modo in cui si è vissuta la propria infanzia, dal fatto che siano ancora vive dentro di sé la sensibilità e la tenerezza dei primi anni di vita nonostante il desiderio di diventare adulti.

            Le ragazze e i ragazzi che, nella loro infanzia non hanno sperimentato intimità affettive e momenti di tenerezza con i genitori, saranno adolescenti colpiti da cecità affettiva e la loro vita sarà all’insegna della concretezza e del materialismo non essendo capaci di una vera condivisione emotiva e uno scambio mentale.

            Esiste un altro paradosso tipico degli adolescenti di oggi: Narcisismo da una parte e attrazione verso i coetanei dall’altra. “Presi da loro stessi, si guardano e si scrutano continuamente mettendosi al centro del modo e, contemporaneamente, sono alla ricerca costante di approvazioni e conferme da parte degli altri” (p. 20). Questo particolare richiamo verso il gruppo dei coetanei si spiega con il fatto che, durante l’adolescenza, si ha bisogno di approvazione e riconoscimento perchè l’identità è in via di costruzione.

            Lo psicoanalista americano Erik Erikson (1980) sosteneva, infatti, che la costruzione dell’identità personale fosse un percorso complesso in cui si intrecciano aspirazioni e motivazioni che si confrontano con il contesto di vita quotidiano, in primo luogo la famiglia, poi gli amici e i coetanei, il mondo della scuola e, più in generale, l’ambiente sociale e quello digitale.

            Se nella celebre affermazione cartesiana “cogito ergo sum” si riafferma il primato della mente, nel caso degli adolescenti il primato è riservato all’”ergo sum”, il sé diviene il centro del mondo per dare solidità ad un Io ancora poco integrato e in fieri. L’adolescente ha bisogno del riconoscimento degli altri per sentirsi una persona reale e viva. I recenti studi neurobiologici hanno evidenziato la particolare sensibilità del cervello degli adolescenti alle influenze sociali e culturali soprattutto dopo l’avvento dei social network che possono diventare un territorio pericoloso in cui ci si confronta con una moltitudine di coetanei conosciuti e sconosciuti che insultano, accusano, diffondono fake news e mettono in atto forme di cyberbullismo che, portate alle estreme conseguenze, possono addirittura istigare al suicidio. A tal proposito lo psicologo sociale statunitense Jonathan Haidt, nel suo ultimo libro “La generazione ansiosa”, afferma che gli adolescenti sono più preoccupati di una morte sociale piuttosto che una morte fisica.

            Se ripercorriamo la storia di alcuni ragazzi o ragazze che si isolano dal mondo andando incontro al fenomeno dell’hikikomori, si può ritrovare nell’infanzia la presenza di una madre che si è sottratta agli scambi con il figlio o la figlia ed è una presenza non vitale, quella che lo psicoanalista francese André Green (2005) ha definito “madre morta”, ossia una madre che, pur non essendo morta fisicamente, non è in grado di dedicarsi al figlio e di prendersene cura in modo vitale. Il figlio non ha avuto la possibilità di sentirsi vivo attraverso il riflesso negli occhi della madre, ha introiettato una figura materna devitalizzante che gli ha tolto ogni desiderio di fare nuove esperienze e aprirsi al mondo, una vera perdita di senso.

            “La trasformazione nella vita psichica, al momento del lutto improvviso della madre che disinvestì bruscamente suo figlio, è vissuta dal bambino come una catastrofe perché l’amore è stato perduto di colpo, senza alcun segno di preavviso…Il trauma narcisistico rappresenta una disillusione anticipata che comporta, oltre alla perdita d’amore, una perdita di senso perchè il bambino non dispone di nessuna spiegazione che renda conto di ciò che è avvenuto” (2005:275).

            La via di fuga di questi adolescenti è quella di rinchiudersi in un narcisismo di morte che A. Green descrive con queste parole: “In pieno calore, si lamentano di sentire freddo. Hanno freddo sotto la pelle, nelle ossa, si sentono paralizzati da un brivido funereo, avviluppati in un loro sudario” (2005:283).

            Un’altra angoscia connessa al gruppo ha origine dal timore che gli altri scoprano i propri segreti, se ne approprino e li diffondano in rete. La paura è quella di diventare oggetto di irrisione e di svalutazione.

             Il gruppo, dunque, può rappresentare un luogo di identificazione, può fornire una presenza rassicurante di fronte al rischio della solitudine, ma può anche diventare una presenza minacciosa da cui difendersi e fuggire.

            In adolescenza avvengono numerosi cambiamenti: da un lato la persona mette in crisi la fiducia indiscussa che, fino ad allora, aveva riservato ai propri genitori e dall’altro il corpo, che era stato un fedele compagno, diventa un interlocutore scomodo con il quale cercare una coabitazione.

            Al termine del volume Ammaniti mostra come il cambiamento non riguardi solo gli adolescenti ma anche i genitori. Nel passato essi erano presenti, guidavano, sostenevano, vietavano e punivano, consapevoli del fatto che l’adolescenza fosse un periodo delicato. In un suo precedente lavoro del 2018 “Adolescenze senza tempo”, Ammaniti ha definito la nuova generazione di genitori “adultescenti”, adulti che sono ancora adolescenti nel modo di comportarsi, di vestirsi e di organizzare la propria vita. Nel rapporto con i figli preferiscono essere loro amici piuttosto che assumersi delle responsabilità. “I figli non vengono guidati con mano sicura, spesso vengono assecondati, giustificati e addirittura sostenuti contro una scuola che pretende troppo e li giudica sempre in modo severo” (p. 137).

            Alcuni di questi genitori “adultescenti” si ribellano all’educazione ricevuta dai propri genitori, per cui vogliono instaurare con i figli un rapporto di confidenza che essi non hanno avuto, altri invece sono troppo presi da sé per occuparsi di loro. In entrambi i casi, però, non sono in grado di mettersi nei panni dei figli, che possono sentirsi trascurati in quest’ultima situazione e non sostenuti nella precedente. Come ha sostenuto ripetutamente Winnicott, gli adolescenti avrebbero bisogno di confrontarsi con adulti stabili, convinti delle proprie idee, in grado di assumere il proprio ruolo educativo. Resta più che mai vero ciò che scrisse Freud nel 1937 in “Analisi terminabile e interminabile” e cioè che, essere genitori, è un “lavoro impossibile” perché è impossibile prevedere che sviluppo avrà il figlio.

Bibliografia

Ammaniti M., Adolescenze senza tempo, Raffaello Cortina, Milano, 2018.

Bion W.R., Attenzione e interpretazione, Armando Editore, Roma, 1973.

Blos P., L’adolescenza, Franco Angeli, Milano, 1980.

Bordi S., Scritti, Raffaello Cortina, Milano 2009.

Erikson E., Gioventù e crisi d’identità, Armando Editore, Roma 1980.

Freud S., Analisi terminabile e interminabile, O.S.F. 11, Boringhieri, Torino, 1937.

Green A., Narcisismo di vita, narcisismo di morte, Raffaello Cortina, Milano, 2005.

Haidt J., La generazione ansiosa: come i social hanno rovinato i nostri figli, Rizzoli, Milano, 2024.

The Lancet, The age of adolescence, Vol.2, Issue 3, pp. 223-228, 2018.

Winnicott D. W., Gioco e realtà, Borla Editore, Roma, 1974.

Winnicott D. W., La famiglia e lo sviluppo dell’individuo, Borla Editore, Roma, 1968.

Winnicott D. W, Sviluppo affettivo e ambiente, Borla Editore, Roma, 1970.

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