Fedele per sempre. Trauma, tradimento e abbandono
(Edizioni Magi, Roma, 2021)
di Maria Cristina Barducci
Recensione a cura di Rita Corsa
Anni Venti a Vienna, durante il Carnevale. Due giorni trascorsi da una coppia di agiati borghesi tra balli in maschera, saloni eleganti, arredi preziosi, vestiti raffinati, acconciature alla moda, battibecchi con la servitù e un via vai di carrozze. Il matrimonio tra il coscienzioso e misurato medico Fridolin e l’affascinante consorte Albertine sembra solido e appagante. Ma basta poco per rompere gli equilibri: il veglione di Carnevale diventa l’occasione del tradimento per entrambi i coniugi. Tale evento imprevisto, che si rivelerà catastrofico e profondamente trasformativo, scatena i desideri più lussuriosi e inconfessabili della coppia. L’emersione del rimosso/represso trascinerà Albertine in sogno e Fridolin in un susseguirsi di avventure reali, ma dalla coloritura onirica, a disvelare l’altra faccia del proprio sé. Una faccia sino ad allora tenuta segreta o, forse, del tutto sconosciuta allo stesso soggetto. Una straripante pulsionalità fa affiorare le aree più intime, inquietanti e trasgressive della coppia. Sul palcoscenico del tradimento i protagonisti esibiscono gli aspetti più censurati e, nel contempo, irrinunciabili del loro mondo interno. I propri bisogni più nascosti e le fantasie più estreme. Non intendo però indugiare sulla celeberrima vicenda letteraria raccontata da Arthur Schnitzler nella Traumnovelle (1926) e magistralmente rappresentata dal regista Stanley Kubrick nella sua opera di commiato, Eyes wide shut (1999). Come afferma Carotenuto, specialmente il film propone “un resoconto dettagliato (…) delle tentazioni a cui i due coniugi vengono sottoposti, tranelli che Eros si diverte a tendere per mettere alla prova il loro amore ma, soprattutto, per farli confrontare con la dimensione del tradimento” (2001, p. 219).
Sugli intrecci tra il Doppio sogno di Schnitzler e la psicoanalisi freudiana si sono già cimentati moltissimi studiosi. La storia di Albertine e Fridolin mi è parsa, invero, un puntuale espediente per introdurre il tema del tradimento, affrontato da Maria Cristina Barducci nel suo ultimo saggio, Fedele per sempre. Trauma, tradimento e abbandono (2021). Un argomento tutto sommato trascurato dalla ricerca psicoanalitica e che forse necessita di uno sguardo specialistico femminile per essere esaminato. Uno sguardo che di certo appartiene a Barducci, didatta junghiana che si autodefinisce, coraggiosamente, “una femminista, per usare una classificazione un po’ desueta” (2021, p. 95). I suoi lavori sulla soggettività femminile, un mare solcato a bordo del vascello junghiano del mito (2006/2014), sul narcisismo femminile (2011) e sulla violenza contro le donne (2018/2019) hanno fatto scuola e hanno consentito di tenere aperto il dibattito psicoanalitico sulla questione di genere pure in quest’epoca di oscurantismo delle differenze.
L’esperienza del tradimento, spiega l’autrice, è universalmente presente sin dai primordi della vita umana e percorre tutte le narrazioni che fondano la nostra cultura. Le motivazioni psicologiche che spingono un individuo a tradire la/il partner possono essere di diversa natura e dunque non sono suscettibili a una catalogazione. Tuttavia Barducci tenta di proporre una linea interpretativa che ci aiuti ad intendere, evitando di incappare nel rischio di omologazione. Ella rileva che il tradimento e l’abbandono si collegano in maniera indissolubile con la tematica della fusionalità e della mancata separazione e differenziazione. Si tratterebbe di passaggi evolutivi e di crescita psichica che spesso restano incompleti in particolare nella donna, la cui identità è stata antropologicamente segnata proprio dal problema della fusionalità.
Nella bella Anteprima al volume, Luisa Accati, attingendo ad alcune pagine della Barducci, tratteggia l’ambiente socio-culturale di matrice cattolica che caratterizza il matrimonio che, come dice la parola stessa, “non celebra i due sposi, ma il matris munus, il compito, il dovere della madre” di generare la prole. A suo avviso, il nucleo che fonda la società è quindi quello “madre-figlio” e non quello “madre-padre”, con la conseguenza che “l’educazione sentimentale è tutta centrata sul rapporto madre-figlio (…) L’unica coppia eterosessuale dell’immaginario cristiano è la coppia madre-figlio”, che nella sua essenza è un rapporto di dipendenza assoluta del bambino dalla madre” (Accati, 2021, pp. 14-15). Come ampiamente assodato, la logica collettiva educa le donne alla dipendenza, ma tale giogo non risparmia neppure l’uomo. Barducci illustra magistralmente che l’aderenza irriflessiva a questi assunti sociali condivisi promuove un’adesione passiva, un’unione simbiotica, apparentemente rassicurante, che però crea ostacolo alla soggettivazione di ambedue i membri della diade. L’autrice giunge a definire felix culpa quel tradimento che serve a rompere la simbiosi e a favorire l’autonomia e la soggettivazione. Ma, nella maggior parte delle coppie, come ben descrive nelle sue ricche esemplificazioni cliniche, al tradimento non segue una valutazione approfondita delle problematiche che l’hanno causato. Tutto pare risolversi o nell’evento traumatico dell’abbandono o in una ricucitura del legame che riprende sugli stessi binari passati, quelli dell’unione simbiotica. Quando è la donna a tradire e ad abbandonare, le aree narcisistiche dell’altro di frequente non tollerano la rottura del legame. E la risposta data dal partner è spesso fatta di agiti ben più aggressivi: i continui fatti di cronaca di violenza sulle donne parlano da soli. Barducci ha analizzato il fenomeno insieme a Bessi e Corsa nel suo precedente libro, Vivere con Barbablù. Violenza sulle donne e psicoanalisi (2018/2019), dove si è cercato di delineare i profili psicologici della vittima e del carnefice e le particolari dinamiche del loro vincolo sentimentale.
Tornando al saggio Fedele per sempre (2021), Barducciallarga il campo culturale alle grandi narrazioni mitiche per cogliere gli elementi più arcaici, primari e archetipici, del tradimento. La prospettiva d’osservazione è quella della donna che viene ingannata e le sue reazioni a tale trauma. Nella cultura occidentale, Didone e Medea occupano una posizione emblematica nel panorama dei personaggi femminili che hanno patito il tradimento e l’abbandono: “sono diventate due archetipi della psiche femminile (…): Medea aggredendo e uccidendo, rivolgendo all’esterno la propria rabbia, Didone uccidendosi e scaricando su se stessa ogni pulsione aggressiva” (Barducci, 2021, p. 39). Se Medea, quale figura di “madre assassina”, è universalmente collocata nel girone delle donne perniciose e distruttive, Didone, donna dalla maternità negata e amante delusa, tradita e abbandonata da Enea – simbolo di un maschile teso all’esplorazione, alla scoperta e alla realizzazione di un destino fondativo e di conoscenza – è invece oggetto di “compassione”. Medea furiosa e vendicatrice; Didone disillusa e piena di vergogna. Per Barducci, queste istanze psichiche, laceranti e difficili da contenere, sono presenti in ogni esperienza di tradimento subito dalle donne. Per esse, infatti, è solo di recente acquisizione il desiderio di perlustrare spazi altri rispetto alla funzione coniugale materna. La moglie tradita, novella Didone, si dispera e non sopporta la vergogna dell’abbandono: “il tradimento è una delle esperienze più drammatiche che ci siano date, perché è l’esperienza della separazione” – sostiene Carotenuto (1991, p. 44). E il lavoro del lutto che segue a una perdita abbisogna di un Sé coeso e differenziato. Per dirla con Carlo Levi, che l’autrice interpella con rara originalità, la paura della libertà (1939) è il principale ostacolo per uno sviluppo creativo del proprio Sé: il soggetto si ricovera in una fusione totale con l’oggetto, ostruendo il processo di individuazione. Qui Levi incontra Jung, quando ribadisce il valore dell’“istinto creativo”, quell’indole soggettiva e collettiva che sottende all’atto creativo individuale. È questa l’azione che consente all’individuo di creare se stesso.
Come per Didone, che prima di essere stata ingannata da Enea ha sopportato il tradimento del fratello che l’ha privata del marito e della patria, l’esperienza del tradimento può riattivare traumi e vissuti antichi rimossi, portando alla luce un sé frammentato e costringendo la donna a un’elaborazione lunga e dolorosa e non sempre risolutiva del proprio travaglio emotivo. Può allora configurarsi come una ripetizione traumatica insostenibile, che fa crollare le difese e la propria immagine e che può esitare nel suicidio. Ma i casi clinici di Anna, Luisa e Susanna, analizzati con cura da Barducci, dimostrano che l’esperienza del tradimento e dell’abbandono può essere anche una via individuativa per la strutturazione di una diversa soggettività femminile. All’interno di una relazione di coppia simbiotica, connotata da un’adesione acritica all’altro, soffocante e appiattente, “spesso il tradimento diventa l’unica strada percorribile” per affermare la propria individualità (p. 97). Sia per l’uomo che per la donna.
Mi piace chiudere con la voce di Sylvia Plath, la poetessa malata. Tradita e abbandonata:
“(…) Adultèri sulfurei piangono in un sogno.
Freddo vetro, come ti inserisci
tra me e me.
Graffio come un gatto.
Il sangue che scorre è frutto scuro –
un effetto, cosmetico.
(…)” (L’Altra, 1962).
Riferimenti bibliografici
ACCATI L. (2021). Anteprima. In: Barducci M.C. (2021). Fedele per sempre. Trauma, tradimento e abbandono. Roma, Edizioni Magi.
BARDUCCI M.C. (2006/2014). Il velo e il coltello. L’aggressività femminile tra cura e cultura. Milano, La Biblioteca di Vivarium.
BARDUCCI M.C. (2011). Specchio delle mie brame. Narcisismo femminile e passione amorosa. Roma, Edizioni Magi.
BARDUCCI M.C. (2021). Fedele per sempre. Trauma, tradimento e abbandono. Roma, Edizioni Magi.
BARDUCCI M.C., BESSI B., CORSA R. (2018/2019). Vivere con Barbablù. Violenza sulle donne e psicoanalisi. Roma, Edizioni Magi.
CAROTENUTO A. (1991). Amare, tradire. Quasi un’apologia del tradimento. Milano, Bompiani.
CAROTENUTO A. (2001). Il palcoscenico del tradimento. Rivista di Psicologia Analitica, nuova serie, 12, 215-223.
LEVI C. (1939). Paura della libertà. Torino, Einaudi, 1946.
PLATH S. (1962). L’Altra. In: Opere. Milano, Milano, Arnoldo Mondadori, 2002, 589-591.
SCHNITZLER A. (1926). Traumnovelle. Berlin, F. Fischer Verlag [Doppio sogno. Milano, Adelphi, 2003].
Filmografia
KUBRICK S. (1999). Eyes wide shut. Sceneggiatura: Stanley Kubrick e Frederic Raphael. Protagonisti: Tom Cruise e Nicole Kidman. Regno Unito.