Fearful simmetry. Spaventose simmetrie. M. Manica e M.G. Oldoini (Celid, 2018)
Recensione a cura di Chiara Rosso
Nella prefazione di questo bel libro Chianese sottolinea la capacità degli autori di far vivere il passato e di interpretare creativamente l’eredità dei maestri. Egli scrive che l’eredità non si sceglie, “ l’eredità ci sceglie, a noi spetta la decisione di farla vivere o morire”(pag.13). Nell’ indicare una continuità creativa non posso non ricordare la felice espressione di Derrida (2004) che suggerisce di essere “fedelmente infedele” all’eredità ricevuta, ed è ciò che accade a Mauro Manica e M.Grazia Oldoini nel loro appassionato viaggio attraverso i meandri del ‘sommerso’ psicoanalitico; essi vengono “afferrati”(…) attratti, guidati da una verità che supera l’intelletto (…)per affondare le radici nel territorio buio dell’ignoto e dell’inconscio” (Corrao, pag.14). Nella prima parte di quest’opera, la cui trama si snoda tra sorprendenti simmetrie e curiose coincidenze, gli autori evidenziano il filo rosso che collega Il libro rosso di Jung alla Memoria del futuro di Bion . Una delle coincidenze evocate è quella che riunisce Jung e Bion alla Tavistock in occasione della conferenza di Jung del 1935. Un’altra sorprendente coincidenza è rappresentata dalla presenza di Beckett a quello stesso incontro, come aggiunge Chianese citando B.Simon. Le assonanze e le affinità che possiamo cogliere nel lascito di questi importanti personaggi si affiancano all’ intreccio misterioso delle loro reciproche influenze, uno tra gli aspetti su cui si soffermano gli autori. Il giovane Bion ad esempio, verrà ispirato dalle teorie Junghiane? E’ ciò che ipotizzano Manica e Oldoini evocando il concetto di protomentale che Bion svilupperà più avanti nella sua carriera scientifica. Se inoltre, la diffrazione del concetto di inconscio è stata la causa della diaspora tra il pensiero freudiano e junghiano, gli autori immaginano che Bion sia diventato il depositario di un lascito ereditario, eretico e sovversivo, di Jung, inconsciamente affidatogli alla Tavistock. Jung e Bion condividono l’idea del ‘pensiero onirico’ della veglia: non si tratta di far diventare conscio l’inconscio quanto di far diventare inconscio e quindi sognabile, il conscio. Ma del resto, conscio e inconscio oppure finito e infinito secondo Bion, sono in continuità come le due facce del nastro di Moebius che trapassano l’una nell’altra.
Per quanto riguarda la seconda parte del libro, Manica e Oldoini sono fedeli all’espressione di W.Blake “L’immaginazione non è uno stato mentale, è l’esistenza umana stessa” (pag.20). Essi procedono in una rilettura della costante oscillazione tra teoria e clinica psicoanalitica e dunque le ‘spaventose simmetrie’ che sostanziano la loro riflessione, disegnano una clinica che richiede all’analista di rimettersi costantemente in gioco, di rinunciare alla certezza teorica per esplorare aree emotive ancora sconosciute in cui si è chiamati a diventare l’esperienza emotiva del paziente. Sognare la teoria, sognare la tecnica e sognare la clinica psicoanalitica rappresentano indubbiamente il leit motiv di questo libro coraggioso, in cui gli autori desiderano “mettere in discussione la centralità dell’interpretazione come modello di lavoro analitico e (…) passare da una psicoanalisi dei “contenuti” ad una psicoanalisi dei “contenitori””(pag.21). Ma nel panorama psicoanalitico contemporaneo- mi chiedo- non ritroviamo già una simile posizione? Quando Stefano Bolognini riflette sul bagaglio teorico degli analisti si interessa non tanto al “che cosa” del loro orientamento ma al “come “ o al “perché” del loro sviluppo formativo (2018) e cioè in qualche modo al ‘contenitore’. D’altro canto Francesco Conrotto ci ricorda la rivoluzione copernicana in atto e la centralità della posizione conquistata dalla Relazione Analitica e dei processi creativi che avvengono al suo interno, rispetto al ruolo dell’interpretazione (2018). Infine, in un recente convegno francofono (Arcs, 2019, Il linguaggio del corpo e la comunicazione primitiva nella cura) René Roussillon mette in luce la composizione polimorfa della associatività verbale che include l’asse sensomotorio. Tutto ciò necessita di un ascolto polifonico da parte dell’analista il cui corpo stesso potrà diventare un corpo interpretante, un “interpretacorps” in grado di accogliere le tracce della dimensione preverbale del paziente. E’ questa un’altra forma del sognare insieme al paziente tenendo sempre presente- come giustamente sottolineano gli autori- l’importanza di emanciparsi dai dogmatismi teorici, lasciandosi attraversare dalla creatività che scaturisce nell’accoglimento di più teorie. Manica e Oldoini sono fautori di una ‘psicoanalisi romantica’ in grado di abbracciare le ‘spaventose simmetrie’ tra il linguaggio psicoanalitico e la poesia, tra il primitivo e il creativo. La ‘preoccupazione psicoanalitica primaria ‘ di cui scrive Manica (2016) consente allora di esercitare una “passività attiva”, di abitare il “tra” o il campo che si genera tra il sé e il paziente.
Una ricca clinica occupa la parte centrale di questo libro mentre le pagine conclusive sui rapporti tra psicoanalisi ed arte illustrano in modo immaginifico e ‘onirico’ le Fearful Simmetry. La geniale follia di Camille Claudel che illumina di intensa bellezza le sue opere scultoree, la dimensione visionaria di Gustave Flaubert e la poesia di William Blake “the Tiger” costituiscono un approfondimento affascinante del tutto godibile attraverso cui gli autori sottolineano in modo convincente la “copresenza degli opposti nel vivente “. Non conosceremo la luce se non ci fosse l’ombra: dovremo tollerare la nostra “tigre” interna adottando cioè una posizione adorcistica di dialogo coi demoni anziché tentare di esorcizzarli.
Febbraio 2019, Chiara Rosso.
BIBLIOGRAFIA
Bolognini S.(2018). Incanti e disincanti nella formazione e nell’uso delle teorie psicoanalitiche sulla realtà psichica.Riv.Psicoanal.,64,533-548.
Conrotto F.(2018). Un’altra rivoluzione copernicana.Riv.Psicoanal.,64, 549-556.
Derrida J.(2004). Il monolinguismo dell’altro. Milano, Rafaello Cortina Manica M. (2016). L’arte di guarire. Breviario di psicoanalisi contemporanea. Milano, FrancoAngeli.