Parole chiave: Psicoanalisi; Freud; Malessere; Covid; Lockdown; Pandemia
“Essere o malessere? Le trans-figurazioni individuali e sociali dopo la pandemia”
(A cura di) Lidia Agostini, Mirella Montemurro, Pierluigi Moressa, Marusca Stella
Prefazione di Gabriella Vandi, Postfazione di Cinzia Carnevali
(Alpes ed., 2024)
Recensione a cura di Daniela Federici
Un dolore condiviso
è un dolore a cui è stato estratto il veleno.
Wittenberg, Sulla fine e sull’inizio
Questo testo corale è un’efficace rappresentazione di come, di fronte a una realtà traumatica collettiva, l’essere umano sappia mettere in contatto la realtà esterna con quella interna e creare di nuovo il mondo, conservandone il senso e la propria vitalità, tenendo salde le reti sociali a dispetto di ciò che la pandemia ci ha indotto a fare.
Come G. Vandi evidenzia nella sua prefazione, la drammatica emergenza sanitaria del Covid 19 ha modificato il nostro immaginario individuale e sociale: persi dei riferimenti consolidati, i luoghi sicuri e il modo di pensare all’incontro, abbiamo dovuto ridefinire i confini personali e imparare a proteggerci. In una cultura che ci ha cullati nelle illusioni grandiose e nello spirito individualista, quei mesi ci hanno brutalmente costretti a fare i conti con il senso del limite e l’evidenza che nessuno si salva da solo.
I curatori hanno fatto dialogare psicoanalisti e operatori sanitari, insegnanti, studiosi di varie discipline, giornalisti, imprenditori, un gruppo di “scrittori-documentatori” che ha portato la propria testimonianza e il contributo d’esperienza di questi anni, riunendosi per questo progetto proprio mentre il territorio romagnolo veniva di nuovo ferito da una spaventosa alluvione che ha riacceso i vissuti di precarietà. Il mondo della cura, la scuola e la comunicazione, le istituzioni pubbliche e private, le indagini neuro-scientifiche, le scoperte, il mondo del lavoro, hanno composto uno spartito che articola il tema della salute e della buona interazione fra gli individui e i gruppi sociali per una creativa messa in comune di competenze e risorse. Il risultato è uno spaccato sulle trasformazioni psicologiche in atto, con uno sguardo attento alla dimensione psicoanalitica, che è esso stesso “un atto di cura” per mantenere pervia la via di plasmare sempre nuove costruzioni di significati e strumenti intorno a un’area traumatica, alla sua pensabilità e trasformazione riparativa.
Il quadro su queste trasformazioni della sofferenza spazia dall’età pediatrica a quella senile, intrecciandosi ai molti effetti di una “sindemia”[1] che, come una moderna Sfinge, ha costretto pazienti e curanti a interrogarsi su se stessi.
È difficile rendere l’articolato intreccio dei molti contributi, accennerò solo qualche spunto, consapevole dei molti rimandati alla diretta lettura del testo che elabora le sue riflessioni su contesti e fenomeni insolitamente ampi.
Come si aiutano i piccoli quando i “mostri” diventano reali, quando il pericolo si annida nell’altro necessario e l’angoscia assale anche i grandi? Il ritiro, come difesa dal contagio, ha eliso il bisogno di contatto e conforto, espandendo un forte senso di solitudine e rinforzando la difesa dell’evitamento, sempre attiva nelle ansie sociali; il distacco dal gruppo dei pari ha ostacolato i processi di rispecchiamento e appartenenza; così, per un tempo molto prolungato, ciò che costituiva il terreno di coltura della crescita psico-relazionale e del rapporto con il mondo esterno è stato interrotto o drasticamente ridotto. A risultarne più colpiti i giovani con le loro identità in fieri: si è rilevato un aumento esponenziale di fobie scolari, disturbi dell’apprendimento e del neurosviluppo (DSA, ADHD), del comportamento alimentare, self-cutting, forme di isolamento e dipendenza da pc e tablet fino al fenomeno degli Hikikomori, di tentati o riusciti suicidi (Masoni, Pironi, Valletta). Inoltre sintomi di chiusura e dissociazione protettiva, depressioni e PTSD (disturbo post traumatico da stress), disturbi del sonno, della disregolazione emotiva e nella formazione identitaria, hanno ostacolato la possibilità di approdare a un corpo soggettivato attraverso cui fare esperienze evolutive. Il corpo, luogo implicito del conflitto tra il Sé e l’altro, è facilmente oggetto di controllo per chi ha difficoltà a individuarsi e a integrare le emozioni (Agostini, Sacchetti Rossi, Stella); inoltre, il più fragile assetto narcisistico e diminuite capacità simbolico-rappresentazionali, hanno comportato maggiori difficoltà a giocare il come se (Allegretti, Mordenti).
La didattica a distanza ha consentito il proseguimento della programmazione scolastica, ma ha anche ampliato le diseguaglianze sociali e favorito la dispersione e l’abbandono degli studi. I social media si sono prepotentemente sostituiti agli incontri reali, e se questa possibilità di restare “connessi” ha costituito per molti un’opportunità fondamentale, nei ragazzi più fragili che l’hanno sostituita all’interazione reale, ha favorito la regressione verso stati fusionali primitivi che mirano a negare la separatezza, in questo modo impedendo lo strutturarsi di una sicurezza sociale cui occorrono le continue rielaborazioni dell’esperienza diretta. Inoltre, con il diffondersi di questi strumenti, si è creato un gap generazionale che ha reso più complessa la comunicazione fra genitori e figli.
Gli adulti, schiacciati dal peso della genitorialità e dal dover rappresentare un riferimento, si sono trovati spesso smarriti nelle conflittualità intra-familiari, sofferenti a loro volta di disturbi d’ansia e dell’umore, manifestazioni auto- ed etero-aggressive. Molti disagi sono stati anche reattivi alle difficoltà economiche conseguenti alla sospensione o riduzione del lavoro e alle problematiche che sono conseguite all’emergenza e che hanno investito i legami sociali, lasciando campo aperto alle scissioni e alla diffusione di atteggiamenti persecutori, tutti vissuti cui occorrevano elaborazioni trasformative (Montemurro, Nucera, Olivieri; Maioli, Marangoni, Saccani; Antonazzo, Roncarati). Crisi economica, sociale, climatica, le guerre: molto nel presente pare minare una cultura della fiducia e rendere sempre più difficile investire e pro-gettarsi verso un futuro vissuto come minaccioso più che invitante. Questo gravame di fattori regressivi è mostrato nella sua incidenza sulle crisi evolutive, sulla mutata psicopatologia delle addiction (Moressa, Vignoli) e dei disturbi del comportamento alimentare, sulle varie trasformazioni psicologiche che hanno posto ai servizi assistenziali e clinici dedicati nuove sfide per la loro riorganizzazione e innovazione (Agostini, Farfaneti, Montemurro, Stella). L’emergenza pandemica ha infatti favorito un’accresciuta consapevolezza del valore della componente psico-emozionale per il raggiungimento di un benessere soggettivo, riconoscendo la necessità di un supporto specialistico di tipo psicologico a staff, pazienti e familiari (Agostini, Fava, Gabrielli, Stella; Bandieri, Beghi, Peroni; Biolcati, Grandi, Natale, Ricci Bitti, Ruini).
Gli autori hanno riportato varie esperienze del disagio e dei relativi trattamenti adottati, l’impiego delle promettenti potenzialità applicative delle nuove tecnologie, comprese le psicoterapie online, con i loro limiti, potenzialità e specificità da presidiare.
Attraverso la variegata realtà delle comunità terapeutiche per minori, viene descritto anche l’effetto temporaneamente “positivo” di un isolamento forzato che ha reso le vite di questi giovani più simili a quelle dei loro coetanei, seguito da una forte difficoltà a tornare nel mondo e una certa polarizzazione delle condotte fra forme depressive e ritiro da una parte e una esasperazione dei comportamenti a rischio dall’altra. La condivisione del disagio sembra potersi mettere al posto di un tempo riflessivo “fra sé” che manca, impedendo più compiute capacità di metabolizzazione (Bambini; Melideo).
I meccanismi di fuga dal dolore sono stati esplorati anche dal punto di vista dell’équipe dei curanti, con la relativa fissità sul corpo, la desertificazione affettiva e la sensazione di “lavorare nel vuoto”. Specie negli ambiti in cui l’isolamento con cui i pazienti affrontavano cure e ricoveri incideva in modo importante sul loro stato di salute fisica ed emotiva (come nei reparti oncologici o nelle RSA), viene raccontata la presa in carico multidisciplinare e integrata tanto dei pazienti e dei loro familiari che del personale sanitario, prima idealizzato poi demonizzato, ma soprattutto lasciato a se stesso a sostenere i pesanti carichi emotivi (Miserocchi, Ravaioli, Scutellà; Chattat, Pacetti).
Viene descritta l’esperienza dello SPEV (Servizio di Potenziamento per l’Età Evolutiva, costituito presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna con sede a Cesena), che si dedica a valutazioni diagnostiche e percorsi individualizzati per bambini e ragazzi con disturbi specifici di apprendimento. Durante il periodo iniziale della pandemia ha iniziato a collaborare con Develop-Players, una startup dell’Università di Bologna nata dal servizio SPEV che ha ideato due giochi 3D con finalità educative per bambini e ragazzi. Entrambi sviluppati come veri e propri videogiochi: Proffilo serve per lo screening delle funzioni cognitive a supporto dei docenti e Eye-Riders per supportare i clinici ad allenare le funzioni esecutive (Benassi, Giovagnoli).
Il Servizio Universitario di Aiuto per l’Infanzia Bambini e Famiglie (SUAPI) nato dal gruppo di ricerca Psicopatologia perinatale, genitorialità e sviluppo infantile del dipartimento dell’Università di Bologna, è stato invece attivo sulle problematiche della genitorialità (specie di bambini nati prematuri o da procreazione medicalmente assistita) e sulla psicopatologia perinatale materna o paterna (ansia o depressione nel periodo della gravidanza e del post partum) e le sue ripercussioni sulla relazione con il bambino e sul suo sviluppo. Fra i temi emersi dal loro studio l’incidenza delle modalità di assistenza sanitaria durante il Covid che hanno marginalizzato la figura del padre e la conseguente necessità di lavorare per un suo maggior coinvolgimento (Agostini, Neri, Provera).
Il Centro studi e ricerche in Neuroscienze Cognitive (CsrNC) che svolge attività clinica e di ricerca sui disturbi neuropsicologici conseguenti a lesione cerebrale acquisita e sulla loro riabilitazione, ha presentato la sua ricerca sul Long-Covid e i disturbi cognitivi che comporta con il relativo trattamento (Di Pellegrino, Braghittoni, Gambino).
Un altro tema affrontato è la comunicazione. Sappiamo che l’inelaborato traumatico che urge per le sue trasformazioni, risente della ristrettezza del linguaggio che è alla fonte della pensabilità. Il contemporaneo, con la sua velocità di scorrimento, ci ha abituati a una comunicazione abbreviata, una semplificazione che impoverisce riflessioni e collegamenti associativi. E un Sé svuotato dei suoi contenuti mentali vede deteriorarsi il processo di pensiero, che resta concreto e acritico.
In questo Scuola e Università hanno la grande responsabilità di costituirsi come spazi di conoscenza, relazioni e costruzione delle autonomie. Insegnanti e dirigenti si sono interrogati sulle nuove prospettive psico-educative, preso atto del disagio diffuso degli studenti post-Covid, caratterizzato da una maggior difficoltà a concentrarsi e un certo scollamento dalla realtà, da un declino dell’impegno e delle performance accademiche. Per motivare e rispondere a queste mutate realtà, si sono sperimentati modi diversi di fare lezione, con una maggiore attenzione alla sfera emozionale, rendendo più laboratoriali le esperienze didattiche, promuovendo iniziative capaci di creare gruppo e favorire la socializzazione che la didattica online ha fatto mancare, prendendosi cura anche del rapporto con le famiglie. L’intento è stato quello di guardare a un dopo consapevoli che non può esserci una prospettiva progettuale senza un’adeguata elaborazione del dolore che si è attraversato, riconoscendo dignità alla fragilità, incrementando l’ascolto delle priorità per una crescita serena ed equilibrata (Casali, Pistocchi; Prati; Bini; Cicognani).
E quei giovani, spesso tacciati di passività, hanno dimostrato grande operosità e capacità di fare gruppo quando nel maggio 2023 le loro lezioni sono state sospese e i burdel de paciug sono scesi in strada a spalare il fango dell’alluvione.
Viene dato ampio spazio all’accelerata transizione alle forme di connessione a distanza anche per il lavoro, con la sua nuova realtà di socialitudine (la grande socializzazione istantanea dei contatti virtuali e il contemporaneo isolamento nelle proprie case), all’importanza dei media per un’informazione pubblica affidabile, a maggior ragione vista la scarsa libertà di stampa nel nostro Paese. L’eccesso di informazioni, anche manipolatorie, del periodo iniziale della pandemia, ha mostrato l’importanza degli approfondimenti per un giudizio critico sulle questioni e per la tutela del nostro essere comunità di destino. I giornalisti raccontano il valore di raccontare storie che rappresentino la realtà, capaci di alimentare il senso di condivisione e responsabilità, di suscitare domande e ispirare speranza (Rambelli, Ugolini; Giordani; Rondoni; Zanotti). Fondamentale se consideriamo che la base della resilienza è proprio la fiducia e la speranza, come sottolinea Panksepp.
Infine il mondo dell’imprenditoria, con la Siropack che in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna e il Laboratorio di Ricerca TAILOR, a partire da una maschera per lo snorkeling ha ideato la C-Voice Mask per agevolare la comunicazione tra personale medico sanitario e pazienti nelle terapie intensive (Burioli, De Lucia, Zandoli). Ma le imprese illuminate di oggi hanno davanti una nuova sfida: è in atto una profonda trasformazione del modo di intendere il lavoro, il modello ‘carriera e produttività’ ha ceduto il posto a un nuovo paradigma che mette al primo posto la salvaguardia della qualità della vita (work-life balance) e della crescita personale, cui l’aspetto economico risulta subordinato. Sono presentati esempi virtuosi di welfare aziendale che prevedono un sistema di gestione e promozione del benessere psicofisico e sociale dei propri dipendenti, tramite il monitoraggio e la riduzione dello stress lavorativo e una nuova organizzazione degli orari di lavoro, l’investimento sulla formazione per accrescere competenze e possibilità di realizzazione, laboratori e strumenti psicosociali che incrementano conoscenza di sé e motivazione (Amadori; Della Chiesa, Piraccini B.).
La pandemia ha portato nuove comprensioni anche alle amministrazioni: l’importanza della vivibilità degli spazi urbani e di nuove infrastrutture e aree aperte come luoghi di socialità. Viene descritto il progetto Green City Cesena Allariaperta che ha proposto un patto di collaborazione con i cittadini e le comunità per la gestione delle aree verdi. L’attenzione a un’economia ricreativa quindi (Lattuca, Montanari), senza dimenticare la consapevolezza dei limiti della delocalizzazione di questi ultimi decenni, specie nelle filiere in cui è determinante, per uno Stato, non trovarsi a dipendere dall’approvvigionamento internazionale (Piraccini R.).
La postfazione del testo è affidato a C. Carnevali che richiama l’importanza del pensiero e della gruppalità sul divenire in quest’epoca di spaesamento e disillusione, del tempo che occorre alla comprensione ed elaborazione delle esperienze, del riconoscimento delle fragilità per potersene prendere cura, della necessità del lavoro psichico per la formazione del legame e la costruzione del senso, di modelli ‘transizionali’ per interpretare il mondo e immaginarlo nelle sue trasformazioni.
E la transizionalità risulta un forte richiamo del testo, evidenziando, fuori dall’oscillazione tra onnipotenza e impotenza, il lavoro psichico che utilizza l’irriducibile delle contingenze per plasmarne realtà creative che espandono la nostra esistenza. Una risorsa basilare in un tempo che manifesta una sempre più caratteristica “patologia dei limiti”, con l’impiego di meccanismi scissionali e di diniego, dove viene a mancare il criterio stesso dello sviluppo psichico: imparare l’incertezza e accettare l’aleatorio (Guignard, 2010).
Che è poi ciò che principalmente ci occorre per sopportare la vita.
Freud, S. (1915) Considerazioni attuali sulla guerra e la morte, OSF 8
Guignard, F. (2010) Lo psicoanalista e il bambino nella società occidentale di oggi, Riv. Psicoanal., LVI, 4 p. 901- 920
[1] Termine con cui si indica l’insieme di problemi di salute, sociali ed economici prodotti da più patologie epidemiche, che comporta importanti ripercussioni sulle condizioni di vita, aumentando la vulnerabilità dei singoli e della comunità.