Esplorazioni psicoanalitiche sull’origine della psicosi
Relazioni simbiotico/fusionali, acquisizone del senso di sé e costruzione dell’identità
di Basilio Bonfiglio
(Franco Angeli, 2021)
Recensione a cura di Antonio Braconaro
“Tra la vita intrauterina e la prima infanzia vi è molta più continuità
di quel che non ci lasci credere l’impressionante cesura dell’atto della nascita.
L’oggetto materno psichico sostituisce per il bambino la situazione fetale biologica”.
(S. Freud, 1926 )
“All’inizio c’è la non integrazione, non c’è legame tra corpo e psiche
e nessun luogo per una realtà non-me”.
(D. W. Winnicott 1988)
Con questo ultimo impegno editoriale Basilio Bonfiglio accompagna il lettore nel suo itinerario di avvicinamento professionale e personale all’ambito della cura della salute mentale, in continuità con i precedenti volumi, in particolare quello del 2018 di cui questo testo è la naturale prosecuzione. Le questioni trattate sono attuali e risuonano con un interesse sempre più esteso, un ritrovato desiderio della psicoanalisi nel dare un contributo allo studio e alla cura della psicosi.
Il modo di procedere, costituito da un continuo dialogo a più voci tra contributi teorici ed esemplificazioni cliniche, stimola in maniera discreta a formulare una personale riflessione sulle questioni prese in considerazione e confrontarle emotivamente con la propria esperienza.
Ci si trova da subito e per tutto il volume implicati nelle vicende che riguardano il porre la consapevolezza e la fiducia nell’esistenza di capacità potenziali del paziente grave, che in molti casi non possono che risiedere temporaneamente nella mente dell’analista. Bonfiglio segnala come queste potenzialità slegate da una collaborazione duale non evolvono; può essere decisiva la mancanza di un ambiente protettivo del quale fa parte quello che la Milner ha definito “Rêverie” (Milner 1950, p.217). Compaiono invece processi di scissione e dissociazione che sono intesi, dall’autore così come da Ferenczi e Bollas, come attività tese alla preservazione di sé e che possono giungere sino alla costruzione di realtà “altre”. Che destino avranno queste costruzioni “aliene” o “altre”, dovranno essere considerate come fenomeni o sintomi di cui liberarsi “per via di levare”(S. Freud, 1904 p.432) oppure giungere a considerarli nel giusto contesto e quale? I passati criteri di analizzabilità richiedono oggi superamenti e attualizzazioni in un diverso strumentario dell’analista. L’autore sottolinea il valore dei dispositivi che assicurano stabilità affidabilità e prevedibilità, condizioni necessarie per quella crescita naturale che è sostenuta da processi spontanei di fusionalità. E’ necessario che questi dispositivi sostengano e promuovano stati di regressione che spingano in avanti processi di crescita arrestati o mai avviati. L’analista è allertato sulla necessità di vigilare sul coinvolgimento affettivo del legame analitico perché, come scrive Civitarese nell’introduzione, non c’è aumento di intimità che non vada di pari passo con un incremento della persecuzione. Procedendo nella lettura si intravede un processo in cui non si riscontra la necessità di svelare, superando la resistenza della censura e della rimozione, o di condurre il paziente ad intuire. Si scorge invece la messa in discussione di talune interpretazioni verbali; interventi attivi dell’analista sono presentati quasi come delle interferenze di quella condizione in cui “tutto avviene in modo quieto …” (L. Pallier 1990 , p. 89) attenti a “non disturbare il precario processo di integrazione che si va consolidando”(G. C. Soavi 1990, p. 125). Nella proposta fatta dall’autore la partecipazione silenziosa favorisce la delega alla situazione psicoanalitica più che alla persona dell’analista che, più sullo sfondo, potrà disporsi ad un ascolto immaginativo ed emotivo delle comunicazioni che gli giungono e che egli stesso produce. E’ in azione una mente che opera con l’immaginazione ed è in sintonia con gli aspetti corporei ed emotivi, che comprende attraverso i sensi (M. Milner 1950; De Toffoli 2014).
Si ha la netta sensazione di essere in presenza delle condizioni per soddisfare la necessità del paziente di scoprire e creare l’esperienza che così diventa parte integrante di se stesso, cosa sua, a patto che l’analista la raccolga valorizzandola come nel caso di Sara. Queste affermazioni risultano drammaticamente tangibili soprattutto dal caso della Saks, quando la funzione di sostegno implicito che esercita il legame viene a mancare o si è prossimi al suo venir meno, allora ci si sente “come se qualcuno avesse spento l’interruttore” o come un “castello di sabbia … che sta per sgretolarsi”. Scompare il paziente e il mondo che lo circonda perché scomparsa o temporaneamente eclissata la funzione di coesione della personalità svolta dall’oggetto. Emblematico il caso di una paziente di A. Falci, citato nel volume, che si accorge dell’esistenza dell’analista quando quest’ultimo esce momentaneamente “dallo sfondo” e compare con una sciarpa al collo per una lieve bronchite, l’evento viene segnalato dalla paziente che riferisce: “quindi lei è vivo …. “ (A. Falci, 2012).
L’esplorazione psicoanalitica sull’origine della psicosi che anima ogni capitolo del testo di Bonfiglio, si sintetizza in quelli finali quando sono individuate due caratteristiche principali che accomunano pazienti diagnosticati come Borderline o Psicotici. La prima è una grave carenza di una esperienza piena e duratura di una relazione simbiotico/fusionale; la seconda riguarda una delega massiccia ad altre figure di abilità emotive, pensiero e azione, indispensabili per la tutela fisica e psichica personale. Gli assunti generali dell’approccio affondano nella Biologia e nell’interrelazione degli organismi con l’ambiente; questi alla comparsa di situazioni sfavorevoli tendono ad attivare funzioni sostitutive a quelle mancanti. A tale proposito Bonfiglio chiarisce: non si vede perché tali assunti non debbano valere anche nel campo della psicopatologia (p. 157). Siamo di fronte ad un approccio in cui non esistono discontinuità evidenti tra funzionamento sano e quello patologico. Ma cosa cambia nella tecnica? Se il metodo incarna la funzione, allora l’analista, ci suggerisce Bonfiglio, deve diventare il momentaneo depositario della follia del paziente e di quella del contesto in cui vive (p. 159). Per immaginare questa funzione di contenitore, viene da pensare all’articolo di Tagliacozzo sulle angosce fusionali: è l’analista che deve fornire l’incubatrice psichica fallita in precedenza (1990, p. 79). La metafora dell’incubatrice psichica (oggi direi più propriamente psicosomatica) ci aiuta a comprendere la particolare attenzione posta dall’autore alla necessità di una relazione volta ad incanalare le capacità dell’analizzando verso lo sviluppo. In questa direzione c’è bisogno di un lungo lavoro che rinforzi la fiducia, consolidi la relazione e soprattutto offra una validazione delle capacità di percezione della realtà, quelle sane. Per fare questo è necessario non disconoscere l’uso che il paziente fa dei suoi rifugi dalla realtà (su questo punto rimando all’affascinate lettura delle funzioni svolte dai rifugi psichici, differente da quella di Steiner e De Masi e alla definizione di condizione pre-catastrofica). Inoltre risulta decisivo il consolidamento delle capacità di gestione del mondo emozionale, che può essere sperimentato in un ambiente nuovo, quello psicoanalitico.
Lo sforzo conoscitivo e la sapienza contenuta in questo volume si dirige, quindi, verso un cambiamento delle strategie terapeutiche utilizzate per il trattamento delle psicosi.
Tradizione e innovazione non si alternano o si succedono ma piuttosto convivono influenzandosi a vicenda in vari modi, e il lavoro di Bonfiglio è uno di questi.
Bibliografia:
Bonfiglio B. (2018). Simbiosi/Fusionalità e costruzione della soggettività. Parlando di clinica. FrancoAngeli, Milano.
De Toffoli C. (2014). Transiti Corpo-Mente. L’esperienza della psicoanalisi. A cura di Basilio Bonfiglio. FrancoAngeli, Milano.
Falci A. (2012). In Dissociazione Scissione Rimozione. FrancoAngeli, Roma.
Freud S. (1904). Psicoterapia. O.S.F., 4
Freud S. (1926). Inibizione sintomo e angoscia O.S.F., 10 p. 286
Milner M. (1950). Non poter Dipingere. Borla Roma, 2010.
Neri C.; Pallier L.; Petacchi G.; Soavi G.C.; Tagliacozzo R. (1990). Fusionalità scritti di psicoanalisi clinica, Borla, Roma.
Winnicott D.W. (1988). Sulla natura umana. Raffaello Cortina Editore, Milano, 1989.