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“Effetto queer. Un dialogo mancato sui destini della sessualità” Recensione di E. Cocozza di Montanara

10/12/24
Effetto queer. Un dialogo mancato sui destini della sessualità. Recensione di E. Cocozza di Montanara

Gaetano Pesce. Tu sì ‘na cosa grande. Schizzo del progetto

Parole chiave: queer, genere, trans

Effetto queer
Un dialogo mancato sui destini della sessualità

a cura di G. Torti

Recensione di E. Cocozza di Montanara

Il libro, dal titolo accattivante, Effetto Queer. Un dialogo mancato sui destini della sessualità (Orthotes Editrice, 2024), mi ha da subito incuriosito. Mi sono interessata poco, fin ora, alla questione del gender e ho scarsa esperienza clinica al riguardo. Anche le letture sono povere, si limitano ad un romanzo ed un testo psicoanalitico, seppur, a mio avviso, molto prezioso. Detto questo, ritengo di essere attenta a ciò che si muove tra gli adolescenti e i ragazzi.

Al di là della seduzione operata dalla fantasmagoria delle loro produzioni creative, mi sembra che l’adolescenza, con più evidenza, consenta di scorgere quei segnali di conflitto, movimento, progressione o inciampo, quelle trasformazioni insomma che attengono a quello che nel libro Sergio Benvenuto chiama “stagione culturale o emergenza storica”, Deleuze direbbe l’adesso del nostro divenire.

Nell’attività clinica (e non solo in essa), soprattutto nel lavoro con persone molto giovani, ho iniziato a percepire, già da tempo, un’eco assai potente. Basti pensare che per le persone intorno ai 20 anni, che si identificano come eterosessuali, l’esperienza omosessuale fa parte a pieno titolo del percorso di crescita e ricerca identitaria.

Mi sembrava dunque che un libro, dall’apparenza più discorsiva, dove una qualche “razza di chiacchiere” impegnasse più opinioni, avrebbe chiarito le mie idee.

Ma veniamo al disegno iniziale del libro che, come dichiara Giovanni Torti nell’introduzione, ”era quello di proporre una raccolta di voci e prospettive diverse sulla questione transgender”. Nello specifico, e sotto forma di dialogo, voci provenienti dagli studi di genere, le teorie queer e la psicoanalisi. La seconda intenzione del testo, che, come vedremo, renderà conto del sottotitolo, era quella di affrontare “laicamente e criticamente” il tema. Vale a dire una riflessione teorica, libera da rivendicazioni politiche e lotte militanti, al riparo dalle censure e autocensure del politically correct.

Come raccontato nell’introduzione e nel prologo, alla chiamata, la maggior parte delle persone coinvolte, risponderanno con un cortese rifiuto.

Il dialogo è dunque mancato, cosa di per sé già interessante. A conversare con Giovanni Torti resteranno due superstiti: Sergio Benvenuto e Paolo Cotrufo. In un secondo momento si aggiungeranno, a commentare il dialogo tra uomini, due lavori femminili, quelli di Gemma Zontini e Sara Fontanelli. Infine, Ale, con la sua voce dolente e vibrante, concluderà il testo con il racconto della sua transizione. Maschile, femminile, duale (o plurale).

Ma veniamo al dialogo tra i nostri tre uomini. La lettura, divertente ed irritante allo stesso tempo, vede Sergio Benvenuto, con la sua scrittura scoppiettante e iperbolica, ironica e provocatoria, intrisa di aforismi e aneddoti, ricordi personali, fantasiose statistiche e soprattutto con il gusto di sparigliare continuamente le carte, navigare spregiudicatamente tra gender, queer e trans, conversando con Paolo Cotrufo, intento a definire e chiarire la sua posizione psicoanalitica. Giovanni Torti, tiene la barra del timone. Con l’eleganza e la precisione delle sue domande, dipana, collega e rende molto bene la complessità del discorso, la difficoltà dei suoi snodi ed intoppi.

Perché sì, il tema decisamente scotta, è un trouble, a maggior ragione in Italia, spesso in ritardo nel recepire movimenti culturali e ampliamenti dei diritti civili, con un divario impressionante tra la nuova generazione, di cui Paolo Cotrufo da un esempio particolarmente interessante, e quelle precedenti. E la psicoanalisi fatica anch’essa, tesa all’interno di uno scollamento, né più né meno di quello intergenerazionale, tra la tendenza ad assumere posizioni compiacenti, acritiche, da alcuni definite “transomofile”, e quelle più conformiste e normative che rendono conto dell’accusa di essere “transomofobica”; o semplicemente “fobica”, connotazione utilizzata da Paolo Cotrufo e valevole per entrambe le posizioni. E dunque “alla psicoanalisi serve una transizione?” come titola il suo lavoro Sara Fontanelli.

Certo è che durante la lettura mi sono accorta che scivolamenti dall’una all’altra posizione, sono, per ognuno di noi, quasi inevitabili, ci si ritrova all’improvviso, confusi, in un labirinto per di più fatto di specchi, molto difficile e faticoso da percorrere. Fatica e difficoltà sono proprio le parole usate nelle lettere di gentile rifiuto al dialogo riportate da Sergio Benvenuto. Perché questo accade?

Una delle cause identificate dagli autori è ascritta alla cultura woke, ma direi più al wokismo, alla degenerazione di una ideologia, nata con i più alti propositi che si è trasformata in un apostolato laico, esitando in quello che Nathalie Heinich chiama un “totalitarismo d’atmosfera”. Dall’antibinarismo dei movimenti culturali e politici è generato un binarismo culturale che ricalca, dice Paolo Cotrufo, logiche belliche. Io direi la logica del duello. Come tra i memorabili duellanti di Conrad si passa da una logica di potere ad una logica di violenza che chiede vendetta: l’odio, duale, non lascia spazio ad alcun riconoscimento di sé nell’altro e dunque ad una possibile mediazione terza. Certo c’è da chiedersi cosa significhi per noi laico oggi.

Ma bando alle ciance. “Nonostante la singolarità e l’eterogeneità delle storie personali pensiamo che la perplessità sul proprio genere possa dirci qualcosa di profondo sulla società contemporanea, sull’Unbehagen (disagio) che l’attraversa”. Il disagio del genere sembra in effetti prestarsi molto bene come possibile espressione e tentativo di soluzione del malessere della civiltà attuale. Segna con la sua impronta la “transizione” e la differenza generazionale. E la “transizione”, tema centrale del libro, può essere considerata, non solo come esperienza vissuta sul piano psicocorporeo dalla persona transgender, ma anche come elemento metaforico che ci interroga.

Questo il punto di partenza di Giovanni Torti nel porre ben tredici temi, tutti di grande interesse come, per citarne solo alcuni, Attacco al binarismo, Che cosa è il gender? Decolonizzazione del corpo, Binarismo e psicoanalisi, La psicoanalisi è queer?

Navigando tra questi, alcuni contenuti mi hanno appassionato: la definizione di queer e gender come significanti padroni, il concetto di calco metaforizzante di Paolo Cotrufo, un’originale interrogativo di Gemma Zontini, il prezioso lavoro di Sara Fontanelli e certamente la viva testimonianza di Ale. Altre cose mi hanno interessato meno. Qualcuna ha generato in me un vero e proprio fastidio, come quella che Sergio Benvenuto chiama disputa clitoridea. Eppure, anche questa ha condotto, a posteriori, ad una riflessione. Per questo motivo direi che Effetto Queer ha la qualità di essere un libro onesto. C’è l’onestà di dire cosa si pensi ed esprimere un’opinione presuppone discussione, dubbi, riflessioni e soprattutto apertura critica.

Effetto queer. Un dialogo mancato sui destini della sessualità.

(a cura di) Giovanni Torti (Orthotes Editrice, 2024)

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