Parole chiave: Psicoanalisi, Manica, Identità, Genere, Identificazione, Mito
“Del femminile e del maschile…e di altri generi.
Il mito di Elettra”
di Mauro Manica
(Europa ed., 2022)
Recensione a cura di Carmelo Conforto
Lo scritto di Mauro Manica, straordinariamente stimolante, mi ha spinto a riprendere, ripensare la lettura del mito, le interpretazioni diverse che qui ho trovato, a cui ho cercato di aggiungere qualche mio pensiero, avendo permesso alle mie rêveries di inseguirmi e raggiungermi.
1-Mito d’Elettra, intuizione sorprendente, che viene dedicata da Manica all’esplorazione di ciò chedel maschile e del femminile le tre tragedie prepotentemente offrono sia pur con la violenza della vendetta, dell’odio. Alla definizione del Significato fondamentale delle tre opere l’Autore aggiunge quanto “siano diverse le funzioni e i ruoli che il personaggio di Elettra viene ad assumere rispetto a questi temi”. Ovvero, le differenti colorazioni emotive di ciò che nell’umano esprime la presenza del femminile e del maschile…(e di altri generi) suggeriscono l’iniziale avventurarsi del pensiero greco nello O di Bion, nell’affidarsi all’intuizione, al non esplorato, come primo percorso che procede ricercando legami K attraverso i modi di quel tanto di psicoanalisi che vive nell’uomo da sempre e che attinge materiale vitale dall’amore, l’odio, la gelosia (legami L e H).
Per inseguire questo tema ho tentato di avvicinarmi alle vicende vitali, proposte dalla storia, di Euripide, Sofocle, Eschilo, immaginando che i loro modi d’essere siano raccolti e riconoscibili nelle diverse, lievi quanto significative, traduzioni emotive dei personaggi del mito che diventano così per ognuno dei poeti “la propria verità[1]. Mi sono avvicinato a Euripide[2], allo spirito del poeta, pensoso, inquieto e avido di conoscenza, lontano dalla vita politica, vicino alla cultura ateniese: Anassagora, Socrate, Protagora. Sappiamo anche dell’aggressività nei suoi confronti da parte dei ‘comici’ e, soprattutto di Aristofane, che lo definiva accanito nemico del genere femminile, condannando il poeta avversario perché incapace d’essere “educatore dell’umanità”. Infine la fuga di Euripide, l’autoesilio da Atene in Macedonia negli ultimi anni di vita.
Diverse le osservazioni riguardanti Sofocle[3]: popolarissimo, in grande sintonia con il suo pubblico, uomo politico, protagonista di processi In quell’ambito, di spedizioni repressive (isola di Samo, guidata da Pericle), uomo d’azione, insomma.
Infine di Eschilo gli elementi fondamentali del suo sapere, raccolti nel Prometeo, che diventerà “il simbolo dell’uomo stesso; la sua debolezza spirituale e materiale in origine…il suo difficile sforzo per trasformarsi da fanciullo che era, in un essere dotato di pensiero (Vernant4). Infine la sconfitta feroce, anziano poeta di drammi “che si possono recitare, che possono essere portati in pubblico” (come deciso dal Consiglio di Atene) subita dal giovane, bellicoso Sofocle (Canfora).
2-Ho osservato con lo sguardo di Euripide, come meglio chiarirò, il blocco marmoreo dello scultore Menelao, ove Oreste è presentato come figura infantile avvicinata, protetta (questa è stata la mia lettura) dalle braccia della sorella Elettra. Adulta che comunica all’adolescente fratello l’accoglienza delle sue richieste di presenza attraverso il viaggio degli sguardi, il viaggio che Bion propone, contenitore<->contenuto.
Ho pensato che la scultura volesse esprimere la rivelazione del femminile: la Sorella che si prende cura, come è nel naturale, del fratello minore, due anime che si fondono in un’unica anima (Oreste-Euripide); la scultura che ci parla suggerendo: << Non dimenticate, questa, anche, è Elettra>>.
Sorella che dirà con la diversa voce, quella di Sofocle, invocando la colpa, la rivalità con la madre:
“Un tempo, non eri il tesoro di tua madre, ma il mio, ti nutrivo io, tua sorella, il cui nome tu chiamavi senza sosta”.
Qui sono espresse le antiche ragioni della sofferenza, collocate nell’oggetto materno che si nega, come ritroveremo nell’esperienza intuitiva di Winnicott, Green, Bion, vendetta che nell’assenza , nel negativo del contenitore potrebbe trovare la sua prima ragion d’essere.
La fondamentale verità contenuta nel segreto di Sofocle, allora, a cui la traduzione dellatragedia consente espressione e visibilità?
2– L’età adulta promuoverà in Elettra la violenza della vendetta, definendo il rapporto di Elettra con Oreste, di Elettra con se stessa, di Oreste con se stesso. L’esortazione al matricidio, all’uccidere, osserva Vernant [4], caratterizzerà allora Elettra come sorprendente figura dominatrice, nei modi che rappresentano l’esasperazione del virile: “Elettra, <<doppio>> di Clitemnestra e nello stesso tempo suo opposto”(162).
Ritorno a Manica, alla suo chiedersi a questo proposito ove è il maschile di Oreste, il fare, ove è il femmimile di Elettra, l’essere.
Le dimensioni del maschile e del femminile che hanno il permesso di comparire purchè proposti nell’esasperazione tragica del Mito, in quanto dimensioni estreme e contrapposte dell’umano, il dare vita, il sottrarla , connotazioni che non consentono contemporaneità.
3-Riprendo ancora le considerazioni di Vernant ( 154) sulla strutturazione del vivere e dei viventi nella Grecia d’allora, sulla costrizione e limitazioni di ciò che, rigidamente, viene affidato al femminile, al maschile. e che proprio per queste ragioni, ritengo, avvierà la rivoluzione tragica. Mi soffermo sul termine oikos, designante sia l’abitato sia il gruppo umano che vi risiede: ovvero la fissità della dimora, la permanenza, l’isolamento. Sarà ”l’unione sessuale, allora, la relazione che mette in contatto le due nature piú opposte: la natura maschile e quella femminile “(155). Cosi come lo spazio domestico, lo spazio protetto, chiuso, l’oikos, ha connotazioni rigidamente femminili, così è lo spazio esterno, all’aria aperta, il luogo della battaglia, della ferocia, della difesa dell’oikos, difesa, guerrache appartiene al maschile. La famiglia, aggiunge Vernant, è rigorosamente endogamica, autarchica, “la donna è nel suo ambiente quando è a casa”.
Elettra capovolge, nelle Tragedie, quella dimensione dell’umano, come fece Clitemnestra.
Con modalità opposta si è mosso Oreste, nel cercare protezione dalla sorella e chiedendo a lei di procedere nella proposta feroce. Due modi d’essere che obbediscono, nel mondo greco, all’impossibilità d’incontro, e che, nella ribellione tragica all’obbedienza si estremizzano nella sofferenza, morte, colpa, sia pur proposte da ogni poeta, come Manica invita, con elementi affettivi estratti dal proprio mondo interno.
E’ nella tragedia di Euripide che si rivela e si esprime l’immagine del Femminile presente in Oreste; la verità di Euripide, allora, che ha bisogno di legami, che cerca riconoscenza non trovata, che si isola nella solitudine depressiva? Quello che il Maschile di Elettra condanna nel rito della vendetta e che rimanda al complesso d’Elettra proposto da Jung.
Oreste
Ah, come morte a quella darò che partorimmi,
che mi nutri
Elettra
Come al tuo padre e mio
Ella diè morte
(Euripide)
4- Nelle parole di Oreste ed Elettra Il pensiero di Jaspers[5] dona significato al Tragico; il suo descrivere l’esasperata dimensione del Mito nella Tragedia , che contiene “una lotta dell’uomo con sè stesso…interessi vitali che si escludono a vicenda, qualità tipiche, impulsi contrapposti si combattono tra loro” (31).
Tragedia, terribile percorso che, muovendosidalla mortifera scissione, ha, forse, consentito all’umano d’avviare il viaggio trasformativo, ancora non concluso, che propone l’accettazione dellaconvivenza dei due modi d’essere.
Modi d’essere dell’elemento maschile (animus) e femminile (anima) che con l’apparente semplicità del descrivere, Jung[6] cosi propone:” Ho constatato che più l’esteriorità della femmina è femminile, più la sua anima è virile, e vice versa; più l’esteriorità dell’uomo è virile, più la sua anima in lui è femminile…Se, dunque, noi parliamo dell’anima dell’uomo è logico parlare dell’animus della donna per dare alla sua anima il nome che le conviene” 410).
5- Cerco ora nella traduzione poetica la via che permette d’affacciarmi al mio femminile consentendo di affidarmi alla verità dell’intuizione.
NATO
Dunque è sua madre
Questa piccola donna
Artefice dagli occhi grigi
9
La barca su cui, anni fa,
lui navigò fino a riva
E’ da lei che è venuto fuori
nel mondo,
nella non-eternità.
Genitrice dell’uomo
Con cui saltò attraverso il fuoco.
(Szymborska[7])
Così del maschile
E allora rimasi a poppa solo, a governare la mia nave, che correva in fil di ruota
beccheggiando di quando in qu 1ando, e persino rollando un poco-
(Conrad[8])
5 E’ ancora nel poetico che credo dii ritrovare le modalità dell’umano fluidamente connesse, dopo il lungo nostro viaggiare nel tempo
Cercheremo un’armonia
Sorridenti, tra le braccia
anche se siamo diversi
come due gocce d’acqua.
(Szymborska)
6- Infine, accoglienza a chi sta viaggiando nei mondi del non ancora riconosciuto.
[1] Grinberg, L.(e altri), 19772, Introduzione al pensiero di Bion, Armando, Roma, 1975.
[2] Cantarella, R. Introduzione: Euripide, tragedie scelte, tr. Bellotti F., Bietti, Milano, 1979.
[3] Canfora, L. Il mondo di Atene, Laterza, Roma, 2012.
[4] Vernant, J-P (1965) Mito e pensiero presso i greci, Einaudi, Torino, 2001.
[5] Jaspers, K. (1952), Del Tragico,SE,Milano, 1987-
[6] Jung, C., G., (1950), Types psychologiques, GENEVE, Librairie de l’universitè, 1968.
[7] Szymborska, W., (1993), Vista con granello di sabbia, Milano, Adephi, 1998.
[8] Conrad, J. (1917) La linea d’ombra, Milano, Mursia, 1989: