Da Freud alla psicoanalisi contemporanea.
Morris Eagle.Milano, Raffaello Cortina Editore, pp. 359.(2012)
Recensione di Gorgio Mattana
In questo ponderoso volume, Eagle cerca di mettere ordine nel complesso mondo delle teorie psicoanalitiche, tracciando le linee che separano, ma al tempo stesso collegano la psicoanalisi dei giorni nostri e quella Freud. Nella prima parte del libro, l’Autore enuclea i concetti di fondo della teoria freudiana, relativamente alla natura della mente, all’origine delle relazioni oggettuali, alla psicopatologia e al trattamento. Nella seconda, analizza le tesi della psicoanalisi contemporanea sui medesimi argomenti, mettendo a fuoco i temi comuni che percorrono le diverse scuole, per poi sottolineare le differenze rispetto alla teoria freudiana. Infine, traccia un bilancio complessivo delle convergenze e delle divergenze delineando una possibile integrazione e proponendo, della psicoanalisi, una visione dinamica ed evolutiva, senza cadere negli eccessi opposti di una concezione piattamente “continuista” o forzatamente “discontinuista”. Lo sforzo di chiarezza, data la vastità dell’argomento, è notevole e merita sicuramente la lettura, anche se a tratti la semplificazione appare eccessiva. Ma ben vengano, con tutti i loro limiti, opere come questa, al crocevia fra epistemologia e storia della scienza, capaci di percorrere le trasformazioni più significative di una disciplina senza smarrirne l’identità. E così, in un percorso centrato sui concetti di fondo e le loro trasformazioni, si procede dal principio di costanza e dalla rimozione, vere e proprie pietre angolari della psicoanalisi freudiana, agli orientamenti relazionali contemporanei, accomunati dall’abbandono del modello pulsionale e dalla tesi della relazionalità originaria dell’individuo. A cambiare sono, contemporaneamente, le ipotesi sulla natura della mente, da apparato per la scarica della tensione pulsionale, in linea con il principio di costanza, a sede di rappresentazioni relazionali; la concezione delle relazioni oggettuali, da strumento di gratificazione pulsionale a bisogno primario; le idee sulle cause della psicopatologia, dalla rimozione delle pulsioni al fallimento ambientale e la visione dell’azione terapeutica, dalla centralità dell’interpretazione e dell’insight alle valenze terapeutiche della relazione analitica. A cambiare, insieme a ciò, è il concetto stesso di inconscio, dall’inconscio dinamico freudiano basato sulla rimozione all’inconscio come sede dell’implicito, del non verbale, del non registrato e del non convalidato.
Un vero e proprio mutamento di “paradigma”, all’interno del quale, tuttavia, Eagle riannoda in modo convincente i fili di una sostanziale continuità, mostrando come non tutto il “nuovo” sia radicalmente nuovo e non tutto il “vecchio” sia superato. Mostrando, ad esempio, la compatibilità delle categorie di pulsione e di relazione, la possibilità di conservare il concetto di rimozione reinterpretandolo alla luce delle nuove concezioni dell’inconscio, la compatibilità del concetto freudiano di neutralità analitica con una visione intersoggettiva e relazionale del trattamento. Non tutto convince, in questa ricostruzione storico-critica dell’evoluzione della psicoanalisi: non si può non notare, fra le altre cose, l’assenza di una trattazione adeguata di un pensiero fondamentale come quello bioniano, mentre l’importanza della stessa teoria kleiniana risulta, al paragone di quella di altri orientamenti, inequivocabilmente sottostimata. Sono penalizzate dall’enorme sforzo di sintesi anche la ricostruzione della teoria traumatica dell’isteria e del passaggio dalla teoria del trauma a quella del desiderio pulsionale, mentre non è sufficientemente approfondito, nell’ambito della trattazione del processo primario, il rapporto fra primario come modalità del rimosso e primario come precoce. E’ insufficiente anche la caratterizzazione del transfert positivo, che tende a identificarsi tout court con quello amoroso, e delude la discussione dell’alternativa “desideri reali/equivalenza simbolica” che, presa sul serio, metterebbe in discussione la natura stessa della psicoanalisi classica (esistono realmente i desideri edipici?), e che viene invece trattata come “semplice” problema terapeutico. Molto chiara e interessante, invece, la riflessione attorno al “destino” del transfert in una prospettiva radicalmente relazionale: se non esiste una mente dotata di una sua stabilità strutturale e se, viceversa, essa è costruita momento per momento dalle relazioni, compresa quella analitica, cosa mai potrà essere trasferito all’interno di quest’ultima? Convince anche il tentativo, che percorre tutto il libro, di trovare un punto d’incontro tra la visione realistica e corrispondentistica della verità di Freud e la sua fondamentale dissoluzione all’interno delle concezioni più radicalmente costruttivistiche e postmoderne.
Nonostante i suoi limiti e grazie ai suoi numerosi pregi, l’opera merita sicuramente la lettura, perché rappresenta uno strumento prezioso per orientarsi nel complesso e spesso disorientante mondo delle teorie psicoanalitiche, fornendo importanti spunti di riflessione e approfondimento, evidenziando inaspettate vie di collegamento, semplificando e raccordando senza mai perdere il senso delle differenze, dell’inevitabile e auspicabile evoluzione della psicoanalisi come disciplina scientifica.
Settembre 2013