Parole chiave: Psicoanalisi, Freud, Costruzione, Interpretazione, Barale, Di Chiara, Luchetti
Sigmund Freud
Costruzioni nell’analisi
Edizione con testo tedesco a fronte
Saggio introduttivo e cura di Francesco Barale
Traduzione di Francesco Barale e Ingrid Hennemann Barale
(Jaca Book ed., 2024)
Recensione a cura di Roberto Musella e Maria Giuseppina Pappa
Per apprezzare la nuova traduzione del saggio di Freud (1937a), Costruzioni nell’analisi, ad opera di Francesco Barale e Ingrid Hennemann Barale, è opportuno partire da quella che riteniamo esserne la chiave interpretativa più originale proposta nel saggio introduttivo dello stesso Francesco Barale. Prima di dichiarare le nostre carte, però, dobbiamo fare una premessa che prende le mosse dal lontano 1895. Come è noto, Freud in una lettera a Fliess del 25 maggio 1895, indica tre verbi chiave, necessari per la comprensione della teoria del funzionamento psichico: phantasieren, übersetzen, erraten. Verbi che hanno conosciuto traduzioni diverse e che costituiscono il presupposto indispensabile per la comprensione di quello che l’anno successivo, il 13 febbraio 1896, sempre in una lettera a Fliess, viene denominato lavoro metapsicologico. La triade proposta inizialmente allo storico confidente berlinese, attraverserà tutta l’opera freudiana, fino alle ultime formulazioni contenute in Analisi terminabile e interminabile (Freud, 1937a), nel Compendio di psicoanalisi (Freud, 1938) e, appunto, come rileva Francesco Barale, in Costruzioni nell’analisi (Freud, 1937b).
Della triade originaria proposta da Freud, il saggio di Barale sarà attraversato soprattutto dalla rilevanza dell’ultimo dei tre termini indicati originariamente da Freud a Fliess, termine che ricompare appunto in Costruzioni e non in Analisi terminabile ed interminabile, lavoro coevo a Costruzioni, lì dove Freud dichiara che per comprendere i rapporti metapsicologici tra le istanze psichiche “Non si può avanzare di un passo se non speculando [spekulieren], teorizzando [theoretisieren] — stavo per dire fantasticando [phantasieren] — in termini metapsicologici”. Al di là dell’artificio retorico che rende il phantasieren tanto eccentrico quanto necessariamente sospeso tra il dire e non dire come elemento chiave della speculazione creativa, quello che a noi premerà ora è recuperare il terzo fattore della triade originaria proposta da Freud a Fliess, e calarlo con Barale in Costruzioni nell’analisi.
Erraten, in Costruzioni nell’analisi, è stato finora tradotto in italiano, nelle OSF Boringhieri, con ‘scoprire’ a partire dalla traduzione inglese (to make out) della Standard edition. Invece, sempre di Boringhieri, nella traduzione di Anna Massimello del carteggio tra Freud e Fliess, erraten è reso con un più verosimile ‘congetturare’. Barale invece, riprendendo una corrente di pensiero che parte dalla traduzione di Assoun (1983) ed è riproposta in Italia da Conrotto (2000) e Luchetti (2002), suggerisce che la traduzione corretta del verbo erraten in italiano è ‘indovinare’. La nuova chiave di lettura con cui leggere Costruzioni, ne trasforma considerevolmente il senso, avvicinandolo alla centralità delle scoperte della psicoanalisi del nuovo millennio, che pongono l’immaginazione al centro del lavoro psicoanalitico e contemporaneamente al centro del lavoro di teorizzazione – metapsicologico – dell’analista.
Volendo brevemente sviluppare la metafora archeologica contenuta in Costruzioni, l’analista, al pari dell’archeologo (pur con le differenze sostanziali indicate da Freud), parte da resti incompleti per arrivare ad ‘indovinare’, non più a ‘scoprire’, quello che manca alla narrazione rappresentazionale che ricaviamo dalle storie dei nostri pazienti. La centralità del lavoro ricostruttivo si sposta dunque dall’improbabile ricostruzione storica ad una costruzione decisamente più creativa, con delle conseguenze che dovranno essere affrontate e comprese sia dal punto di vista della clinica che da quello della teoria.
Freud, come è noto, è stato attraversato costantemente, a partire dalla dichiarazione fatta a Fliess il 21 settembre 1897 “Non credo più ai miei neurotica”, dall’oscillazione tra la ricerca della verità storica e quella della fantasia inconscia. Barale ripropone in Costruzioni, a partire dalla sua nuova traduzione/interpretazione del testo freudiano l’oscillazione suddetta (recuperiamo qui l’ultimo dei verbi – übersetzen – volutamente lasciato in sospeso che significa, appunto, tanto tradurre quanto interpretare). Barale segnala dunque che il lavoro dell’analisi oscilla tra costruzione creativa e ricostruzione storica. Non essendo quest’ultima mai definitivamente raggiungibile, l’analista sarà costretto ad indovinare/inventare creativamente, con la collaborazione del paziente, i plausibili scenari del suo passato, consapevoli entrambi, nel bene e nel male, che la verità ultima non sarà mai raggiunta una volta per tutte, e potrà essere ridisegnata continuamente dalla coppia analitica al lavoro.
Francesco Barale dà inizio al suo saggio introduttivo, ricco di approfondimenti oltremodo preziosi, con un quesito centrale: “Perché una nuova edizione di Costruzioni nell’analisi? Come sappiamo, questo testo non difetta né di traduzioni, né di commenti, e su di esso sono stati scritti numerosi saggi. Nei quarantacinque anni trascorsi dalla sua traduzione ed edizione italiana, è cambiato il modo di leggere Freud, di intendere le sue affermazioni, domande, risposte, e anche le lacune, gli spazi “bianchi”, che il testo segnala sia tra le domande che tra le risposte. Il riferimento è qui al tema degli “spazi vuoti” (blank) del testo, che impegnano sia interprete che traduttore, e che non sono vuoti interstizi, ma “propellenti vitali” della sua vitalità comunicativa (Wolfgang Iser, 1987). Ripensare alcune scelte traduttive fatte, può contribuire a restituire alcune potenzialità al testo, e a renderlo vivo. Si intravede così un’analogia tra i dilemmi del traduttore e il problema che Freud affronta in Costruzioni nell’analisi. L’intento dei traduttori della presente edizione è “quello di recuperare alcuni aspetti evidentemente presenti nel testo di Freud e in parte messi in ombra; di indicare anche i punti in cui quegli aspetti (ma anche altri) hanno dato avvio a importanti sviluppi successivi; tutto ciò evitando di “sovra-interpretare” Freud o attribuirgli intenzioni non sue” (p. 11). Già Musatti (OSF 11, XIX-XX) aveva segnalato la particolarità di questo scritto, in cui Freud, senza rinnegare quanto sostenuto in precedenza, manifesta verso di esso una sorta di atteggiamento di “distacco” critico, come se si creasse l’occasione per una “riflessione su se stesso e sulle proprie dottrine”. Barale osserva come in questa opera Freud, nel continuare a chiedersi quanto e cosa ci sia di vero nelle costruzioni di senso che avvengono in analisi, e che significato abbia quella verità, mostri una consapevolezza critica di grande modernità, oltre che rigorosità di pensiero. Egli evidenzia come un elemento cruciale sia il transito da Deutung (interpretazione) a Konstruktion (costruzione), tutt’altro che un’irrilevante faccenda terminologica, che segna invece gli accenni di cambiamenti significativi che influenzeranno una parte della psicoanalisi successiva. Nel sottolineare l’estrema difficoltà del compito ricostruttivo e costruttivo dell’analisi, Freud nota come nell’analisi partecipino entrambi i suoi protagonisti, il paziente e l’analista. Questo rappresenta un passaggio fondamentale, che sembra aprire agli sviluppi “relazionali” della psicoanalisi successiva. Barale ricorda come non sia questa la prima volta in cui in Freud compare un riconoscimento del ruolo oltre che ineliminabile, necessario della soggettività dell’analista e della sua partecipazione a quanto accade in analisi. Nelle sue opere, diverse volte Freud, di fronte alle obiezioni del suo interlocutore sulla credibilità scientifica dell’interpretare, ribadisce il valore della ragione congetturale, correlata alla soggettività degli analisti, alla loro sensibilità ai processi inconsci, frutto della lunga condivisione con i pazienti. Nel testo e nel pensiero freudiano ci sono innumerevoli “bianchi”, che spingono verso sviluppi relazionali. Bisogna comunque specificare che gli aspetti della soggettività dell’analista, vengono considerati da Freud sempre solo aspetti che possono ostacolare, oppure facilitare il “riconoscimento” e/o la trasformazione di aspetti del paziente che già esistono in lui, e che non sono mai visti come aspetti “costitutivi”. Per cercare di colmare in qualche modo le lacune di quei resti incerti, all’analista non resta che far ricorso a quella che Musatti (OSF, 11, XX) chiamò la sua “fantasia creatrice, guidata dal suo inconscio”. Freud scrive a tal proposito che l’analista “deve indovinare o per meglio dire, costruire” (… “zu erraten, oder richtiger ausgedrückt, zu Konstruieren”) ciò che manca al ricordo, a partire dalle tracce che esso ha lasciato. La nozione di “costruzione” non è una novità: è un tema già ampiamente trattato da Freud, ma che in questo scritto viene ulteriormente elaborato. Per comprendere a fondo la portata di tale concetto nella sua estensione, è opportuno soffermarsi sul termine chiave che lo introduce: questo “indovinare” (erraten) che è nel cuore del “costruire”, tanto quasi da definirlo. Il termine erraten torna anche nel punto in cui Freud discute quali indizi possano far pensare che l’analista, con la sua costruzione, ci abbia o meno indovinato. Qui ci sono in gioco questioni essenziali, dal punto di vista della clinica e dello statuto epistemologico delle operazioni psicoanalitiche. Il termine erraten attraversa tutta l’opera di Freud, dall’inizio alla fine, indicando “nell’analista, una particolare attitudine mentale che precede, accompagna e soprattutto “dà corpo” ad altre attività mentali apparentemente più elaborate, più nobili e scientificamente più rispettabili” (p. 18). Erraten è un termine che ha a che fare con l’indizio del “mistero” (Geheimnis), che continua ad annidarsi nell’ “intima struttura dell’oggetto psichico”, e che denota un aspetto fondamentale del procedere psicoanalitico: quel congetturare a innesco quasi visivo (indovinare), intuitivo, talvolta giocoso e perfino un poco infantile, che nasce direttamente dal corpo della relazione analitica. L’indovinare dunque è presagio del lavoro dello psicoanalista, che ha a che fare con le “non evidenze”, i margini, l’ombra del visibile, con le sue tracce enigmatiche non ancora tradotte, talvolta forse non traducibili. In psicoanalisi, l’indovinare equivarrebbe da un lato al paradigma-congetturale indiziario, nell’ambito del quale si potrebbe inserire il pensiero freudiano ed il suo metodo (Ginzburg, 1979), dall’altro alla ragione congetturale della tèchne come distinta ed anzi contrapposta alla ragione logica, sperimentale e scientifica (Vassalli, 2001). In entrambi i casi l’indovinare è parte del funzionamento psichico dell’analista al lavoro nella relazione con l’altro, rappresentando la matrice da cui scaturirebbero e interpretazione e costruzione, dandovi forma. Freud sottolinea che il concetto di “costruzione” è la denominazione di gran lunga più appropriata a definire i compiti dell’analisi, anche se esso ha avuto finora minore attenzione rispetto all’interpretazione. Nel celebre passo “epistemologico” dell’inizio di Pulsioni e loro destini (1915), Freud, nel descrivere come si formino le ipotesi e le idee generali, scrive: “tutto lascia supporre che (quelle idee) non siano state scelte ad arbitrio, ma siano state determinate in base a relazioni significative col materiale empirico”, relazioni “che supponiamo di arguire (erraten), prima ancora di aver avuto la possibilità di riconoscere e indicare”. “Arguire” traduce dunque “erraten”. Esiste pertanto per Freud un’intuizione congetturale, un indovinare (qui arguire), che consente e precede il “ri-conoscere” (erkennen) e ancor più il “dimostrare” (nach-weisen). Alberto Luchetti (2018, p. 503), nell’approfondire la natura della funzione dell’erraten nel “costruire” psicoanalitico, osserva che: “se con l’indovinare la psicoanalisi incrocia la triade deduzione, induzione, abduzione, collocandosene nel nodo creativo e rischioso, forse così può indicare precisamente che se vi è ragione congetturale, è perché una relazione ha potuto prendere corpo e dei corpi hanno potuto esporsi (aristotelicamente) a una “abitudine e familiarità”, a un saper fare che permette che si fabbrichino interpretazioni puntuali e costruzioni più o meno articolate […]”. Luchetti nota come l’indovinare possa assumere forme che possono restare del tutto inavvertite, come ad esempio quella dell’immagine, che si va delineando nella mente dell’analista a partire dal sogno raccontato dal paziente, e come quella del racconto, che analogamente, va dipanandosi nella mente dell’analista, a partire dalle narrazioni, più o meno frammentate, parziali e lacunose di eventi traumatici o anche anodini. Possono essere immagini e narrazioni che solo talvolta richiamano l’attenzione dell’analista per la loro Überdeutlickeit, per la loro vividezza sensoriale e affettiva, quasi allucinatoria (Freud, 1899, 1937). Le intuizioni di Freud raccolte in Costruzioni nell’analisi sono di straordinaria modernità. Esse sono alla base della psicoanalisi contemporanea, che ha ripensato l’Überdeutlich correlandolo all’emergenza di una dimensione “non-rimossa” dell’inconscio. In particolare Sara e César Botella (2004) hanno descritto il funzionamento di una via “regrediente” di espressione di aspetti pre-rappresentativi, mai collegati a rappresentazioni di parola, e il lavoro clinico necessario per dar loro un’ulteriore figurabilità. Costruzioni nell’analisi è un’opera densa, piena di apporti nuovi e originali, in cui Freud si spinge al punto da istituire una analogia profonda tra le costruzioni deliranti del delirante e le costruzioni dello psicoanalista in seduta, essendo entrambe un sostituto, che sta al posto di un “reale” non attingibile.
Come ha scritto Petrella (2008), dalla seconda metà del secolo scorso la psicoanalisi ha posto l’accento soprattutto sugli aspetti interattivi, intersoggettivi ed esplorativi dell’analisi. Nel corso del tempo “la costruzione analitica ha perso tendenzialmente quel valore storico-retrospettivo che Freud le aveva assegnato… diventa soprattutto invenzione.. confondendosi con la costruzione del Sé e con le trasformazioni rese possibili dal processo psicoanalitico”. Inoltre si è andato progressivamente riconoscendo che “ciò che avviene nella prassi analitica non è una “ricostruzione storiografica”, ma “una particolare costruzione a due realizzata con i materiali presenti nelle menti dei protagonisti,, quale che sia la loro provenienza, nella situazione analitica e non altrove e in un altro tempo” (Di Chiara, 1982, 2024).
Negli ultimi decenni c’è stato del resto un evidente e progressivo spostamento nell’idea dell’analisi verso il suo versante “poietico”, per cui l’analisi è concepita non come luogo di “riconoscimenti”, ma come nuova relazione che avvia esperienze trasformative. Le vecchie questioni prospettate da Freud e le oscillazioni irrisolte, hanno generato una pluralità di posizioni a proposito, e a volte a dei cambiamenti radicali di paradigma. Barale riporta la posizione originale di Brenman, che ha accostato il tema freudiano della costruzione all’idea bioniana di un remembering, inteso come una riapertura di una temporalità e di una storicità “cristallizzate” nelle “memorie” sedimentate nei mondi interni, del paziente, ma anche dell’analista. Brenman (1980) ha sottolineato il significato vitale di legame, contenimento, alimentazione di una sensazione di continuità che il lavoro ricostruttivo assume: “l’analisi – scrive Brenman – non fornisce risposte alle domande storiche, ma fornisce la certezza di poterle esplorare”.
Concluderemmo riportando l’attenzione sul valore quanto mai attuale dell’indovinare in analisi, seguendo Peirce (1929), che affermava: “nella relazione analitica se l’interpretazione è paragonabile a un nucleo tematico di due o poche note, e la costruzione a una melodia, l’indovinare potrebbe corrispondere al registro armonico ch’esse configurano e da cui al tempo stesso sono prodotte”.
Bibliografia
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