La Ricerca

“Adolescenti oggi” – Una riflessione nel lavoro con gli adolescenti

25/10/22
"Adolescenti oggi" A cura di: C. Carnevali, P. Masoni, D. Marangoni 1

ADOLESCENTI OGGI

Multidimensionalità dei fattori terapeutici: clinica psicoanalitica ed estensione a Gruppi e Istituzioni

A cura di Cinzia Carnevali, Paola Masoni, Daniela Marangoni

(Alpes, 2022)

“Libri al CENTRO”

Il Centro Milanese di Psicoanalisi e il Centro Adriatico di Psicoanalisi

Presentano

DIALOGO SU SPECIFICITÀ E TRASFORMAZIONI DEL SETTING NEL LAVORO CON GLI ADOLESCENTI

Maria Cristina Calzolari, Annalisa Da Pelo e Andrea Mosconi dialogano con Cinzia Carnevali, Paola Masoni, Daniela Marangoni, curatrici del libro

INTRODUZIONE E PRESENTAZIONE di Simonetta Bonfiglio e Paola Vizziello

Venerdì 30 settembre 2022, nell’ambito dell’iniziativa “Libri al CENTRO”, ideata ed avviata da Simonetta Bonfiglio e Cinzia Carnevali, rispettivamente Presidenti del Centro Milanese di Psicoanalisi e del Centro Adriatico di Psicoanalisi, è stato presentato il libro “Adolescenti oggi”. In questa occasione Maria Cristina Calzolari, Annalisa Da Pelo e Andrea Mosconi hanno dialogato con le curatrici del libro.  Al centro del dialogo è stata presa in considerazione la specificità e le trasformazioni del setting nel lavoro con gli adolescenti, alla luce degli sviluppi sul piano teorico clinico, per una presa in carico con interventi differenti e integrati. Vi riportiamo i contributi di Maria Cristina Calzolari, Annalisa Da Pelo e Andrea Mosconi.


Adolescenti Oggi”

Specificità e trasformazioni del setting nel lavoro con gli adolescenti

Maria Cristina Calzolari

È proprio vero che gli adolescenti di oggi soffrono molto di più di quelli di ieri e in modo del tutto nuovo? La sofferenza, oltre che conseguenza della patologia nevrotica, psicotica o borderline, è espressione dei mutamenti culturali, sociali, familiari e tecnologici intervenuti dalla seconda metà del secolo scorso ad oggi intrecciati ai passaggi cruciali che il processo di soggettivazione deve attraversare, in particolare nell’età dell’adolescenza. Il testo di Carnevali, Masoni e Marangoni ci sollecita a riflettere che come psicoanalisti non possiamo evitare di confrontarci con i dilemmi che la realtà attuale pone nella società in cui viviamo. Come dice Giorgio Bambini nella sua recensione su SPIWEB, “gli adolescenti, e quelli di oggi in particolare, richiedono una grande disponibilità ad adattarsi alle loro modalità di comunicazione: mai come oggi gli adolescenti comunicano attraverso il corpo, l’abbigliamento, gli strumenti offerti dalla tecnologia, sollecitandoci ad entrare in contatto con loro con questi stessi strumenti.” Nel testo si ha la possibilità di seguire un percorso che parte da contributi teorici molto significativi del pensiero psicoanalitico, sul processo di soggettivazione, il concetto psicoanalitico del setting e la trasformazione dei legami affettivi e familiari, e si sviluppa attraverso diverse situazioni cliniche che le curatrici hanno collocato in associazione più ad un tema che ad un altro in modo sufficientemente libero. Mi sembra di cogliere così l’intento di non voler dare delle risposte esaustive, ma di incoraggiare la ricerca, un processo generativo di interrogativi e pensieri.  Le curatrici di Adolescenti Oggi nelle prime pagine del libro, dicono che l’adattamento del setting psicoanalitico necessario per la cura dell’adolescente richiede prima di tutto un’integrazione a livello mentale del curante della pluralità di interventi differenziati necessari nei casi più gravi, farmacologico, psicoterapeutico e sociale. Tuttavia, anche nei casi meno gravi dell’adolescente in crisi, mi pare che sia necessaria una capacità di pensare l’adolescente in relazione al suo ambiente esterno, abitato dai familiari, le amicizie, gli educatori, e le fantasie proiettate su di esso. Questa necessità pone una questione per cui non è scontato che qualunque psicoanalista o psicoterapeuta possa prendersi cura di un/a adolescente. Nicolino Rossi nel suo lavoro Imparare l’arte e lavorare psicoanaliticamente, costanti e varianti del metodo psicoanalitico nella clinica contemporanea (I Giornata di studio del CPBologna 2018) ricordava che “… la psicoanalisi ha riconosciuto sempre più il ruolo giocato dalla persona dell’analista e l’importanza del contributo che egli offre nel processo di cura, con la sua disposizione mentale, con le sue risposte affettive, con la sua soggettività”. In altre parole la lettura del libro Adolescenti Oggi mi pare offrire anche l’occasione di riflettere sulle caratteristiche personali dell’analista utili nel lavoro in adolescenza. Coraggio e fiducia di poter ritrovare la strada dopo averla smarrita e che nel farlo sia possibile provare anche il piacere e il divertimento della scoperta: è questo quello che mi verrebbe da dire come prima cosa, anche se non sono caratteristiche specifiche. Queste stesse caratteristiche mi sembra emergano anche dai racconti clinici che il testo riporta. Come dice Raymond Cahn, l’adolescenza è un crocevia a partire dal quale il soggetto sceglierà una direzione o un’altra determinando il suo destino. Per associazione adolescenziale mi viene in mente una scena dell’ultimo libro/film della serie di Harry Potter, Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2, quando sembra trovarsi ad un bivio nello scontro fatale con il suo nemico Valdemort. La scena è ambientata in un limbo dove si riconoscono le strutture di una stazione ferroviaria e il ragazzo è sospeso tra la vita e la morte. Deve scegliere e lo farà con l’aiuto del suo maestro per comprendere il potere dell’ultimo Dono della Morte, la Pietra della Resurrezione, insieme alla Bacchetta e al Mantello. Harry si è arreso alla morte per proteggere i suoi amici, protetto a sua volta dall’amore dei suoi cari defunti rievocati dalla Pietra della Resurrezione. Albus Silente spiega al ragazzo i punti oscuri della storia e la potenza dell’amore e lo incoraggia a tornare nel mondo dei vivi per affrontare e sconfiggere Voldemort una volta per tutte. È una scena che mi sembra rappresentare bene l’incontro possibile con l’adolescente in crisi che deve affrontare il dilemma di dove vuole andare con la sua vita e vincere la tentazione di cedere agli impulsi distruttivi. Mi sembra che siano qui raccolti gli elementi che rimandano alla rappresentazione e alla coscienza di sé: l’empatia del terapeuta (Albus Silente) che permette di trasmettere supporto anche come Io-ausiliario, l’area transizionale come area di gioco intermedia e di creatività (i doni della morte), l’accoglimento come contenimento delle paure e delle spinte ad agire (l’abbraccio e la pensilina della stazione), la simbiosi come luogo sospeso da cui differenziarsi e ripartire (la nebbia che avvolge la scena). Come il set cinematografico così ricordato, si può immaginare il setting come il genitore che mantiene le condizioni migliori per la crescita dei figli: svolge la funzione di proteggere il paziente, l’analista e la relazione terapeutica, garantendo una condizione di sicurezza ed instaurando uno spazio di pensiero che si può sviluppare, (I. Ruggiero, ROTTURE DEL SETTING, II Giornata di studio del CPBologna, 18 Maggio 2019).

 L’assetto mentale interiore dell’analista al lavoro mi sembra che debba anche poter comprendere una dimensione gruppale, riflesso del gruppo adolescenziale e al tempo stesso rappresentare ora l’uno ora l’altro dei personaggi che servono all’adolescente nell’attualità della relazione terapeutica. In altre parole sembra che lo psicoanalista che lavora con l’adolescente possa trarre vantaggio dalle proprie esperienze in campo gruppale a condizione di poterle ritrovare nel proprio bagaglio personale, a partire dal gruppo familiare d’origine, fino ad arrivare al gruppo dei colleghi, passando dal gruppo dei colleghi esperti incontrati nel percorso di formazione. D’altra parte non si può fare a meno di ricordare come nella fase adolescenziale possano avvenire riaperture di vissuti arcaici della vita del soggetto che l’analista deve essere sufficientemente pronto ad accogliere come elementi grezzi da riconoscere senza volerle stigmatizzare con diagnosi psicodiagnostiche o psichiatriche. Si tratta invece di valutare la possibilità di raccogliere elementi rimasti senza nome per reintegrarli nell’immagine di sé.


“Adolescenti oggi”

Specificità e trasformazioni del setting nel lavoro con gli adolescenti

Annnalisa Da Pelo

“Ma questa esigenza di eternità è troppo  chiaramente un

risultato del nostro desiderio per poter prendere un valore di realtà: ciò che è doloroso può pure essere vero. Il valore della caducità è un valore di rarità nel tempo”

(Freud, 1915)

Ringrazio le autrici per le domande che questo libro ha suscitato in me e per le risposte che mi ha dato modo di trovare nelle numerose voci e contributi, sollecitando il confronto con me stessa.

Cosa intendiamo per adolescenza? Quale specificità hanno gli adolescenti oggi?

Quali problemi e cambiamenti impongono al nostro modo di lavorare, alle nostre teorie e a noi stessi?

Mi è sembrato che la quasi totalità dei contributi del libro che presentiamo oggi inquadrino l’adolescenza come una nuova specifica fase, un principio organizzatore dello psichismo, dove non solo si giocano la “normalità” e la patologia dell’adolescente, ma anche la rappresentazione di un campo d’intervento clinico dove sia possibile incidere e prevenire, in modo talvolta decisivo, la psicopatologia degli adulti (A.Niccolò, 2021).

Secondo l’aforisma di Evelyn Kestemberg “tutto si prepara nell’infanzia ma tutto si gioca nell’adolescenza” (Kestemberg, 1984).

L’adolescenza è quindi una seconda possibilità offerta alla persona di rifondare se stessa. Non è solo una fase temporale di transizione, ma un agente organizzatore della mente, che permette l’accesso all’età adulta e la ristrutturazione dell’identità (Cahn, 1986).

L’adolescenza non è solo una ricapitolazione dell’infanzia, ma l’emergere di processi, problemi, sfide evolutive e biologiche nuove, che informano di sé, determinando nuovi possibili cammini di crescita e sviluppo.

Oggi si parla più appropriatamente di processo di soggettivazione: processo continuo, dalla nascita fino alla morte, di appropriazione soggettiva e di autocreazione, mediante il quale il soggetto riconosce l’appartenenza dei propri pensieri, atti, desideri, conflitti (Cahn, 1991).

Tale processo è frutto sì dell’invenzione che il soggetto fa di sé, ma è anche offerto dall’altro, nella dinamica che Winnicot ha descritto come trovato/creato: questo ricorda l’operazione fatta dalla madre, che fa trovare al bambino l’oggetto che ella crea, dandogli l’impressione /illusione di crearlo lui.

Il soggetto si costruisce all’interno di legami che egli stesso contribuisce a creare.

L’adolescente, di oggi e di ieri, si trova di fronte a nuovi compiti e lutti evolutivi, che vanno dall’individuazione/separazione dal passato, dal corpo e dagli oggetti infantili, all’integrazione dell’aggressività e del corpo sessuato, fino alla trasformazione dall’azione al pensare e al sognare.

Oggi sappiamo però, grazie alle nuove tecniche di neuroimmagine, che la crescita della mente adolescente non è solo psichica, ma anche del cervello: vi è in quest’età della vita (11-24 anni!) un processo di neurosoggettivazione (Moniello, 2016), dove le stimolazioni che provengono dal mondo, dal corpo e dall’ambiente influenzano la crescita cerebrale e le sue trasformazioni.

Sfide, lutti e conflitti evolutivi ci mostrano, con la potenza sensoriale, espressiva ed esplosiva della sintomatologia e della sofferenza adolescenziale, principalmente giocate sul corpo, quanto l’ambiente e le relazioni interpersonali, vecchie e nuove (intra e transgenerazionali), incidano sull’evoluzione di una fase di transizione segnata dalla pubertà e dal pubertario.[1]

Lavorare con gli adolescenti ci mostra in vivo quanto esista, e sia necessaria, una continua dialettica, un continuo librarsi tra diverse teorie psicoanalitiche, tra fenomeni intrapsichici e intersoggettivi, intra e transgenerazionali.

L’adolescente, per le sue caratteristiche, impone un cambiamento della tecnica e del setting, che si adeguino al suo modo di comunicare e al suo mondo in continua e multiforme trasformazione.

Quale o quali setting con l’adolescente e con il suo ambiente (genitori, scuola, gruppo, ecc.)?

Molti articoli del libro parlano della necessaria flessibilità dell’analista nella co-costruzione del setting, adattandolo e adattandosi al paziente, anche con l’inserimento di medium inusuali, come disegno, musica e gli spazi virtuali della rete che l’adolescente ci porta, dove si esibisce e ci mostra un immagine inedita di se stesso, spesso così diversa dalla persona che ci appare in seduta.

Giuseppe Pellizzari ci ricorda che “la patologia dell’adolescenza, per sua natura, si colloca molto di più in quell’aria ‘non nevrotica’ che ha imposto nei fatti, assai prima che nella teoria, un’estensione, variazione del concetto di setting, che ha messo in discussione, cioè in ricerca, la psicoanalisi e i suoi fondamenti teorici e tecnici”.

Vorrei a questo punto soffermarmi su come è cambiata la genitorialità oggi e come anche questo imponga una riflessione sui possibili setting, che includano anche i genitori nella cura dell’adolescente. Nel libro si trovano numerosi lavori su questo tema.Daniela Marangoni e Maria Grazia Minenna affermano che “il problema del trattamento della coppia genitoriale e dell’adolescente sta diventando un elemento cardine del trattamento, non solo in ambito istituzionale ma anche privato”. Le autrici introducono il modello elaborato da Kerry Kelly e Jack Novick (2013), dove si propone che sia lo stesso terapeuta a lavorare sia con i genitori che con l’adolescente, in incontri separati e talvolta congiunti, con lo scopo di riavviare nel figlio il normale percorso evolutivo e ripristinare la relazione genitori-figlio, affinché possa costituire per entrambi una risorsa per tutta la vita.

Dei cambiamenti della funzione genitoriale nella società postmoderna,  della specificità  del lavoro con i genitori e del legame tra crisi genitoriale e crisi adolescenziale di oggi, ci parla l’articolo di Simonetta Bonfiglio Senise. Tra i tanti temi della contemporaneità, due, riporta l’autrice, hanno profondamente inciso sulle relazioni tra genitori e figli: l’investimento narcisistico sul figlio, con una mitizzazione dell’infanzia, e la caduta del principio di autorità, con la fine delle differenze tra le generazioni. Il rapporto genitori-figli diviene simmetrico, viene a mancare un limite, che costituisca riparo, segretezza, mentre è alimentata una confusività che può rendere più difficile l’emergere del soggetto: “la difficoltà dei figli a chiudere la porta del loro piacere e dolore coincide con la difficoltà dei genitori di non varcarla”.

Anche i genitori, come gli adolescenti, si trovano a dover elaborare molteplici forme di lutto, che la crescita dei figli e la separazione da loro comportano, con la dolorosa messa in discussione della loro immagine idealizzata e la perdita della centralità nella vita dei figli.

Il prevalere di difese narcisistiche, che negano e  rifuggono il dolore, rende difficile nella società postmoderna quel movimento trasformativo che è l’elaborazione del lutto. Bauman, il filosofo della liquidità che permea la società postmoderna, sottolinea come l’identità liquida si reinventi senza fine:

“ma questo è anche il  modo di non pensare alla peggiore di tutte le paure, la morte. Oltre alla morte stiamo omettendo di pensare a tutti i valori a lungo termine”.

Giuseppe Pelizzari paragona il setting “all’Io di Freud che rappresenta la superficie di contatto del misterioso Es col mondo esterno; istanza che si differenzia quindi, ma che comunque seguita a far parte della comune matrice psicobiologica”.

Continuando con il paragone, vorrei qui sovrapporre l’idea dell’adolescente al concetto di Narcisismo e di Ideale dell’Io, cosi come lo descrive Freud in Introduzione al narcisismo: “stadio intermedio necessario fra l’autoerotismo e l’amore oggettuale propriamente detto” (Freud, 1914) e che condurrà, grazie ad nuova azione psichica, alla formazione dell’Ideale dell’Io, istanza cerniera, scalino all’interno dell’Io che si sviluppa dall’Io per mezzo dello spostamento della libido, in risposta alla richiesta ambientale di rinuncia al narcisismo infantile. Ideale dell’Io come cerniera tra soggetto, oggetto e gruppo, con tutte le implicazioni metapsicologiche che da questo concetto derivano.

Le curatrici del libro ipotizzano che sia in questa dinamica di sofferenza narcisistica, con alterazione dell’equilibrio narcisistico-oggettuale e mancanza di uno spazio per l’elaborazione del dolore, che si colloca la specificità della sofferenza genitoriale adolescenziale.

Genitori e figli rimangono incastrati in dinamiche proiettive, che bloccano il movimento evolutivo e l’accesso all’identità.

La questione dell’incastro relazionale e dello stallo dell’adolescente, ci pone quindi a contatto con il problema, che hanno sollevato i colleghi rispetto a quali caratteristiche personali debba avere il terapeuta dell’adolescente. A mio modo di vedere è fondamentale che, di fronte ai continui terremoti emotivi e sensoriali che l’adolescente ci porta in seduta, dotarci di un’architettura dell’edificio personale che sia una struttura antisismica, frutto della nostra analisi, del nostro Training  e del nostro personale processo di soggettivazione. Una struttura che ci permetta di oscillare e non crollare. Mi piace legare quest’immagine al concetto di architettura del setting, magistralmente espresso da Giuseppe Pellizzari: “potremmo parlare di un’architettura del setting, dove l’edificio, la casa in grado di ospitare ed esprimere la relazione terapeutica, è frutto di un progetto critico e aperto, ma non di un protocollo”.

Nota

[1]  Il pubertario è per la psiche l’equivalente di ciò che è la pubertà per il corpo (Gutton, 1991). Processo di sviluppo psichico specifico dell’adolescenza, è il secondo tempo della psicosessualità umana ma anche il susseguirsi di apres-coup delle origini dell’essere (G. Monniello 2016)


“Adolescenti Oggi”

Specificità e trasformazioni del setting nel lavoro con gli adolescenti

Andrea Mosconi

«Sarei riuscito a trattenere la ragazza se avessi sostenuto una parte? Se avessi esagerato il valore che annettevo al suo ritorno? Se avessi mostrato per lei un caldo interessamento che, malgrado l’attenuazione derivante dalla mia posizione di medico, avrebbe in un certo modo potuto sostituire la tenerezza da lei tanto desiderata? Non so».

(Freud, 1901, 392)

Leggendo questo libro, ci si rende conto e si ricorda l’importanza di due questioni fondamentali nella clinica psicoanalitica: la  diacronia e il setting.

Il rilievo diacronico viene attestato dai continui riferimenti clinici che via via si confrontano con la teoria e la producono, che riportano alle origini della psicoanalisi, ai pionieri che hanno nel tempo ricercato un’architettura del setting. Parlo di architettura, riprendendo le parole di Pellizzari: «Potremmo parlare di un’architettura del setting, dove l’edificio, la casa in grado di ospitare ed esprimere la relazione terapeutica è frutto di un progetto critico e aperto, non di un protocollo (Pellizzari, 2006, 89)». L’edificio di cui ci parla l’autore sottende ad un progetto, un’architettura che richiede un tempo per essere attuata ed è nella mente di colui che ha fantasticato la casa. L’ospitante si dispone verso l’ospite all’interno di uno spazio-tempo che ha dei confini, dove si sviluppa la relazione analitica e, con un po’ di fortuna, si instaurano un transfert e un controtransfert; intendo dire che il teatro presuppone un copione nella mente dell’analista, di cui si farà interprete a suo modo l’analizzando-adolescente, le limitazioni fondative di cui ci parla Pellizzari, che ne sono a mio avviso un cardine imprescindibile. Lo segnala Agostino Racalbuto a proposito del procedere della ricerca teorico-clinica della psicoanalisi, quando sostiene che: «il pensiero psicoanalitico (…) possa spaziare in un ventaglio polisemico di espressioni, a seconda di ciò da cui partire per procedere, di quale comprensione riesce a sviluppare e di cosa intende comunicare. Ferma restando la necessità di contare su delle “invarianti” che si mantengono fedeli allo specifico dell’oggetto psicoanalitico» (Racalbuto, 2003, 49,3).

Setting e diacronia si accompagnano e contribuiscono a determinare ciò che passa nella relazione tra analista e analizzando: quando ci disponiamo «…al servizio dell’ascolto della spontaneità del paziente» (Pellizzari, 2006, 69) non siamo una tabula rasa, ma il risultato di un training, di un’analisi, di supervisioni e dell’esperienza clinica, che contribuiscono a farci essere l’analista che siamo. Il nostro ascolto è accompagnato dalla nostra storia, anche come pazienti, e ne parla Monniello quando invita al lavoro interno dell’analista: «Fondamentale è anche l’apporto del lavoro autoanalitico dello stesso psicoanalista, lavoro in particolare rivolto alle turbolenze rimosse della propria adolescenza» (Monniello, 2016, 29).

Il caso di E., immaginata dall’analista in un castello dove sarà importante trovare una combinazione e il caso di K., dove nel suo sogno si trova dentro un castello (Carnevali, Rosso, 2006, 37, 43), mi hanno fatto pensare all’edificio di cui ci parla Pellizzari, a come un’architettura sia presente nel desiderio, nel primo caso dell’analista e nel secondo della paziente, e a come «Si comprende meglio ciò che si nasconde sotto l’espressione di atemporalità dell’inconscio. Atemporalità dell’inconscio, (…), innanzitutto  rispetto all’indistruttibilità del desiderio» (Green, 2006, 25), possa trovare nello spazio-tempo del transfert una sua significazione.

Pensavo ai pazienti che ci chiedono di giocare a pallone durante la seduta, di adoperarci in attività ludiche che rievocano momenti del loro quotidiano e mi sono chiesto: «Quando chiedono di giocare a persone che rappresentano dei riferimenti per loro (familiari, amici, operatori comunitari, professori a scuola, educatori ecc.), è la stessa cosa…?» Per darmi una risposta riprendo ancora il pensiero di Pellizzari: «La costruzione del setting è parallela al costruirsi di una mente in grado di riflettere su di sé e sull’altro e sulla propria storia a partire dalla relazione con quest’altro, una mente in grado di tollerare la depressione come premessa per una capacità di riconciliazione. E il progetto di un’esperienza in grado di apprendere dall’esperienza stessa» (Pellizzari, 2006, 72).

Nel caso di G. (Carnevali, Maestro, 2021, 91,92,93) il passaggio alla pensabilità è lento e faticoso, richiede strategie difensive e risoluzioni creative nella coppia analitica, dove il controtransfert può diventare l’altro strumento.  Riporta inoltre all’assetto interno dell’analista che diviene uno ‘scudo’ paraeccitatorio e protettivo rispetto all’impossibilità di rievocare, pensare e sentire del paziente (Mangini, 2009, 63); la rabbia sentita dall’analista ha protetto G. e penso possa aver fatto avverare la profezia della collega in seguito all’interruzione della paziente: « “Malignamente” profetizzo dentro di me che ci saremmo rivisti».

Riprendo quanto scritto da Cahn sulle interruzioni imposte dall’adolescente, dove vanno considerate la paura di dipendenza  e il bisogno di verificare nella vita reale quanto ricavato dal lavoro analitico fatto fino al quel momento.

Riporto le parole di Cahn: «Allora potrà lasciare il terapeuta senza distruggerlo, con il sentimento di avere i mezzi interiori per poter riprendere il cammino nella direzione che ha fatto propria. L’esperienza condivisa con l’analista resterà come risorsa alla quale ricorrere in caso di necessità» (Cahn, 2004, 6,7).

Nel progetto architettonico di Pellizzari rientra il lavoro con genitori degli adolescenti che comprende l’area transgenerazionale. Bonfiglio Senise scrive:  «Il modo di essere genitori rimanda all’esperienza di essere stati figli (Bonfiglio Senise, 2021, 123)». Da questo punto di vista è importante considerare il legame che unisce l’adolescente ai suoi genitori, ma anche considerare la richiesta transferale dell’adolescente che spesso rimanda a quella di un genitore, di un fratello maggiore o di una figura di riferimento importante all’interno di un contesto comunitario.

Qualche considerazione sui casi di adozione dove, scrivono Gabrielli e Stella: «Possiamo immaginare, quindi, che anche per i genitori adottivi, come per quelli naturali, possa accadere di dovere depressivamente riconoscere ed accogliere il bambino reale insieme a quello immaginato e fantasticato» (Gabrielli, Stella, 2021, 175). L’adolescente adottato vive una crisi di identità su due versanti, da un lato deve attraversare il processo di soggettivazione di cui largamente si parla nel lavoro degli autori del libro, dall’altro la sua identità è scissa poiché il bambino-adolescente reale ha un’immagine di sé risultante dal tentativo  di ‘risarcimento’ primario dei genitori adottivi e, nella pubertà, emerge un’area traumatico abbandonica originaria che fatica a trovare una significazione, un’area melanconica che deve fare i conti con l’assenza dell’oggetto primario; questo in modo diverso a seconda dei paesi di origine.

Con bambini e adolescenti adottati tendo ad essere cauto nell’interpretare il transfert materno o paterno, ritengo più utile assumere, almeno per un prima fase, la funzione genitoriale quando si è sollecitati a farlo con l’ausilio della rêverie analitica, evitando verbalizzazioni. Spesso i genitori descrivono una fase transferale a livello familiare che segue il primo periodo di permanenza nella nuova famiglia, nella quale i bambini esprimono a livello inconsapevole sentimenti e vissuti legati all’area primaria o alla relazione con le figure di riferimento che nel corso dell’infanzia si sono occupati di loro nelle strutture dei paesi di origine.

L’interpretazione di transfert viene spesso comunicata a casa dai giovani pazienti e tale sovrapposizione dell’analista con i genitori adottivi crea sentimenti di gelosia e spiacevoli timori di incapacità genitoriale, che è comunque difficile contenere e trattare. Diventa in tal senso molto utile offrire ai genitori, gli strumenti che la psicoanalisi ci mette a disposizione, così che possano sentirsi i principali collaboratori nei progressi dei loro figli.

Andrea Mosconi

Bibliografia

Cahn R. (2004), Il futuro delle psicoterapie di adolescenti e le prevenzioni della psicopatologia dell’adulto, in rivista AeP-Adolescenza e Psicoanalisi, Edizioni Magi.

Carnevali C., Masoni P., Marangoni D. a cura di (2021), Adolescenti Oggi. Multidimensionalità dei fattori terapeutici: clinica psicoanalitica ed estensione a Gruppi e Istituzioni, Alpes.

Freud S. (1901), Frammento di un’analisi di isteria (Caso clinico di Dora), OSF, 4.

Green A. (2006), La diacronia in psicoanalisi, Edizioni Borla.

Mangini E. (2009), Temi del Centro Veneto di Psicoanalisi “Giorgio Sacerdoti”, in Le fonti dello Psichico a partire dal pensiero di Agostino Racalbuto, a cura di Enrico Mangini e Marco La Scala, Edizioni Borla.

Moniello G. (2016), Soggettivazione e principio di realtà in adolescenza, in Rivista di Psicoanalisi 62(4): pp. 861-883.

Pellizzari G. (2006), Il concetto psicoanalitico di Setting, in rivista AeP-Adolescenza e Psicoanalisi, Edizioni Magi.

Racalbuto A. (2003), Editoriale: Continuità e trasformazioni, in Rivista di Psicoanalisi, 49, 3.

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