Ascolto educativo
Interazioni tra psicoanalisi, pedagogia e clinica dell’età evolutiva
A cura di Elisabetta Marchiori e Angelo A. Moroni
(LINEA ed., 2022)
Recensione a cura di Donatella Lisciotto
Un dialogo ben costruito, scorrevole e approfondito è la cifra di “Ascolto Educativo”, un libro in cui Marchiori e Moroni riuniscono voci diverse con l’obiettivo principale di prendersi cura dell’età evolutiva e, al contempo, fornire una disamina attendibile delle risorse, realizzata da operatori che lavorano sul campo.
Conosciamo l’Ascolto Analitico – che soprattutto durante la pandemia si è diffuso attraverso i centri d’ascolto telefonici – ma cosa s’intende esattamente per Ascolto Educativo?
In un’epoca come quella che stiamo attraversando si registra sempre più forte il disagio giovanile (e non soltanto). Disagio che necessita di ascolto da parte degli adulti, degli insegnanti, dei formatori, degli psicologi e psicoanalisti e che muova proprio dalla conoscenza approfondita dell’età evolutiva e del suo mondo, ascolto che gli Autori ben sintetizzano con queste parole:
“la necessità da parte degli adulti di riferimento, di relazionarsi con bambini e adolescenti in modo rispettoso, senza moralismi o velleità salvifiche o declamando sicurezze e verità(…)Si tratta di porsi come presenze concrete, capaci di prendere e valorizzare le qualità dei ragazzi” (pg24)
Riallacciandosi a Kaës, Moroni sottolinea l’importanza di promuovere e non oscurare la creatività del bambino e dell’adolescente, peraltro già attiva prima del contatto con l’istituzione scolastica. In questa direzione invita a riflettere su come la psicoanalisi possa utilmente “entrare” nella istituzione scolastica e dare il proprio (prezioso aggiungo) contributo anche in ambito extra-clinico. L’interessante ripetizione transferale che molti adolescenti agiscono nei confronti degli insegnanti in-vece delle figure genitoriali significative è, per l’appunto, un terreno su cui l’istituzione scolastica dovrebbe essere chiamata a cimentarsi affinchè non diventi accidentato il rapporto tra insegnante e adolescente per la presenza di elementi inconsci, muti ma operanti (pg51).
A questo proposito è di spessore la disamina che affronta la diversità tra “organizzazione” e “istituzione”, e che rimanda a interrogativi verso nuove e più fruibili aperture e in cui si colloca l’originale e versatile concetto di portabilità.
Considerazioni psicoanalitiche, di quella psicoanalisi che osserva il sociale, e lo comprende nel profondo grazie agli strumenti di ascolto e interpretazione, da cui la società non può prescindere per pianificare un benessere psichico che nasca dalla comprensione dei significati delle cose, belle o brutte che siano.
In questa direzione, come ribadiscono gli Autori, anche soluzioni come lo Sportello d’Ascolto (S.A.P) e la didattica a distanza (DAD), possono diventare ambiti strumenti se supportati dalla conoscenza delle complesse dinamiche intrapsichiche che si intrecciano con quelle istituzionali altrettanto complesse. Nella comprensione di questa controdanza la psicoanalisi può dare un apporto fondamentale nella misura in cui contributi come quelli riportati nel libro, hanno il pregio di allineare la psicoanalisi alle altre discipline e finalmente sottrarle quell’aurea di “superiorità” che l’ha spesso resa irraggiungibile e astratta, a volte super-egoica e presuntuosa, mentre al contrario, come dimostrano gli Autori, l’approccio psicoanalitico è un partner irrinunciabile se si vuole avanzare verso sostanziali cambiamenti anche appannaggio della società, anzi a cominciare proprio da questi. A tutt’oggi tuttavia non manca tra la schiera degli analisti, chi storce il naso di fronte alla parola educativo che suona come un contradditorio a tutto ciò che s’intende per psicoanalitico.
Piuttosto, come dice Marchiori, esiste un “evidente mancanza di ascolto dei giovani(…)l’incapacità di ascoltare sussiste anche tra studiosi, ricercatori e clinici, e le istituzioni.”. Si riferisce alla mole dei dati di proposte sulla prevenzione e su progetti atti a realizzarla che vengono ignorati dalle istituzioni, e che proprio un’adolescente (Greta Thumberg) ne ha denunziato l’ambiguità e l’assenteismo col suo “how dare you” (come osate).
Marchiori, facendo riferimento a svariate ricerche scientifiche, si sofferma su un interessante quanto puntuale excursus delle conseguenze che sia la pandemia sia il lockdown hanno comportato nella popolazione giovanile.
Mentre gli adolescenti hanno dimostrato inizialmente di aver vissuto il periodo del lockdown “come una prova di eroismo, dimostrando la capacità di mantenere comportamenti responsabili e altruistici”(pg163), i bambini da 0 a 6 anni hanno manifestato “irritabilità, agitazione, deficit di attenzione, comportamenti di adesività e di attaccamento eccessivo”(pg158)
Ma sia i bambini sia i ragazzi hanno patito importanti sfilacciamenti d’umore fino alla depressione ansiosa.
Gli Autori si soffermano poi su talune condizioni che hanno introdotto ulteriori criticità. Ad esempio l’aumento del tempo trascorso con i dispositivi elettronici ha sviluppato maggiore irritabilità e disturbi del sonno sia nel bambino sia nell’adolescente.
La popolazione meno abbiente ha patito la condivisione degli spazi, (già limitati) con la famiglia (spesso numerosa) e vissuto in questa condizione tempi troppo lunghi che hanno provocato episodi di violenza domestica; anche la difficoltà in alcune famiglie di disporre dei dispositivi idonei ha impedito a molti studenti di seguire le lezioni in DAD provocando altro disagio e discriminazione.
A fronte di queste problematiche cruciali, tutti gli Autori insistono sull’importanza che la psicologia e la psicoanalisi, attraverso l’ascolto educativo, vadano incontro alle nuove generazioni, concetto metaforicamente centrato dalla citazione di Ravaioli – Se Maometto non va alla montagna e la montagna che va da Maometto -.
Mettersi in assetto d’ascolto crea una mentalità collettiva.
Quella che apprezziamo, per esempio, nei contesti sportivi o in tutte quelle situazioni gruppali poiché come dicono gli Autori:
“Un qualsiasi gruppo può avere una funzione di contenimento materna e di proiezione dei suoi membri, ma anche la capacità di far emergere meccanismo di difesa primitivi”(pg215)
Proprio mentre scrivo, attraverso whatsapp mi raggiunge un video realizzato dal Coro degli studenti del Liceo Statale “Francesco Maurolico”, uno dei licei della mia città. Cantano la canzone della colonna sonora del film “Centopassi” (2000) di Marco Tullio Giordana. Com’è noto il film racconta la storia di Peppino Impastato ucciso a Cinisi in Sicilia, dalla mafia. Cento passi sono quelli che separano la sua casa da quella del mafioso Tano Badalamenti, “Centopassi” è la canzone – divenuta un inno – dei giovani siciliani (e non solo) che, sviluppando una mentalità collettiva, hanno trovato, in gruppo e attorno a chi ha saputo ascoltare i loro bisogni di legalità e autonomia da un sistema corrotto, la forza di gridare quel “how dare you” che rappresenta il messaggio che la nuova generazione lancia a gran voce in attesa, appunto, di ascolto.
Come incredibilmente e apparentemente inspiegabilmente affiorano i pensieri associativi, penso che il Coro del Maurolico e l’Ascolto Educativo abbiano qualcosa in comune.
Entrambi sono l’espressione di quando sia maometto ad andare alla montagna.
L’Ascolto attiva l’unione, la gruppalità, la condivisione, la solidarietà, e soprattutto il pensiero. Questo può dar forma, può dar corpo, alla Possibilità: quella che Impastato ha trasmesso ai giovani dai microfoni di Radio Aut nei lontani anni ’70.
Bisogna tuttavia non fare confusione e spacciare “pseudo- possibilità” per possibilità.
A questo proposito mi sento molto vicina alla posizione di Lisa Marchiori relativamente al bonus psicologo
“Tale misura è un blando segnale di comprensione rispetto a una priorità che continua a non essere riconosciuta seriamente dalle istituzioni”(pg170)
Mi associo alle parole della collega che riporto integralmente poiché chi è davvero in ascolto, chi è davvero in contatto con i bisogni dell’individuo e la sua sofferenza, sia che si trovi dietro un lettino o in uno sportello d’ascolto, dovrebbe, come la giovane Greta, dire a gran voce:
“L’impressione è che queste questioni continuino ad essere affrontate in ottica emergenziale e che le forze siano tutte impegnate a ridurre al minimo il cambiamento, offrendo soluzioni provvisorie, raffazzonate, fallimentari. I giovani sono lasciati in una sorta di limbo, alla mercè della confusione alimentata da illusioni e false speranze, in una situazione stressante e caotica, che li sta portando verso la rassegnazione”(pg171)
Il peso di questo volume collettaneo sembra dunque quello di consegnarci una consapevolezza e una criticità che possa sviluppare attraverso la conoscenza e la volontà, e col contributo di tutti, svolte creative e anche coraggiose.