“ANCORA IL SOGNO, SOGNARE ANCORA Note psicoanalitiche su sogno e gruppo”
A cura di Patrizia Cupelloni
(Franco Angeli, ed. 2022)
Recensione di Cinzia Carnevali
Caldeggio la lettura del libro “ Ancora il sogno, sognare ancora” curato da Patrizia Cupelloni caratterizzato da profondità e leggerezza. Mi ha fatto sentire desiderosa di scrivere una breve recensione per stimolare e trasmettere la significativa ricerca e il cammino percorso dagli autori :Simonetta Bassi, Anna Marcella Cara, Paola Cecchetti, Patrizia Cupelloni, Fabiana Fossati, Guelfo Margherita, Alexandre Potouillar. Maria Teresa Pucci, Lucio Russo, Loredana Vecchi.
Nel leggere questo libro il lettore può cogliere la profondità dell’inconscio, una pluralità di spazi psichici, del sogno e dell’illusione, degli intrecci tra il fantasma e il Sé in quanto, come scrive Patrizia Cupelloni nell’introduzione : “ studiare e sognare il sogno in psicoanalisi, la sua origine e la sua funzione è il cardine del nostro lavoro di ricerca. Abbiamo posto questo argomento in un contesto di ascolto di sogni di altri (pazienti) assenti, delle particolari relazioni che si creano tra i pensieri, le parole e il funzionamento psichico del gruppo e della psiche onirica. Esperienze in statu nascenti”.
L’inconscio, la sua esistenza, mistero e meraviglia nella sua profondità è costretto dal sogno a essere raffigurato. Il libro consente un tuffo nell’infanzia a contatto con gli oggetti amati e perduti di cui fare costantemente la scoperta e la perdita, riconoscerne l’assenza e la contemporanea presenza dentro di noi e nella sua profondità mai esauribile. In questo libro infatti si riferisce di una singolare esperienza psicoanalitica in gruppo sul sogno, esperienza psichica per eccellenza che consente di raffigurare e comprendere le diverse fisionomie della psiche.
Il sogno “via regia dell’inconscio”, esperienza soggettiva, nel libro torna ad avere un senso collettivo come scritto da Freud (1899,1925 ). Ogni psicoanalista, membro del gruppo, si mette in gioco portando un sogno scritto scelto fra i sogni portati da pazienti che hanno già terminato il percorso analitico; dalla condivisione dei testi prenderà vita l’esperienza del sogno portato, scritto e narrato, trattenuto, dicente e tacente. Di volta in volta nello spazio del gruppo, ognuno a turno legge un sogno.
Il sogno non è l’oggetto ma qualcosa dell’oggetto trapela. Secondo Pontalis (2000), il sogno è oggetto intimamente imparentato con l’oggetto della nostalgia, il corpo materno. Paola Cecchetti specifica nel presentare il sogno come se raccontasse un suo sogno, o forse l’ombra non facilmente visibile dell’analista stesso : “ non si tratta di presentare il caso, ma quanto della sognatrice è stato rappresentato dalle associazioni del gruppo e gli snodi fondamentali per la comprensione”. Il sogno risognato nel setting collettivo diviene l’espressione dei pensieri di ogni partecipante al gruppo di ricerca. Bisogna anche fare una premessa, che la formazione psicoanalitica freudiana degli autori incontra altre formazioni e modelli, tra i quali lo psicodramma analitico, di ispirazione lacaniana, la psicoanalisi bioniana di gruppo di cui Guelfo Margherita e altri accennano riprendendo il concetto della capacità negativa per reggere lo sgomento e la meraviglia di trasformazioni e ristrutturazioni nuove.
Lucio Russo nel capitolo “il sogno del gruppo e il suo ombelico” scrive che i sogni dimenticati, sogni assenti, consentono la formazione e manifestazione del sogno del gruppo. Nell’anima del gruppo il sogno diventa un messaggio divino, un gioco magico. Quando i pensieri onirici si aggrovigliano viene toccato un punto oscuro chiamato da Freud (1899) “ombelico del sogno” che descrive un punto profondo e inaccessibile dell’apparato psichico che possiamo metaforicamente rappresentare come “ ombelico della psiche”.
Come scrive Semi (2019) nel sogno “il giudizio – funzione psichica di base per l’esame di realtà (Freud, 1925) – non è limitato alla distinzione “dentro/fuori” o “percezione/rappresentazione” ma implica una costante e non sempre semplice qualificazione: il tale contenuto psichico cosciente è una percezione, l’altro è un ricordo, il terzo una fantasia e così via”.
Il complesso lavoro psichico da cui scaturisce il sogno consiste infatti di due fasi successive: la produzione dei pensieri inconsci e la loro trasformazione nel contenuto manifesto del sogno. Solo questa seconda operazione, in quanto specifica dei sogni, è stata da Freud considerata come il vero e proprio lavoro onirico e descritta mettendone in luce le modalità impiegate per eludere la censura (condensazione, spostamento, raffigurazione simbolica, elaborazione secondaria). Ed è questo che le associazioni libere in gruppo sui sogni condivisi consentono di ampliare la metapsicologia freudiana.
Ritengo, riferendomi anche agli scritti di Pontalis (1977), che la produzione scritta di uno psicoanalista si situa in quello spazio psichico tra due, tra coloro che alimentano il suo pensiero (i pazienti, i colleghi) e ciò che può emanare dal fondo di sé stesso, tra l’associazione libera impellente e le strutture mentali di cui siamo tutti eredi, tra la teoria e il fantasma, tra il sapere e il non sapere.
E’ nello spazio tra assenza e presenza, tra temporalità e atemporariltà, tra sogno narrato e sogno “impensato”, tra il visibile e l’invisibile che si amplia la possibilità di conoscenza di livelli psichici non “ancorati” alla possibilità della rappresentazione. Da qui il termine “ancora” riferito al tempo ma anche al sogno che fa da ormeggio, un punto fermo, un’“àncora” che fa presa sul fondo.
L’esperienza del sognare è esperienza di sé e dell’Altro da sé, rievoca depositi dell’inconscio non rimosso, espressione di sensazioni non traducibili che coinvolgono il corpo, nella convinzione che in alcune situazioni cliniche sia assai più importante rimanere in uno assetto di accoglimento, contenimento, condivisione anche corporea e “rêverie” (Bion 1962), come pre-condizione perché nel tempo paziente e analista ma anche psicoanalisti in gruppo possano divenire più in grado di tollerare interventi interpretativi transferali. “La rêverie dell’analista promuove uno stato onirico che rende porosi i confini del Sé e permette di rispecchiarsi nell’altro da Sé. Questo processo, che da una parte è una difesa per negare la separazione, dall’altra arricchisce la relazione e fa crescere le soggettività dei partecipanti, l’esperienza e il percorso analitico” ( Carnevali 2021).
Conferendo al canale comunicativo a-simbolico pari dignità rispetto a quello simbolico, si consente di far transitare i messaggi inconsci dalla modalità a-simbolica a quella simbolica della mente, in modo che gli affetti attraverso il corpo possano comunicare gli stati del Sé nel rapporto con il non Sé, avviando un nuovo processo vitalizzante. Si può pensare l’inconscio come a un’organizzazione in continua formazione, un sistema di codificazioni multiple in un processo aperto a ricombinazioni, riattualizzazioni, narrazioni e trasformazioni, secondo i passaggi evolutivi dell’Io e nel contesto del campo analitico gruppale.
Penso alla formazione dei pensieri inconsci mediante un processo dal quale derivano, come lo stesso Freud aveva ipotizzato, anche i pensieri coscienti.
Non bisogna dimenticare che Bion ha usato inizialmente il termine lavoro-del-sogno-alfa, ridefinito in seguito funzione alfa (1962, 1992). Si tratta di un lavoro onirico basilare e necessario per la vita psichica: lavoro che, a differenza di quello che porta alla formazione del sogno, si svolge di continuo, non solo quando dormiamo ma anche quando siamo svegli. È un processo paragonabile alla digestione in quanto questa funzione trasforma le impressioni emotivo-sensoriali in immagini idonee alla costruzione dei pensieri sia consci che inconsci ( Bezoari, Ferro 1994). Nel libro vengono messe in luce due funzioni del sogno : una è impedire al sonno di essere disturbato e l’altra funzione sarebbe espressione di un fatto creativo non accessibile alla normale articolazione mentale, che cerca di integrare parti inconsce dell’attività mentale con quelle coscienti.
Il gruppo “fattosi paziente”-scrive Anna Marcella Cara- espande lo spazio psichico comune e condiviso, un plurale singolare che trova condensazione”. Il gruppo è formato da psicoanalisti di diversi orientamenti analitici che hanno scritto della loro partecipazione all’esperienza di portare nel gruppo sogni di alcuni pazienti ma non per analizzare i pazienti ma per dare ascolto a loro stessi attraverso questi sogni scritti e raccontati. Il gruppo, come insegna il lavoro onirico, anzi grazie alla trasformazione del lavoro onirico di un pensiero “drammatizzato”, procede fotografando l’elemento comune, un’immagine, una formazione mista dell’inconscio, un “oggetto combinato” dove fantasma e fantasia si incontrano, come stagioni dell’inconscio nella loro confortante ciclicità. Nostalgia non solo per ciò che ci lascia o che lasciamo. La perdita potrebbe non essere definitiva. Anche quando la perdita e la separazione possono sembrare definitive c’è sempre un “tra” la presenza e l’assenza, tra prima e dopo, come una persona che perdiamo e nella sua assenza accompagniamo a lungo nel pensiero. Ci sono esperienze che ritornano in modo nuovo come stagioni nei loro caratteri rappresentativi, tracciando un percorso saporito di sensazioni corporee, profumi, sapori, emozioni e parole. Parole che da intraducibili divengono traducibili, che ci fanno capire il valore simbolico di un nutrimento culturale, uno sguardo tra letteratura arte e psicoanalisi.
Alcune parole possono essere sostituite da altre parole, alcune vedono la possibilità di essere tradotte solo da un’espressione, altre da una frase: note psicologiche tra sogno e gruppo e questo ha richiesto la lunghezza di un libro per coglierne il significato. Il gruppo è un gruppo di formazione. In questa esperienza si è generata una veglia potenziata dal sogno, una ragione sognante attraverso uno specifico metodo di lavoro che ha escluso le libere associazioni dei sognatori e le interpretazioni. Si è costituito nel gruppo un sistema emotivo/affettivo di intensa partecipazione e di sospensione delle censure e della “ragion logica”.
Un’esperienza molto originale, in parte trasgressiva, come forse l’attività del sognare lo è per il soggetto. Il lavoro con la lettura di testi onirici di pazienti anonimi e assenti ha favorito un approfondimento dell’esperienza del sognare.
Cupelloni scrive che : “la psiche gruppale ha sperimentato con questa tecnica l’elasticità di cui parla Ferenczi (1928) in quanto viene sottolineato che la mobilità della mente soggettiva in gruppo può mettersi in gioco con sensibilità e immaginazione”. Nel gruppo si sperimenta la formazione analitica e si ricerca il proprio sé gruppale.
Nella mia esperienza del laboratorio di Psicoanalisi in/di gruppo e Manutenzione della Mente dell’analista, insieme ai componenti del gruppo, in modo sintonico, ho sottolineato la funzione del gruppo nel tenere viva la capacità intuitiva-immaginativa della mente dell’analista. Per questo ritengo sia molto interessante studiare le diverse tecniche e i modelli che applicano la psicoanalisi nelle sue varie forme, entrando in contatto con gli aspetti inconsci della psiche, di cui l’attività onirica è l’espressione più profonda.
Si sono generate forme di pensiero creativo che hanno ridotto nel gruppo la barriera tra veglia e sogno, tra i sogni dei singoli sognatori e il sogno del gruppo, e nella loro complessità è avvenuta una ibridazione feconda. Una complessità dalla quale sono nati nuovi simboli, parole inusuali, fenomeni sconosciuti che hanno consentito, al e nel gruppo, esperienze visionarie, immaginifiche, dell’arcaico dimenticato.
Durante la stesura della recensione ho potuto sognare e vengo a proporvi il mio sogno che considero un’apertura della psiche all’inconscio : “Ero insieme a dei colleghi, uno di loro mi si avvicina, mi commuovo e piango, piango il dolore della separazione imminente e lui mi consola, ci ritroviamo al ristorante a parlare di prodotti naturali e della differenza tra una costruzione artistica “pesante” ed una più naturale, quella artistica la si può riconoscere dalla leggerezza”.
Penso a quanti incontri con colleghi psicoanalisti e con psicoanalisti, oppure psicoterapeuti di altre scuole a orientamento psicoanalitico, possono metterci a rischio di pesantezza, di incomunicabilità e rivalità, non comprendendo che apertura, flessibilità e disponibilità alla perdita, a cedere un pezzettino di nostre convinzioni è necessario per un possibile autentico scambio evolutivo e di ricerca. Si potrebbe pensare anche all’obiettivo di realizzare insieme una “trasformazione in sogno” (Ferro 2009) dei fatti della seduta in gruppo. Diversi fatti sono scaturiti dalla lettura dei testi dei sogni, offrendo al pensiero associativo del gruppo spunti inediti per esplorare nuove aperture di senso.
Concludo con una riflessione sul transfert verso il testo scritto del libro, mettendomi in relazione con gli Autori che hanno reso possibile il dialogo con i nostri oggetti interni, relazionandoci con essi intensamente e creativamente ma senza farli diventare invasivi rispetto al nostro sé, amandoli pur rispettando la loro alterità, cercando di “rimanere in ciò che è oscuro, sognare, se possibile, in quel buio traversato da brevi schiarite per tentare di avvicinarsi il più possibile a ciò che mi è radicalmente estraneo, a ciò che l’altro sente come estraneo a se stesso, ma a cui non può sfuggire.” (Pontalis 2001).
Bibliografia
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Bezoari M., Ferro A. (1994). Il posto del sogno all’interno di una teoria del campo analitico. Riv.Psicoanal., 40, 251-272.
Bion W.R. (1962). Apprendere dall’esperienza. Roma, Armando, 1972.
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Ferenczi S. 1928 L’elasticità della tecnica psicoanalitica in Fondamenti di Psicoanalisi, vol. 3, Guaraldi Roma-Firenze 1974
Ferro A. (2009). Trasformazioni in sogno e personaggi del campo psicoanalitico. Riv.Psicoanal., 55, 395-420.
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Pontalis J. B. 2000 Tra il sogno oggetto- e il testo-sogno, in Tra il sogno e il dolore Borla Roma 2000
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Semi A.A. Sogno. Un’ introduzione freudiana Spiweb 2019