La Ricerca

“Alle origini femminili della sessualità” di J. André. Recensione di S. Lombardi

9/04/24
Alle origini femminili della sessualità di J. André. Recensione di S. Lombardi

Parole chiave: Freud, Sessualità, Femminile, André, Laplanche

Alle origini femminili della sessualità di J. André

Recensione di S. Lombardi

E’ opportuno soffermarsi, a mio avviso, sull’esigenza di rilettura di questo classico della psicoanalisi. Esso si colloca nella dimensione originaria del modello freudiano: ovvero, in quella dimensione costitutiva, generatrice, che attiva la nostra stessa propensione a pensare[1]. Ed è reso attuale dal problema globale dell’alterità, al cuore del quale troviamo il tema del femminile, nelle sue molteplici declinazioni di espressione e con il suo inesorabile residuo negativo. Classico di epistemologia psicoanalitica, propone il quesito metapsicologico di iscrizione nello psicosoma infantile, del maschio e della femmina, di un altro sesso, che è sempre quello femminile. Al contrario, la concezione freudiana di un monismo fallico, prevede un unico sesso, senza un’alternativa che non sia l’assenza del medesimo.

La nostra ipotesi tende così a condurci dalle origini della sessualità femminile verso la femminilità delle origini della psicosessualità (p. 148).

 Jaques André la svolge articolando le prime esperienze passive di ogni bambino con la posizione femminile: la passività originaria del bambino, che sia maschio o femmina, lo dispone all’esperienza enigmatica dell’effrazione seduttrice originaria dell’altro (dell’adulto). La genesi della psicosessualità è la genesi dell’inconscio, al centro del quale vi è un interno femminile.

L’opera, pubblicata nel 1995, s’inscrive con evidenza in J. Laplanche anche nella costruzione discorsiva: dai fondamenti a nuovi fondamenti; e nella forma parlata[2]. L’argomentare, che ci sembra di ascoltare, più che leggere, si fa affabulatorio nel ricorso alle immagini della pittura, che illustrano e scandiscono un percorso tutto teorico.

André si dissocia subito dalla convinzione freudiana della non esistenza di una sessualità femminile infantile. Il dibattito tra Freud, sostenuto da alcune allieve del gruppo viennese, da una parte, E. Jones e M. Klein, a Londra, dall’altra, lo vede dalla parte del gruppo di pensiero londinese. Ma sua opinione è che l’insanabilità del conflitto sia rimasta tale perché mancante di una spiegazione psicogenetica della femminilità.

Non conflittuale, ma dubitativo, era stato il confronto di K. Abraham con Freud. La recente traduzione italiana del loro carteggio completo[3] ci offre la possibilità di una lettura diretta delle quattro lettere del dicembre 1924, da André riportate. Abraham proponeva la rimozione dell’erogenicità precoce della vagina e, nella pubertà, un reinvestimento piuttosto che una scoperta; Freud ne ribadiva l’ignoranza, ammettendo solo la possibilità di sensazioni cloacali (per suggerimento di Lou Andreas Salomé), in una zona in cui ano e vagina per contiguità si confondono nella percezione. Una zona oscura. Ma, per André, oscurità non è ignoranza.

Egli riconosce a Freud un pensiero sul genitale femminile a lungo ondivago e contraddittorio: dalla ricca clinica si evince che la vagina è di volta in volta ignorata, derivata dalla cloaca, intuita nell’oscurità, precocemente destata (p. 53). Fino alla svolta degli anni ‘20: decisiva non solo per la formulazione di una seconda teoria pulsionale, ma anche per la presentazione completa e separata della teoria del primato del fallo. A questa teoria, la clinica, divenendo piuttosto scarsa, sarà d’ora in poi sottomessa: la vagina, anche nella clinica, dovrà essere necessariamente ignorata. E’ illuminante la trattazione del fantasma tipico di passività masochistica nel testo del 1919, Un bambino viene picchiato, e nell’ articolo del 1925 Alcune conseguenze delle differenze anatomiche fra i sessi.

L’operazione si svolge in due tempi, commenta André: 1919, 1925, la distanza di un après-coup (p. 81). Il fantasma del 1925 è fallico: considerevolmente impoverito, non è che una figura del fallicismo, anche della bambina. Il fantasma del 1919 era femminile, “… incestuoso, allo stesso tempo isterico e masochista (p. 83). Che il suo autore sia un maschio o una femmina, entrambi desiderano essere l’oggetto dell’amore penetrante del padre.

E’ importante il riverbero sulla genesi delle perversioni dei due diversi modelli teorici: la fallicità sta al feticismo tanto quanto la passività al masochismo. Poiché la passività pulsionale è il correlato della femminilità precoce, Freud non può terminarvi la sua esplorazione.

Una necessaria quanto audace associazione è con l’analisi dell’Uomo dei lupi: forse, suppone J. André, uno dei sei casi clinici della statistica cui Freud fa riferimento nello scritto del 1919. A quale fine la si ritiene necessaria? Innanzitutto alla creazione di un nesso fra rappresentazione fantasmatica del bambino picchiato e scena primaria: il fantasma tipico troverebbe la sua ragion d’essere nella vicinanza all’originario.

A sostegno della sua intuizione, pone lo studio del dipinto di H. Delacroix Morte di Sardanapalo. Per la commistione raffiguratavi di violenza e piacere, lo intitola La piccola morte di Sardanapalo: … E’ un’orgia funebre, … una versione babilonese della scena primaria (p. 87). L’analisi del testo figurativo avviene nel confronto della costruzione complessiva finale con i numerosi bozzetti preparatori. Il quadro gli appare caotico nella sovrapposizione dei piani di prospettiva, nei colori, nella gestualità dei soggetti protagonisti evidentemente maschili e fallici. Il cultore dell’arte … con occhio critico ed esercitato, mette sottosopra la raffigurazione, individuando dei punti di ancoraggio nelle splendide figure femminili e passive: gli studi preparatori gli danno conferma dell’attenzione che il pittore vi aveva realmente dedicato. L’analista … ne deduce il privilegio riconosciuto alla femminilità di essere un anello (nell’ordine congiunto della vita sessuale e dell’elaborazione psichica) tra il caos primario confondente godimento e annichilimento, e la messa in scena differenziata degli amori edipici (p. 101).

Nel frattempo, il procedere del lavoro di rilettura del caso dell’Uomo dei lupi, ha dimostrato come questi sia riuscito a padroneggiare meglio l’angoscia di castrazione che non l’angoscia sospesa, più arcaica, derivante dall’eccesso pulsionale sottratto allo scopo femminile.

Ma qual è la psicogenesi di questo eccesso? e perché dev’essere rimosso con forza?

La risposta, pur attingendo al pensiero di J. Laplanche, circa l’impossibilità di una totale appropriazione del messaggio enigmatico, si trova in un complesso approfondimento personale.

Tanto per cominciare, André sottolinea con i suoi argomenti quello che da parte di Freud fu non un abbandono, bensì una rimozione della teoria della seduzione. Ricordandone la lettera 120 del 1897 all’amico Fliess, mostra che la perversione del padre seduttore induce l’isterizzazione/femminilizzazione del figlio. E’possibile, pertanto, che l’abbandono/rimozione della teoria della seduzione e il rifiuto della femminilità siano connessi fra di loro (p.121).

Riconoscendo, invece, al neonato l’esperienza generalizzata e precoce di seduzione ad opera dell’adulto che se ne prende amorevolmente cura nutrendolo e controllandone le funzioni anali ed urogenitali, J. André può affermare che la posizione femminile coincide con l’arcaico: il bambino sedotto è un bambino cavità, un bambino orifiziale (p. 125).

Conosciamo la persuasiva intuizione di Laplanche circa l’impianto erotico e, quindi, erogeno dell’inconscio sessuale dell’adulto nelle zone di accudimento. Queste zone sono di per sé eccitabili. Ma … la vagina, non visibile, non manipolabile e neppure nominata, come può sviluppare la sua potenziale erogenicità?

André si rivolge al contributo teorico di Winnicott e di M. Klein.

A Winnicott riconosce di aver reso comprensibile come i processi paradossali facciano sì che per la psiche non esista che ciò che viene creato per essa/da essa (p.133). A M. Klein la compresenza-equivalenza di oralità e sessualità nella costituzione precoce dell’Edipo.

Si può, quindi, immaginare come l’impianto del significante sia sicuramente dovuto all’inconscio del padre: uno sguardo complice ed amorevole, una carezza, un toccamento di parti del corpo che non hanno necessariamente una funzione autoconservativa. Ma la madre non è da meno. Portando il pensiero di M. Klein nel territorio, da lei non praticato, dell’effrazione seduttiva, la madre, che spinge il capezzolo nella bocca del suo bambino, vi intromette anche quel qualcosa, il pene, che per lei rappresenta il padre.

Il fantasma traccia la sua impronta corporea: la suzione del seno diventa una fellatio. Pare che, su questo, anche Freud, in una comunicazione personale a E. Jones, si dichiarasse d’accordo.

Può sorprendere che la vagina, oggetto misterioso della psicoanalisi, nel procedere dell’indagine, quasi un thriller, abbia perso l’importanza che le era stata inizialmente accreditata. André dice: bisogna sottolinearlo con forza: la tesi di una “conoscenza” equivalente e simmetrica della vagina per la ragazza e del pene per il maschietto ci sembra insostenibile (p. 132). Troppo diverso, troppo interno, ne è il posizionamento nello psicosoma: l’erogenicità vaginale, di derivazione cloacale, viene acquisita (forse!) solo progressivamente.

L’ Autore può così concentrarsi sulla definizione, non semplice, della passività, che accomuna, l’abbiamo detto, femminilità e seduzione: nonché sui   suoi rapporti con il masochismo ed il narcisismo. Egli precisa che, se è un dato quasi empirico, che il neonato subisca l’impatto con il mondo adulto, “…la passività come scopo pulsionale, “segue” alla passività dell’io dinanzi all’attacco pulsionale (p.138),” “…Legata alla femminilità (della donna o dell’uomo) si situa interamente dal lato di uno stesso soggetto, anche quando è messa in scena nella vita sessuale con un partner (p.135).”

La passività pulsionale è, a suo avviso, necessariamente associata al godimento: pena la svalutazione o il viraggio verso un’attività compensatoria. Tale sarebbe il godimento masochistico nell’effrazione, letteralmente la penetrazione violenta: è in questa fantasia che scorre il sangue, non nella castrazione! Ma vi è, nel dolore, un’eccitazione che non dipende solo dal comportamento intromissivo dell’altro quanto piuttosto dal contatto con il suo inconscio.

D’altra parte, con D. Anzieu, nessuna violazione della carne sarebbe sopportabile se non si possedesse il sentimento dell’esistenza di sé in un corpo unico e compiuto: se vi sono degli orifizi, questi sono brecce nell’involucro narcisistico di un Io-pelle.

Questo lavoro, come già detto, tutto teorico, si concede, alla fine, un po’ alla clinica, esplorando il legame inconscio fra l’anoressia/bulimia e la sessualità femminile. Ed infine, alla casistica personale di J. André con due brevi tranches di inizio analisi, esemplari della passivizzazione implicita al dispositivo analitico.

J. André (1995), Aux origines féminines de la sexualité, Presses Universitaires de France, Paris

Traduzione di M. Balsamo

(1996) Alle origini femminili della sessualità, Roma, Borla


[1] M. Balsamo (1996) in J. André, (1995) Alle origini femminili della sessualità, Roma, Borla, p. 6

[2] C. Traversa, M.L. Algini (1989) in J. Laplanche, (1987) Nuovi fondamenti per la psicoanalisi, Roma, Borla, p.5

[3] S. Freud, K. Abraham, Lettere 1907-1925. Edizione integrale, a cura di M. Bottone, R. Galiani e F. Napolitano, Roma, Alpes, 2024 pp.544-560

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

Problematiche VII. Il fuorviamento biologizzante della sessualità in Freud, J. Laplanche. Recensione di S. Lombardi

Leggi tutto

J. LAPLANCHE – D. Scarfone intervistato da D. D’Alessandro

Leggi tutto