La Cura

VII Convegno Nazionale B/A “Un difficile inizio” Firenze, 25-26/11/2023. Commento di P. Ferri e G. Gentile

24/01/24
Disabilità/1. Umberto Piersanti, poeta, intervistato da D. D’Alessandro

Parole chiave: Maternità, Infant observation,Psicoanalisi Infantile, Psicoanalisi dell’adolescenza

Paola Ferri

Gabriella Gentile

Report  del VII Convegno Nazionale sul lavoro psicoanalitico con bambini e adolescenti

Un difficile inizio. Rischi, Prevenzione e Cura nei Primi Anni di Vita

25-26 novembre 2023

Museo Degli Innocenti

Firenze

Il Presidente della SPI, Sarantis Thanopulos ha introdotto il congresso la mattina di sabato 25 novembre facendo riferimento alla giornata contro la violenza sulle donne, segnalando il vuoto emotivo e valoriale in cui detta violenza si inserisce,  essendosi venuto a creare un vuoto nella comunicazione affettiva tra uomo e donna, che sembra avere molto a che fare con il collasso di tale capacità  anche nella relazione affettiva con i bambini, ulteriori soggetti deboli nella società. Con il femminicidio la società si autodistrugge, e in un mondo distrutto non c’è spazio per i bambini.

Elena Molinari, Segretaria Scientifica della SPI, ha ricordato, citando Hannah Arendt, che l’uomo non è nato per morire ma per cominciare, per attivare qualcosa di nuovo, che non può essere conquistato se non con l’aiuto dell’Altro, insieme a lui. Noi non  siamo gettati nel mondo, ma siamo ‘partoriti’, posti da subito in relazione con l’altro. La possibilità di relazione e la continua rinascita sono l’unico antidoto al totalitarismo.

La rêverie è la preoccupazione primaria per l’esistenza di qualcun altro, è la possibilità di prendersene cura e di tracciare con lui il percorso della nostra vita.

Possiamo riferirci a Bion e ai post bioniani, alle esperienze trasformative che vengono da tali insegnamenti, fino ad approdare a una nuova rinascita coincidente con il post analisi, nel momento del distacco e della emancipazione del paziente da noi.

Il convegno ha preso avvio con la lettura dei primi due capitoli de Le avventure di Pinocchio da parte dell’attrice Alessandra Garuglieri, e con il successivo commento di Maria Pappa e Claudia Balottari. Pinocchio è un progetto e una trasformazione, come accade al Giovane Holden, protagonista di un altro famoso romanzo di formazione.

A proposito del taglio del “legno magico”, che rimanda agli inizi della vita, viene fatto riferimento alla ‘cesura’ e all’indicazione bioniana di indagare la cesura, il legame, la sinapsi e il contro transfert, l’umore transitivo intransitivo. Ossia ciò che rende possibili il cambiamento e la trasformazione da legno in bambino.

Jeanne Magagna, già psicoanalista e  responsabile del servizio di psicoterapia del Great Ormond Street Hospital for Children di Londra,  ha parlato della sua lunga esperienza nel campo della Infant Observation e dell’applicazione dell’Infant Observation al lavoro con persone in diversi setting didattici e clinici. A tal proposito ha presentato la pratica di videosservazione del neonato come lavoro preventivo per i genitori, le famiglie, e gli studenti, oltre che come strumento formativo. Si tratta di un metodo valido che, secondo il nostro parere, potrebbe essere esteso all’educazione agli affetti di cui tanto si parla in riferimento alla violenza sulle donne. Sembra un progetto capace di mostrare le dinamiche di una interazione emozionale che può  creare, o meno, legame e relazione affettiva, e che potrebbe essere modulata e riorganizzata in caso di alterazioni gravi nella comunicazione.

Andrebbe anche appreso come diventare genitori, ci dice Magagna, già dai tempi della hight school: non si nasce consapevoli della propria responsabilità verso un bambino, e neppure, pensiamo, verso qualsiasi altro/a.

Renata Nachinovich ci ha mostrato la sua esperienza con i prematuri e l’interazione di questi con le madri e i padri, nell’ambito della neonatologia dell’ospedale san Gerardo di Monza, dove è primaria di Neuropsichiatria Infantile. Esistono degli spazi per la famiglia con il bambino, in cui è prevista anche l’assistenza di un neuropsichiatra infantile o di uno psicologo. Nonostante ciò, i colleghi neonatologi riferiscono come spesso le madri, nei primi giorni, preferiscano andare a casa, e non rimanere 24 ore, come se avessero bisogno di un tempo di distacco, per ritrovare uno spazio personale prima di restare col loro bambino nuovamente in attesa che la situazione volga verso il meglio.  Questo deve farci riflettere sulle conseguenze del trauma costituito da un parto prematuro. E’ importante la presenza dei padri, per condividere le angosce e i sensi di colpa che inevitabilmente seguono la nascita di un bambino vissuto come incompleto, e spesso a rischio di sopravvivenza. I genitori vivono una condizione psicologica simile ai disturbi da stress post traumatico e sono costretti a piangere la perdita del bambino ideale per far fronte a quello reale.

Nel pomeriggio di sabato ci sono stati i panel su temi specifici.

Come nella tradizione del convegno nazionale b-a, il lavoro nei gruppi ha evidenziato l’impegno nella clinica  in ogni ambito della sofferenza umana. Nei vari panel è stata avvicinata  ogni patologia che affligge  il singolo (prematuri, disabilità, situazioni traumatiche estreme) ma anche  la coppia genitoriale, il gruppo familiare, le istituzioni. Il contatto diretto con la clinica e con le difficoltà che l’analista si trova quotidianamente ad affrontare hanno creato un  clima vivace e libero di condivisione e dibattito. Menti che  lavorano e sognano insieme, per astrarre  concetti nuovi e nuove modalità di relazione con il non- conosciuto, contribuendo in modo sostanziale allo sviluppo delle teorie e delle tecniche psicoanalitiche come la storia insegna.

In quello relativo al lavoro nelle istituzioni, a cui noi abbiamo partecipato come relatrici, è emersa la specificità del lavoro istituzionale con bambini spesso difficili, o esposti a situazioni traumatiche.

Ne è derivata la fine del concetto di neutralità nella relazione bambino-adolescente/terapeuta, ma anche la capacità di tenere da parte dell’analista, il senso del limite e della distanza necessari per lavorare, dentro di sé, mantenendo la capacità di restare vivi e di rappresentare un punto di riferimento per i pazienti. Questi ultimi diventano una sorta di figli da non idealizzare e su cui non proiettare i propri desideri, consapevoli che la strada verso la loro seconda nascita avverrà proprio al termine della terapia, quando saranno liberi di andare, da soli, verso il mondo.

La mattinata  del  26 è stata aperta dalla relazione, vincitrice di concorso, dal titolo “ Il gruppo ascolta, sogna, ripara. Maternità e inizi difficili” presentata da Cristina Nanetti e il gruppo Maternità Interiore del CPB.

Il gruppo, operante dal 2007 ha affrontato tutte le tematiche della gravidanza, difficili talvolta già a partire dal desiderio. L’ampia casistica ha permesso la condivisione di storie “naturali” di  maternità, con “tonalità” diverse, visti i diversi contesti culturali e sociali di provenienza, abbracciando tutte le esperienze: fecondazione assistita, adozione , aborto, morte di un figlio, nascita di un figlio disabile. Il metodo prescelto si è ispirato all’infant observation e alla pre-infant observation, includendo l’osservazione della mamme durante la gravidanza. Lo strumento scelto è stato invece il sogno come mezzo privilegiato  di contatto con il mondo interno.

Si è poi svolta in plenaria la tavola rotonda con Chiara Cattelan, Iannotta, Carla Busato Barbaglio e Tancredi, coordinata da Rosamaria di Frenna.

Tutti gli autori hanno portato interessanti casi clinici, ma ci colpisce Chiara Cattelan che ha parlato del lavoro con un bambino molto grave, mostrandoci che le emozioni già contengono il legame, ed occorre definire spazi e oggetti pre tradizionali; il legame sarà di natura pre-oggettuale, e ci troveremo davanti a una pre concezione di bioniana memoria. Di qui, la possibilità di costruire un vero spazio condiviso e la possibilità di pensare ed esistere per il bambino, ma anche per l’analista.

Raffaella Tancredi ha insistito sulla musicalità della voce materna, sul motherese  (modo che ha la mamma di rivolgersi al piccolo) e sul baby talk (linguaggio interattivo tra bambini).

I bambini molto gravi non parlano, ma sono in grado di riconoscere la voce materna, e i neonati possono succhiare al ritmo della voce materna.

Ci riferiamo quindi alla musicalità che sta alla base della possibilità di interagire con un’altra persona, musicalità che crea dei legami di gruppo e quindi un’identità condivisibile, capace di promuovere simultaneità.

Tutto ciò ha a che fare con una capacità innata di andare verso l’altro e di generare anche attraverso la voce, regolarità e possibilità di adattamento.

In questo modo potremmo anche spiegare la ripetitività nei ritmi rap o trap tanto apprezzati dagli adolescenti: danno senso di continuità, contenimento e rassicurazione prevedibile.

Il pianto è la prima forma vocale, che costituisce una forma di richiamo, a cui bisognerebbe rispondere creando una ritmicità armonica. Per Lacan, la voce è il primo oggetto pulsionale.

Carla Busato Barbaglio ha sottolineato la necessità di essere sempre più aperti a tutti gli studi che ci parlano del come nasce la mente nella relazione e nel corpo, ricordandoci l’importanza dello sguardo nella creazione della relazione affettiva, e nel trattamento dei malati.

Lorenzo Iannotta ha fatto riferimento a condizioni in cui i bambini sembrano essere nel “regno del non-esistente” di cui ci ha parlato Bion, quando il seno assente (no-thing) è un “nulla” (nothing), evidenziando  l’importanza del corpo e della sensorialità.

Nel complesso quindi un congresso pieno di scambi interessanti e utili, tesi a sviluppare nuovi modelli teorici e di intervento clinico. Come sempre è la psicoanalisi infantile a fare da apri pista, grazie alla sorprendente creatività che è data dall’incontro con i nostri giovani e giovanissimi pazienti.

Ci scusiamo per avere trattato il contributo di alcuni colleghi maggiormente rispetto ad altri, ma l’attenzione non è sempre uniforme, e la presenza in un panel solo, obbligata.

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