PAUL KLEE, 1920 Wohin (Dove)
Parole chiave:Vertice, Visione, Insieme, Setting Multistrato, Transfert Sincronico, Interpretazione Agita
Abstract: Le riflessioni riguardano tre differenti punti di vista: 1) tra analisti nel riconoscere l’esistenza di un’analisi di gruppo; 2) l’inversione di vertice da un cosciente vigile che classicamente cerca il suo inconscio dentro di se verso un’inconscio protomentale collettivo che costruisce una coscienza ed un’identità gruppale per esprimersi come comunicazione; 3) la trasformazione, perché ciò avvenga, dello strumentario del vertice psicoanalitico classico in quello caotico ed onirico del “Setting Multistrato”, del “Transfert Sincronico” e della “Interpretazione Agita.”
Tre riflessioni di punti di vista sulla cura psicoanalitica di gruppo
A cura di Guelfo Margherita
La psicoanalisi è una terapia individuale o può esservi una psicoanalisi che si propone di curare un gruppo?
Che vuol dire poi curare un gruppo? Curare il gruppo come tale, ovvero come entità dotata di una vita e psichismo propri (migliorarne cioè il tasso di efficienza con una visione sovrasistemica magari un po’ aziendalista), o rivolgersi ai malesseri delle persone in esso contenute?
Curare il gruppo significa allora prendersene cura come altro da sé o comprendere, diventandone parte come contenitore e insieme contenuto, uno stato mentale collettivo? Essere cioè dentro di lui come stadio preliminare alla terapia. Il potere stare fuori e dentro un gruppo, magari contemporaneamente, struttura naturalmente punti di osservazione differenti.
Il gruppo può apparire allora come oggetto della cura (cioè “paziente”), suo soggetto (cioè “terapeuta”) oppure il contesto entro cui l’operazione viene svolta (cioè “Setting”). Potrebbero questi tre punti di vista essere fusi tra loro generando uno stato di indescrivibile confusione? Questa condizione base potrebbe essere lo stato di coscienza onirico del “Noi” (Matte Blanco direbbe Simmetrico) contrapposto allo stato vigile del “Io” prevalentemente Asimmetrico nei suoi percorsi logici.
Questa confusione di interrogativi genera campi caotici in cui cercare risposte necessariamente complesse; tagliare il nodo gordiano e non affrontarla per dirimerla d’altronde rischia di farci confrontare con risposte inconcludenti. Forse è anche per questo che occuparsi di gruppi è una pratica “antipatica” e troppo faticosa, al limite dell’incomprensibile, per molti psicoanalisti.
Una Prima Riflessione di differenti punti di vista riguarda proprio il dubbio di alcuni che possa addirittura esistere una psicoanalisi della mente gruppale; cioè una scienza che si occupi delle dinamiche e degli stati mentali non solo individuali ma anche delle entità transpersonali, per quanto grandi esse possano essere: cioè ad esempio piccolo o grande gruppo, istituzione, campi sociali o culturali. Una psicoanalisi che riguardi non tanto la singola ape ma lo psichismo del superorganismo (come tale lo trattano gli etologi) composto dall’intero sciame.
Che la disciplina, tra etologia ed antropologia, esista è fuori di dubbio. Il problema quindi è solo come venga etichettata dai ricercatori che vi partecipano, e a quale cultura essi si sentano di appartenere. Ma ciò è trascurabile perché riguarda solo gli equilibri di identità professionale dei ricercatori stessi. Nulla cambierebbe in fondo in essa se non fosse più considerata ufficialmente una psicoanalisi.
Allora, può essere psicoanalisi quella del superorganismo-sciame che vola insieme? O solo quella delle singole api in esso contenute in impermeabili cellette di cera? Si delineano due Setting molto diversi. Forse è possibile tenere contemporaneamente a fuoco i fenomeni degli universi concentrici dei due organismi sovrapposti attraverso le innumerevoli sfaccettature di un apparato mentale che mi piace chiamare “Occhio della Mosca”: cioè una capacità che allarghi la visione binoculare dell’individuo a quella polioculare di un Insieme, come integrazione dei differenti punti di vista presenti in un gruppo attraverso la costruzione di “oggetti della visione” onnicomprensivi, quindi iperreali e onirici: troppo multidimensionali (direbbe Matte Blanco) per essere costretti in un mondo tridimensionale.
Possiamo suddividere gli psicoanalisti allora tra:
- I fautori delle invarianti di un modello e di dispositivi per indagare o curare, come ad esempio il Setting Classico: chi non sta nel dispositivo non è psicoanaliticamente comprensibile o curabile.
- I fautori delle variabili: come ad esempio quelli che si occupano gradualmente delle variazioni dei setting per rendere possibile la cura di bambini, psicotici, gruppi.
Come al solito tutto dipende dal punto di vista (Vertice) da cui si osservano i dati.
Chiamata pure come vogliamo, una disciplina della mente collettiva comunque esiste e rappresenta un Campo di attrazione culturale enorme per uno psicoanalista attento e curioso alla sua comprensione, come ad esempio il Freud di “Totem e Tabù” e di “Psicologia delle Masse”.
Una Seconda Riflessione riguarda la ricerca dell’Inconscio. Nel Setting Classico si dà un paziente vigile, che si muove in una realtà cosciente. Egli si presenta al suo analista per fare un tuffo insieme nella ricerca dell’Inconscio rimosso raggiungibile, sotto la superficie della coscienza di entrambi, attraverso per esempio le libere associazioni e i sogni. Il gruppo invece si dispiega alla sua stessa analisi come un portato fluido della pluralità frammentata dei suoi individui componenti: come punti di vista differenti su una fantasmagoria di realtà multiple e contemporanee, congiungibili unitariamente tra loro solo attraverso, come suggerisce ad esempio Didier Anzieu, le coordinate linguistiche dei sogni.
L’analisi del gruppo comporta quindi un’inversione del Vertice, del punto di vista, per cui il percorso non è più quello dell’individuo cosciente che indaga le proprie radici sconosciute (coscienza -> inconscio), ma quello delle totipotenti radici che vanno dalle più profonde scaturigini protomentali non rimosse all’individuazione della coscienza, sia individuale, sia gruppale, sia sociale, che si presentifica attraverso le logiche simmetriche degli insiemi infiniti (inconscio -> coscienza). Cioè di fronte a un gruppo ogni componente può contemplare, come un inconscio che si va esprimendo in forma onirica, il panorama fantasmagorico della propria radice protomentale collettiva (cioè biologica o magari addirittura genetica). In una psicoanalisi classica si procederebbe attraverso una specie di ricostruzione biografica; in una di gruppo si procederebbe attraverso lo sviluppo, a volte sincronico, di visioni complesse: mi vengono in mente ad es. le incisioni di William Blake.
All’interno dello stato di coscienza del “Noi”, tutto appartiene allora fusivamente al gruppo (perlomeno come lo intende Bion): i sogni, le libere associazioni, perfino i racconti dei singoli. Tutto si rivolge all’intero gruppo come insieme, persino le interpretazioni che l’analista o l’intero gruppo si danno utilizzando il linguaggio comunicativo scelto come il più adeguato a trasmettere e a costruire un senso ed un’identità in comune all’insieme del “Noi”.
Una Terza Riflessione riguarda la transizione da Vertice Individuale a Vertice Gruppale: la visione di un individuo che guarda il gruppo oppure la visione di un gruppo intero che ricompone in sé un individuo come un ologramma scomposto dal laser di tutti i suoi punti di vista parziali. Osservare il riflesso nel punto di vista di qualcuno che guarda l’organizzazione di una stanza d’analisi in un dato orario periodico; oppure di qualcuno che invece osserva ciò che accade, per esempio in un’istituzione, in un sincronico orario qualunque. I diversi spazi-tempi configurano naturalmente Setting diversi (la celletta di cera o la danza delle api). L’intento comune analitico e gli strumentari base dei due osservatori possono essere invarianti, eppure ci appaiono completamente variabili nel tentativo di essere adeguati a contesti ora differenti. Per tollerare e potere utilizzare il cambiamento catastrofico dell’espansione dell’universo osservato, e quindi della nuova modalità di guardarlo, è necessaria una specifica formazione al gruppo e alla capacità polioculare. Ciò che in psicoanalisi è il Setting Classico, in cui si rendono possibili i transfert e si esprimono le interpretazioni, cioè le “invarianti psicoanalitiche”, si deve trasformare, per ottenere un “effetto” psicoanalitico nel nuovo contesto allargato, in variabili che potrebbero chiamarsi Setting Multistrato, Transfert Sincronico e Interpretazione Agita. Cioè costruire riflessioni differenti congiungendo riflessi differenti in fondo ai punti di vista differenti dispersi nel collettivo. Un vero e proprio cambiamento catastrofico bioniano in cui il cambiamento di stato della stessa acqua la renda non più liquida ma ghiaccio oppure vapore. A differenza che nel Setting classico, per l’essenza psicoanalitica di un insieme di esprimere il proprio inconscio in un Setting che lo renda comunicabile, lo sguardo osservatore (a chiunque appartenga) deve ordinare i suoi fenomeni in un nuovo tipo di Setting che conferisca opzioni ai numerosi enti che lo costituiscono: individui, coppie, piccoli e grandi gruppi, istituzioni, tribù, cultura (e magari organi e cellule come sottosistemi). La sua integrazione nell’immagine virtuale di un universo unico auto-osservato dal gruppo, costituisce lo spazio del Setting Multistrato Complesso. La visione gruppale si allarga allora su di un universo a rete (l’Insieme) fatto di suoi nodi, a loro volta reti isomorfe frattalicamente disposte in simmetria di scala, dei loro enti e fenomeni componenti e dei loro sistemi di osservazione e integrazione; nodi e reti aperti su un numero di partecipanti superiori a due (soglia della complessità per Poincaré); sulla loro contemporanea collocazione sistemica, soprasistemica o sottosistemica; sul ritmo della loro osservazione che va da quello della seduta, del gruppo, alle 24h dell’Istituzione; sul loro spazio che si allarga dal lettino, al cerchio, all’intero habitat istituzionale vegliato dagli insonni operatori che perpetuano senza vuoti la non-presenza unitaria di un analista in loro frammentato.
Classicamente, il transfert in analisi è un fenomeno diacronico che scorre dall’infanzia al lettino, con la parziale eccezione della psicoanalisi che utilizza, nella coppia, l’intersoggettività e il Campo. Si dà invece un Transfert Sincronico quando l’entrare nello stato di coscienza onirico del “Noi” annega lo spazio-tempo del fluire del divenire, nella stasi auto-contemplativa dell’essere; tutti i fenomeni diventano sincronici e sintopici e possono contemporaneamente comparire nei diversi enti che costituiscono insieme la matrioska del Multistrato Complesso. Allora tendono a scomparire le separazioni tra “prima/dopo” e “io/altro”. È il cambiamento di messa a fuoco di accadimenti, su strati diversi (per esempio la disposizione a matrioska di organi, individui, gruppi, istituzioni, etc.), che permette l’epifania sincrona di accadimenti trasformati sui differenti contesti situazionali dei livelli degli enti costituenti l’insieme considerato: per esempio l’invariante dell’emozione di rabbia compare contemporaneamente, ai vari livelli del multistrato, come transfert sincronico: un travaso di bile psicosomatico; una lite tra individui; l’assunto di base lotta/fuga del gruppo; oppure un’esercitazione militare nell’istituzione; la storia delle guerre per la cultura.
Guardiamo ora come avvengono in un gruppo le restituzioni terapeutiche; queste conferiscono ad esso e ai suoi componenti senso ed identità operativa. Le Comunicazioni di Contenuti elaborate, da qualunque porzione del gruppo espresse, viaggiano attraverso i consueti canali verbali. Ma in un gruppo che sta insieme si strutturano Comunicazioni di Contesto che hanno a che vedere con i climi e le atmosfere che si instaurano con gli Assunti di Base bioniani per premettere al gruppo la vitalità del suo crescere, sopravvivere ed espandersi. In realtà ogni comunicazione è un misto di entrambe e perciò, per Matte Blanco, è comunque bilogica. Essa si esprime nel gruppo prevalentemente col linguaggio dell’effettività piuttosto che con quello di parola. L’Interpretazione Agita assume allora la forma dell’Enactment, come le passioni della Polis nel teatro greco. È nel fare ed esperire insieme l’Insieme, nel farsi cosciente come comunicazione di contesto, che il gruppo si conferisce la qualità del racconto mitico: come ad es. una Comunità Terapeutica che, tra mille vicissitudini emozionali, cerca insieme di costruire al meglio, col gruppo della sua équipe, se stessa, riuscendo a dirselo come suo sogno.
Non è forse ciò che ora sta cercando di fare, nella nostra Istituzione, il nostro “Noi”?
Bibliografia
G. Margherita, L’Insieme Multistrato Complesso. Gruppi, Masse ed Istituzioni tra caos e psicoanalisi, Armando, Roma, 2012
G. Margherita, Il Grande Gruppo. Osservazione psicoanalitica di istituzioni e insiemi sociali ai margini del caos, Franco Angeli, Roma, 2020