La Cura

Psicoanalisi nell’Anziano. Franco De Masi

28/03/23
Psicoanalisi nell'Anziano. Franco De Masi

Sonia Levi

Dei tre cicli della vita, dall’infanzia all’adolescenza, dall’adolescenza alla maturità e dalle maturità alla vecchiaia,   la terza  età  impone  al soggetto condizioni più difficili da superare perché non è possibile evitare traumi e lutti che riguardano se stessi, il proprio corpo e la relazione d’amore con gli altri.

Lo scopo di questo scritto e di rendere sempre più consapevoli pazienti, familiari e terapeuti dell’ utilità di prestare un aiuto psicoterapeutico alle persone che stanno attraversando questo delicato momento della vita.

Mentre la prima parte della vita è piena  di realizzazioni (nella scuola, nel lavoro, nelle relazioni), la seconda  parte è costellata  di perdite. 

Un lutto inevitabile è la  morte dei genitori e il momento della loro scomparsa acquista un significato emotivo particolare perché i genitori rappresentano sempre, a livello inconscio, una protezione. 

Un altro  lutto particolare riguarda la partenza dei figli da casa.   La casa rimane  vuota e può prevalere il senso di solitudine.  

Un’ altra perdita importante è quella: del pensionamento  dal lavoro che ha  rappresentato un elemento significativo di stabilità e di riconoscimento sociale nel corso di tutta l’esistenza.   

Un’ulteriore mancanza in età  avanzata   riguarda i compagni e gli amici: chi  sopravvive ha spesso la sensazione di essere come un soldato superstite in una trincea quando il commilitone vicino  viene colpito.                                                                                                       

Un’altra delle perdite tipiche dell’età avanzata riguarda la sessualità e il piacere che l’accompagna. Le donne hanno già dovuto affrontare la scomparsa della loro capacità di generare.  Ci si sente “vecchi” agli occhi degli altri e pertanto meno desiderabili. 

Mano a mano che il tempo avanza l’aspetto fisico cambia e dopo i cinquant’anni diventano più frequenti  le malattie, con conseguenti visite mediche ed esami; tutto ciò crea ansia e disagio per l’imbarazzante presenza del corpo e per la sua richiesta di attenzione e di cura. 

L’elaborazione dei molteplici lutti, quelli prevedibili e quelli imprevisti,  possono portare a un punto in cui non è  facile  mantenere il proprio equilibrio emotivo e si ha bisogno di aiuto.  In questa età, infatti, i conflitti, le separazioni,  gli abbandoni incidono  in misura maggiore rispetto  a quelli che  avvengono da  giovani, quando è possibile, davanti a un trauma o una delusione,  prospettarsi  un recupero  nel futuro.

Sembra che, nonostante l’aumento evidente delle persone anziane nella popolazione e  il grande bisogno di un aiuto psicoterapeutico,  non è aumentato il numero di pazienti che arrivano in terapia in tarda  età.

Gli anziani, infatti, non pensano all’aiuto psicoterapico anche perché nel corso della loro gioventù questa  pratica non era molto comune. Di solito sono i medici  curanti o i parenti che consigliano la psicoterapia. A volte i pazienti sono molto dubbiosi e  affermano di non capire a cosa serve riflettere sulla propria  vita quando questa è praticamente conclusa. 

Difficile dire quanto questo tipo di scetticismo sia già l’espressione di una depressione soggiacente o sia il segnale di un diffuso convincimento che ormai i vecchi sono già fuori dal flusso della vita molto prima  del suo termine.

In generale la scarsa attenzione per  la vecchiaia può derivare   dal fatto, che una soggiacente svalutazione  inconscia per questa età,  presente anche nella mente dei terapeuti, ha fatto  privilegiare l’interesse per le persone giovani che hanno la vita davanti. Il limitato periodo di tempo che i vecchi hanno davanti può suscitare pena, affetto o solidarietà, ma difficilmente nasce il desiderio di investire su di loro. Dato che il tempo di aspettativa di vita   dei vecchi  è ridotto, perché impegnare  energie per loro?

È  possibile, invece, considerare la parte finale dell’esistenza come un’età che appartiene naturalmente alla vita, come l’infanzia, l’adolescenza e la maturità, e che, come tale, non può essere vista solo in negativo, unicamente come un’epoca di deterioramento.

L’età della vecchiaia, anche se gravata da angosce e conflitti specifici, può  rivelarsi un periodo   di creatività e di ulteriore sviluppo. È stato notato che lo stesso Freud, che aveva impegnato la sua vita scientifica nella neurologia, aveva sviluppato la parte più creativa della sua ricerca, la psicoanalisi, dopo i suoi cinquant’anni ed era rimasto creativo sino alla fine.

Gli anziani che richiedono una terapia in età avanzata possono essere distinti in alcune categorie.

Alla prima  appartengono  quelli che  presentano una ricaduta della loro malattia originaria, ad esempio, una crisi depressiva  in un paziente che ne abbia già sofferto.

A un  altro  gruppo  appartengono quelli che   subiscono un trauma emotivo in età relativamente tarda, un lutto o una separazione; tra questi c’è anche la fine  dell’attività  lavorativa, in particolare in quei pazienti che hanno investito   gran parte delle loro energie vitali nella loro professione.

Altri pazienti affrontano con sofferenza la vecchiaia, in particolare non accettano le trasformazioni fisiche che l’accompagnano o i limiti che impone.

Naturalmente questo breve elenco non esaurisce  numerose e diverse situazioni  difficilmente catalogabili.

L’approssimarsi della vecchiaia e della prospettiva della morte è   particolarmente squilibrante per alcune persone che si sentono angosciate per le incerte prospettive del futuro. Quando chiedono un aiuto  è possibile proporre un percorso terapeutico con una o due sedute alla settimana per un periodo di tempo limitato al fine  di elaborare l’angoscia  e superarla. 

Il compito terapeutico in questi casi è rendere la vecchiaia una età della vita degna di essere vissuta e non un’epoca destinata a un progressivo deterioramento in attesa della fine. 

 franco.demasi01@gmail.com

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