
Paul Klee
Parole chiave: autismo, psicoanalisi infantile, genitorialità, servizi
MENTI PSICOANALITICHE AL LAVORO DI FRONTE AGLI STATI AUTISTICI
Roma, 1° febbraio 2025
Report a cura di Raffaella Tancredi
Parole chiave: autismo, psicoanalisi infantile, genitorialità, servizi
Nella giornata “Menti psicoanalitiche al lavoro di fronte agli stati autistici” del 1° febbraio, sono confluite la prima giornata nazionale del Corso di perfezionamento B/A per l’anno 2025 e la giornata del Gruppo di studio Autismo, istituito dall’esecutivo nazionale SPI 2020-2024.
La giornata si è aperta con i saluti di Sarantis Thanopoulos e di Elena Molinari. Thanopoulos in particolare ha riproposto l’appello accorato ad occuparsi di autismo come psicoanalisti capaci di dialogare con studiosi di altri campi, appello alla base della costituzione del gruppo. Ha ricordato come l’abbandono di un campo di esistenza dell’essere umano, che ci interroga come pochi altri, sia costato molto alla nostra disciplina. Gli analisti devono dare il loro contributo e imparare dal contributo degli altri, in primo luogo in nome di una civiltà della cura, in secondo luogo perché l’autismo rappresenta uno dei luoghi in cui l’approccio epigenetico (la complessa relazione tra fattori ereditari e fattori ambientali che non implica un “danno” in uno o nell’altro di questi due campi) è necessario.
Successivamente vi è stata l’introduzione alla giornata da parte di Raffaella Tancredi , referente del Gruppo Autismo , che ha ricordato come sull’avvio del lavoro del gruppo si sia allungata l’ombra del lutto per la morte di Marco Mastella , che aveva lavorato instancabilmente intorno all’argomento, coordinando in precedenza un gruppo su “autismo e terapie congiunte” , presentando proposte ai Seminari multipli, organizzando convegni, cercando tenacemente il confronto con associazioni di genitori , esperti esterni , realtà istituzionali come la scuola. Marco Mastella è stato successivamente ricordato, su invito di Thanapoulos, con un minuto di silenzio.
Nell’introduzione alla giornata è stato riconosciuto che il lavoro del gruppo non poteva ancora ambire ad offrire una visione più articolata e sistematica del vertice psicoanalitico nel confronto con altri vertici di osservazione, nell’approccio e nella cura di queste condizioni , lavoro questo che richiede tempi lunghi e può essere , a tratti, scoraggiante, ma la giornata, è stata proposta come un passo importante proprio in questa direzione.
Ha fatto seguito l’intervento di Chiara Cattelan che ha ricordato come l’autismo ci chieda un cambio di prospettiva. Qui, ha ricordato Cattelan, non si tratta di rendere conscio l’inconscio ma di creare condizioni perché nasca una mente che non c’è ancora.
Ha sottolineato come la presenza di una base neurobiologica non significhi che la psicoanalisi debba essere esclusa dalla cura, anzi, è convocata sempre dove la costruzione di una identità propria-separata richiede di porne le fondamenta nella relazione con un altro essere umano. Cattelan ha anche evidenziato l’importanza della comprensione per l’adattamento della tecnica a questi stati e in particolare l’utilità dei concetti di identificazione primaria (Freud,1921), adesività (Bick,1968; Meltzer,1975; Tustin, 1986,1990), fusione imitativa (Gaddini, 1969) oltre a quelli classici di contenitore/contenuto (Bion1959,1965) e di uso di un oggetto (Winnicott1968-1971).
Ha preso quindi avvio la tavola rotonda, condotta con grande sensibilità e partecipazione da Stefania Nicasi. Nella seconda parte della giornata, Paola Vizziello ha presentato una relazione sul lavoro con i genitori, dal suggestivo titolo “Cantieri di genitorialità”. Ha fatto riferimento a come la diagnosi possa inscriversi nella mente della coppia madre/padre, come un primo trauma, e all’intenso lavoro che è necessario fare con i genitori, prima dell’ inizio di ogni altro intervento. I genitori , ha ricordato, vanno sostenuti nel cercare il bambino che sta dentro alla diagnosi, quel bambino che, dalla diagnosi è stato espropriato delle sue origini affettive, biologiche, per arrivare al bambino vero , al suo dolore e al proprio dolore . “È quel dolore e non l’autismo che è da curare”. Ha riportato alcune esperienze cliniche che hanno trasmesso in modo forte la necessità di impegnarsi intensamente e con coraggio in questi cantieri.
Ha fatto seguito l’intervento di Mario Magrini “Il posto dell’analista nel lavoro di consultazione con i responsabili della presa in carico e con gli educatori degli adolescenti ed adulti autistici”, che si è concentrato sull’apporto che la funzione psicoanalitica della mente può dare al funzionamento dei servizi. La funzione dello psicoanalista è quella di catalizzare, nel gruppo équipe un clima adatto alla “terapeuticità “ di tutte le azioni svolte nel servizio. Lo psicoanalista, diventa colui che tutela, nei vari modi disponibili, la continua attivazione e la permanenza, nel campo del gruppo e nei singoli operatori, di un setting interno, in senso ampio “analitico”, fondato sul mantenimento della capacità di empatia, giusta distanza, accoglimento emotivo e, inoltre, di integrazione costruttiva di elementi mentali e affettivi sparsi e frammentati. Nel suo intervento Magrini ha fatto riferimento a queste considerazioni di carattere generale per parlare del l suo lavoro di psicoanalista consulente in servizi per la presa in carico di giovani pazienti autistici, con le specificità che questo comporta. Ha aperto una serie di domande e riflessioni su cosa accade ai bambini autistici che diventano adulti, sulla frammentazione delle esperienze di cura e presa in carico da parte dei diversi servizi, sul lavoro necessario per mantenersi nonostante tutto quei “compagni vivi e intelligenti” di cui la persona autistica ha bisogno.
Ha fatto seguito l’intervento di Mirella Galeota “Il lungo cammino dal burattino al bambino vero”, resoconto necessariamente sintetico, ma intensamente risonante, di un’analisi durata 10 anni, condotta con frequenza intensiva nel servizio pubblico che la collega dirigeva.
L’analisi, avviata quando il bambino aveva poco più di 4 anni, è stata condotta con grande sensibilità e costante attenzione alle risonanze interne , con la consapevolezza che” la gravità del danno, la profondità del dolore convoca l’analista a raggiungere il bambino o l’adolescente o l’adulto nella profondità del suo inconscio; ma soprattutto lo convoca a contattare il proprio inconscio, a interrogarsi, a poter rivivere aspetti propri forse scarsamente elaborati, a prestare il proprio apparato per pensare i pensieri all’altro”.
I tre interventi, con il contrappunto di brevi ma precise notazioni da parte del chair Stefania Nicasi , hanno attivato una discussione partecipata e appassionata.
L’aver agganciato il bambino, da parte di Mirella Galeota, attraverso il proprio mignolo inserito in una fessura del muro di mattoncini da lui costruito, ha fatto pensare, oltre che alla centralità del corpo nel rapporto con bambini così piccoli e così malati, alla necessità di farsi presenti, nelle istituzioni di cura con un “mignolo”, non con un “corpo” psicoanalitico intero, che susciterebbe terrore. Nella discussione molti fili si sono intrecciati, dall’ipotesi che il nucleo violato che si percepisce nel bambino descritto da Mirella sia lo specchio di intrusione di fantasmi transgenerazionali , alla necessità di prendere in considerazione le particolari atipie sensoriali presenti nell’autismo , di cui le autobiografie degli autistici in grado di raccontarsi ci parlano. Marina Montagnini ha sollevato la questione dell’importanza di coinvolgere i pediatri per la diagnosi precoce, per rendere possibile il trattamento analitico di bambini molto piccoli, nella fascia 0-3 anni, potenzialmente risolutivo, come testimoniato dalle esperienze descritte nel libro di Busch De Ahumada e Ahumada “Entrare in contatto con il bambino autistico- 5 interventi psicoanalitici precoci risolutivi”, di cui ha curato la versione italiana.
Nella sessione del pomeriggio, coordinata da Lorenzo Iannotta , sono state presentate due esperienze cliniche e un intervento sulla ricerca INSERM .
Arianna Luperini ha presentato un testo scritto in collaborazione con Sandra Maestro e Raffaella Tancredi , tramite il quale ci ha portato dentro il lavoro analitico con una giovane paziente adulta ; un lavoro che le ha permesso di cogliere gradualmente, dietro la generica difficoltà di lavorare con una paziente “difficile”, qualcosa di più specifico , che si è andato configurando come un funzionamento determinato dalla neurodiversità insieme al vissuto di questa stessa neurodiversità , dimensioni che impressionano lo sbocciare della soggettività della paziente .
Tra i dispostivi di cui l’analista dispone nell’affrontare queste situazioni , il setting e il controtransfert definiscono la peculiarità del vertice di osservazione da cui può formulare ipotesi su ciò che sta accadendo nella relazione analitica nonché, a posteriori, sulla direzione dello sviluppo del paziente. L’analisi dei sogni , con particolare riguardo ad un sogno che sembra aver avuto una funzione traumatolitica, ha permesso di discutere sulla dimensione traumatica .Si può pensare che la peculiarità delle forme di relazione con il mondo in questa paziente abbia reso indisponibile per lei la funzione trasformativa degli oggetti primari , lasciandola in balia dell’ invasione di elementi percettivi ed emozionali indigeribili, e che pertanto la dimensione traumatica sia in qualche misura costitutiva della sua psiche .
Successivamente Mario Priori ha presentato i risultati della ricerca INSERM, organo statale francese, Institut National de la Santé e de la Recherche Médicale, sull’efficacia delle psicoterapie nei Disturbi dello Spettro Autistico. I dati sono stati raccolti tramite scale di valutazione compilate dagli psicoterapeuti, con valutazioni condivise in gruppi di pari. I risultati si basano su un campione di 66 bambini autistici. Progressioni rapide (69%) sono state osservate nella fascia d’età 3-6 anni, con una significativa correlazione tra data d’inizio della psicoterapia e risultati e con una progressiva accelerazione nei risultati col procedere della psicoterapia. In conclusione, dal punto di vista della tecnica psicoanalitica, Priori ha sottolineato l’importanza della componente musicale dell’ascolto e delle comunicazioni del terapeuta: la componente verbale deve essere colta non tanto nel contenuto delle parole, quanto attraverso tono, timbro, ritmo, prosodia e tempi del linguaggio
L’ultimo intervento della giornata “Come un orfano alla finestra, fra essere ed avere “di Giorgio Pozziani e Lucia Fattori, ha proposto alla riflessione comune la dinamica assenza/perdita di speranza, attraverso l’analisi di un bambino che presentava un grave ritiro e isolamento legati ad un clima familiare depresso per la presenza di un figlio gravemente disabile, e per il lutto irrisolto del di lui gemello, morto in utero. Il percorso terapeutico si interruppe bruscamente, per decisione dei genitori quando Giovanni stava iniziando a comunicare meglio
Il senso di perdita che circola nella famiglia è un sentimento che l’analista stesso ha provato e serbato a lungo dentro di sé : è il lutto per l’interruzione dell’analisi decisa dai genitori proprio quando il lavoro stava dando i suoi frutti ; un lutto, scrivono gli Autori , di controtranfert , dato che sembra legato al contatto coi vissuti di questo bambino che da sempre subisce decisioni altrui senza avere alcuna voce in capitolo.
Gli interventi presentati nel corso della giornata, apparentemente eterogenei, appaiono in realtà tenuti insieme da un filo conduttore che possiamo riconoscere nella funzione psicoanalitica della mente al lavoro in contesti anche piuttosto diversi, sorretta dalla speranza e dalla consapevolezza della padronanza di strumenti specifici e potenti.
Per concludere la giornata, Lorenzo Iannotta ha dato parole all’immagine dell’angelo smemorato di Paul Klee, presente nella locandina della giornata, citando una intervista a Massimo Cacciari pubblicata nel 1989:
“L’angelo è metafora della capacità della mente di uscire dal cerchio chiuso del nostro orizzonte tridimensionale. L’angelo è rappresentazione. La sua funzione non è tanto quella di rivelare all’uomo ciò che è nascosto, di manifestare l’inattingibile, ma piuttosto di indicare l’inattingibile, di custodirlo.”
L’auspicio, alla base dell’organizzazione di questa giornata è che molti colleghi vogliano avvicinarsi con passione e umiltà a questo “inattingibile”, ricordando le parole di Meltzer:
“Ogni scienza che non trascenda con arroganza i propri limiti, cerca di scoprire e non di invadere i santuari della natura… il fatto di scandagliare i misteri dell’universo non intende in nessun caso rispondere agli interrogativi ultimi e distruggere il nostro rispetto e la nostra meraviglia…”