Parole chiave: Femminile, Bachmann, Cvetaeva, Arendt
Gentile (prof.) Laura Boella, nel ringraziarla per aver accettato di rispondere ad alcune nostre domande, vorrei fare una breve premessa. A Firenze, nei giorni 25-26 Novembre 2023, si svolgerà il Congresso Nazionale della SPI dal titolo, Un difficile inizio. Il titolo rimanda necessariamente al tema dell’origine e va a toccare il materno e il femminile. I suoi studi e riflessioni l’hanno portato, tra le altre, ad approfondire alcune figure chiave del Femminile del 900, H. Arendt, Etty Hillesum e I.Bachmann. Queste donne straordinarie il cui pensiero ha turbato sono state anche attraversate dal dolore, dall’esclusione. Infatti lei le definisce, Le Imperdonabili. Cosa non è stato perdonato loro?
LB A loro non è stata perdonata la vita, ma non nel senso biografico degli amori e dolori, delle improntitudini che segnano l’esistenza di tutti, bensì nel senso di una vita vissuta con passione e esattezza, rigore e libertà estrema.
Quale immagine di femminile e di materno ne deriva, se è possibile ?
LB Le imperdonabili mi ammoniscono: non è possibile trarre dalla loro unicità conclusioni di qualche tipo e vorrei che questo ammonimento valesse per qualsiasi donna. Femminile e materno non vanno necessariamente insieme. L’”ordine simbolico della madre”, di cui ha scritto Luisa Muraro anni fa, corrisponde a un vincolo (gratitudine) per la madre che mette al mondo che fonderebbe l’esperienza femminile (la relazionalità costitutiva e il pensiero differente da quello maschile) a prescindere dalla vicenda reale vissuta singolarmente. Muraro parla di un vincolo ontologico dotato di un substrato inconscio, che io ho sempre trovato simile all’orizzonte heideggeriano dell’Essere per il quale tutto e il contrario di tutto è possibile. Una visione d’orizzonte che mi è estranea anche se riconosco il valore etico e politico delle pratiche del partire da sé e dell’idea della libertà femminile che ne sono state l’attuazione. Aggiungo che l’etica della cura anglo-americana, proveniente da tutt’altro background filosofico, ha inciso sulla bioetica negli anni Novanta, ma con una certa fatica (per esempio, con Joan Tronto) ha fatto i conti con le virtù materne estendendo la nozione di cura.
Non si tratta solo di itinerari di pensiero diversi, si tratta di esperienze filosofico-politiche che hanno legato in gruppi e comunità studiose e militanti (tra l’altro indebolite se non scomparse con il nuovo millennio). Non ho mai fatto parte di gruppi e comunità di questo genere. Ho percepito forme di chiusura e di disinteresse per le donne reali e per il pensiero di altre donne non appartenenti. Di conseguenza, le mie riflessioni sulle imperdonabili e sulla condizione femminile oggi, a cui non mi sono mai sottratta, non possono essere valutate prendendo come riferimento il pensiero della differenza italiano, francese e tedesco. Ovviamente ho letto e commentato pubblicamente i testi e continuo a seguire con interesse il pensiero di Muraro, Cavarero, Zamboni. Rivendico però la necessità di uno spirito libero e detesto il pensiero violento che recentemente si è imposto come mezzo di comunicazione.
Torno così alle imperdonabili e all’aria pura e fresca che ho respirato leggendole. Essere imperdonabili vuol dire attraversare, con baldanza e ironia, i precipizi collettivi e individuali, le impennate e le brusche cadute, i fallimenti delle relazioni, gli affetti elargiti con massima generosità a uomini e a donne. Certo, bisogna tenere conto del fatto che le mie (uso l’aggettivo possessivo per segnalare il fatto che mi sono dedicata a figure concrete, con nome e cognome, data di nascita e di morte, vissute in un tempo che non è il nostro) imperdonabili hanno, ognuna in maniera diversa, incrociato l’imperdonabile della loro epoca (Shoah, nazismo, stalinismo, dopoguerra immemore), non hanno cercato il sostegno di schieramenti ideologici e di appartenenze di gruppo o di partito, non hanno cercato riparo dall’urto degli avvenimenti e… non hanno mai smesso di scrivere in circostanze che possono apparire oggi estreme. Scrivere come terapia, come fuga, come sublimazione, come sfrenato individualismo? No: che abbiano scritto poesie e romanzi, articoli di giornale, diari, lettere, non importa. Il loro “scrivere sempre.” Bachmann parla di un essere donne non come categoria, modo di essere differente da quello maschile, ma come corpi e menti femminili che vivono una differenza concreta rispetto al mondo che le circonda. Tale differenza non si misura sul conflitto con il mondo maschile, sull’aver patito la stupidità di molti amanti, colleghi scrittori ecc., bensì sull’amore per la parola, sul duro lavoro per intessere una storia, sulla ricerca di uno stile e di una lingua nuova, sulla sperimentazione continua di generi letterari, sul non farsi mai trovare dove gli altri pensavano che fossero.
Il femminile continua ad essere un enigma e Freud si è trovato in difficoltà tanto essere stato molto contestato, soprattutto negli anni ’70 del secolo scorso. Ma, mentre l’essere madre sembra in qualche modo tracciato nell’inconscio, l’essere- diventare donna sfugge. Cosa può dirci dalla prospettiva delle Imperdonabili?
LB Mi pare di aver già risposto nella precedente domanda. Aggiungo solo che, certo per ragioni di formazione e di epoca, sondare l’inconscio delle imperdonabili mi sembra un compito difficile, un po’ come metterle in riga o in gabbia. A differenza di Lou von Salome, per fare un esempio, il confronto con Freud non rientra nelle loro esperienze. Ma è proprio necessario?
Oggi il femminile è ancora perturbante?
LB Penso che i conflitti sociali, economici e geopolitici della nostra epoca trovino nella condizione delle donne, nella gestione del loro corpo e delle loro emozioni uno degli indicatori più eloquenti. Certo, ciò significa avere il coraggio di vedere i costanti stop and go delle singole e la curiosità (la cui etimologia è cura, interesse) per il vasto pianeta femminile che chiama a un infinito lavoro di lettura, di osservazione.
Vorrei concludere con le Imperdonabili. L’unicità di queste donne, l’aver cercato un proprio sentiero e la loro riscoperta – penso a I. Bachman di cui si celebra proprio in questi giorni il Cinquantenario della morte, avvenuta in modo tragico, ha lasciato un’indicazione alle donne di oggi ?
LB Il mio libro si chiude con una sorta di appello a essere imperdonabili. Il che non vuol dire essere donne geniali, grandi poetesse e scrittrici, ma trovare nell’essere imperdonabili un modello di rapporto con il proprio tempo, con le domande che esso ci pone- agire, impegnarsi, ritirarsi, sognare, ridere, fumare, essere belle, eleganti e intelligenti – intrigante e sovversivo, non per il gusto dell’essere controcorrente, bensì per il radicale realismo derivante dalla percezione della stoltezza e mediocrità dominanti e dall’alzare il prezzo.
*Laura Boella è stata professore ordinario di Filosofia Morale e di Etica dell’ambiente presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università Statale di Milano. Ha dedicato numerosi studi al pensiero femminile del ‘900, in particolare a Hannah Arendt, Simone Weil, Maria Zambrano e Edith Stein. Il coraggio dell’etica. Per una nuova immaginazione morale (Cortina 2012) e Le imperdonabili. Milena Jesenská, Etty Hillesum, Marina Cvetaeva, Ingeborg Bachmann, Cristina Campo (Mimesis 2013) elaborano il contributo delle pensatrici e di alcune scrittrici all’etica contemporanea. Le sue recenti pubblicazioni: Hannah Arendt. Un difficile umanesimo, Feltrinelli 2020; Cuori pensanti. Cinque brevi lezioni di filosofia per tempi difficili, Chiarelettere 2020. La sua ricerca si è rivolta inoltre al tema delle relazioni intersoggettive, dell’empatia e della simpatia proponendo un confronto critico tra l’attuale ricerca scientifica e la prospettiva fenomenologica. Ha curato la nuova edizione italiana di M. Scheler, Essenza e forme della simpatia (Franco Angeli 2010) e pubblicato Sentire l’altro. Conoscere e praticare l’empatia, Cortina 2006, Neuroetica. La morale prima della morale (Cortina 2008) e Empatie. L’esperienza empatica nella società del conflitto, Cortina 2018.