Nicoletta Ceccoli, 2010
Parole chiave: Melanie Klein; Emozioni; Reverie; Funzione Materna
Le emozioni dei bambini
Tonia Cancrini
Qualche giorno fa una mia piccola meravigliosa nipotina di 6 anni era disperata e piangeva inconsolabile perché la mamma era partita per due giorni per lavoro. Io la tenevo tra le braccia e cercavo di consolarla e presto si sarebbe placata perché è una bimba serena, vitale e ha un ottimo rapporto con la mamma e con tutta la famiglia. Ma quello che più mi ha colpita e ha attivato la mia mente e la mia fantasia è stata l’intensità delle emozioni che provava in quel momento. Un’intensità così forte che anche io ero veramente disperata, pur sapendo che la mamma sarebbe tornata il giorno dopo e che la bimba si sarebbe presto consolata. Un’intensità che ha scatenato nella mia mente una serie di pensieri e di sensazioni molto forti. E la mia fantasia ha preso il volo: ho immaginato i piccoli sotto le bombe, che improvvisamente non vedono più la loro mamma; ho sentito il loro urlo disperato. E da qui tutte le catastrofi che possono capitare nella vita: la perdita di una persona cara, la solitudine, l’abbandono, la violenza, l’incomprensione. Quando si è piccoli tutto è enorme e drammatico. Ho pensato al pianto disperato del lattante che cerca aiuto, conforto, nutrimento, ho pensato ai miei pazienti abbandonati e soli per eventi tragici della loro vita. Ho sentito dentro di me la loro disperazione e il loro ricercare un abbraccio che riuscisse a ridare vita e forza.
Quello che mi ha colpito di più è che l’emozione che provava la mia bimba adorata in quel momento aveva la tragicità e l’intensità dei momenti più drammatici. Nel mio abbracciarla e tenerla stretta a me pensavo all’importanza della funzione materna di rêverie, a quanto sia fondamentale un abbraccio che riscalda e comprende. L’episodio mi ha così colpita, per l’enorme affetto che mi lega alla bimba e alla sua mamma, e per l’intensità delle emozioni, che pochi giorni dopo ho fatto un sogno veramente significativo.
Ero nel palazzo della mia casa dell’infanzia, al pianterreno e provavo dentro di me una disperazione terribile, assoluta, inconsolabile. Ma a certo punto entro in un appartamento dove sembra esserci una mia psicoterapeuta che mi fa entrare. Mi sdraio sul lettino piangendo e mi metto sul fianco verso il muro. La terapeuta, intuendo la mia disperazione assoluta, si sdraia dietro di me e mi abbraccia con grande affetto e calore. Provo un sollievo enorme: sento dentro di me rinascere la gioia e la vita.
Ho ovviamente ripensato a tanti momenti della mia vita infantile, alle perdite, ai dolori, ma anche alle tante consolazioni avute allora e dopo. Oltre a questo ho però anche pensato a quello che dovrebbe significare l’analisi per i bambini: un abbraccio caldo che ridà vita e gioia. E ancora di più mi sono convinta di quanto può essere non solo importante ma fondamentale la psicoanalisi per i bambini, anche per quelli più piccoli.
Ho poi riflettuto sulla fragilità dei bambini spesso scossi da emozioni forti e violente e a quanto sia importante la presenza calda, affettuosa e comprensiva di una mamma capace di contenere e di rêverie.
Mi è rivenuta in mente una profonda e acuta considerazione di Ferenczi che mette in evidenza la fragilità dell’apparato percettivo e sensitivo dei bambini e che non a caso cito nel mio libro Un tempo per l’amore, nel capitolo dove sottolineo l’importanza della mente materna che accompagna e protegge la sensibilità del bambino.
In una stanza dove sia accesa soltanto una candela, basta una mano davanti alla sorgente di luce per oscurare metà della stanza. La stessa cosa accade col bambino: se gli arrecate un danno sia pure minimo quando la sua vita è ancora agli inizi, ciò potrà proiettare un’ombra su tutto il resto della sua vita. È di fondamentale importanza rendersi conto di come i bambini siano sensibili (1927, p. 282.).
E Melanie Klein sottolinea, nel suo interessante scritto sulla Vita emotiva nella prima infanzia, come “La caratteristica delle emozioni dei bambini molto piccoli è la loro enorme intensità e il loro tendere all’estremo” (p. 463). E ancora mette in luce “l’intensità delle prime emozioni” a cui si aggiunge “la limitata capacità dell’Io di sopportare angosce acute” dal che la necessità spesso di difese molto forti e drastiche. E la Klein chiarisce ancora “…nei bambini molto piccoli si alternano rapidamente stati di completo soddisfacimento a stati di grande afflizione” (p.470). E anche i sentimenti profondi dei bambini sono molto forti e intensi. “Nel bambino il primo oggetto d’amore e di odio – la madre – è desiderato e odiato con tutta l’intensità e la forza che è caratteristica delle primitive pulsioni infantili” (pp.57-58).
E questa considerazione ci rimanda all’importanza del rapporto primario e della funzione materna di contenimento e di rêverie. Proprio perché le emozioni dei bambini sono così intense e travolgenti, è fondamentale e indispensabile il contenimento da parte della madre e la sua capacità di rêverie attraverso cui i vissuti angosciosi e inquietanti del bambino vengono sentiti ed elaborati dalla mente della madre che restituisce così al bambino delle emozioni bonificate e vivibili. Nella relazione primaria la capacità materna è non solo quella di accudire, ma anche quella di pensare e amare il bambino e dare senso e significato a quello che accade. La mente, l’attenzione, la capacità di capire, di pensare appaiono così elementi fondamentali della funzione materna che trasmette al bambino amore, calore e comprensione, e lo fa sentire al sicuro, sostenuto, curato.
Ma che cosa accade quando tutto questo viene a mancare? Quando la madre non riesce a espletare questa funzione di amorevole contenimento e comprensione, perché non c’è o non è in grado di avere un’adeguata attenzione verso il bambino? Quando, invece dell’abbraccio caldo c’è la violenza e il freddo della mancanza e della deprivazione? Possiamo immaginare che, mancando radici solide su cui costruirsi, il bambino non riesca a riconoscersi, né ad attivare dentro di sé le forze vitali, che si senta sprofondare nel nulla e cadere in un abisso senza fine. Si ritrova nel dolore e nella violenza di una ferita che brucia e che fa male e che lo getta nel caos di emozioni invivibili. Una ferita all’origine della vita è come una lama tagliente che continuamente colpisce con violenza e lascia in uno stato di sofferenza e di disintegrazione oppure di vuoto, se accade, come spesso avviene, che ogni emozione troppo dolorosa e intensa venga annullata perché intollerabile.
Quale sia l’importanza di questa funzione primaria noi lo vediamo anche nella stanza di analisi dove nel transfert ritroviamo queste modalità primarie che ci rimandano ai rapporti più precoci. Le emozioni entrano nella stanza di analisi spesso con la stessa intensità e violenza e devono essere contenute dalla capacità di capire dell’analista.
Nella mia esperienza di psicoanalista di bambini ricordo ancora il pianto disperato di Emanuele, un bambino venuto da me a 3 anni e mezzo e che ho seguito per diversi anni. Emanuele porta in analisi tutto il suo dolore ed è sopraffatto dalla violenza di quello che sente dentro di sé. Emozioni che, in un momento particolarmente doloroso per lui, prorompono con una forza terribile, inarrestabile: il bambino piange disperato, tira calci, è violento e arrabbiato sopraffatto dal dolore e dalla rabbia che hanno dentro di lui una forza e una intensità incontenibile. I genitori si stanno separando in un modo molto violento e lui sente distrutto quel legame che gli ha dato la vita ed ha costituito per i primi anni la sua sicurezza. Tale è la forza incontrollabile del suo furore che con un gesto violento mi fa male a un occhio.
In che modo l’analista può dare un abbraccio caldo e carico di affetto e di comprensione? E’ soltanto entrando in sintonia con il suo vissuto e con un lavoro di comprensione e di rêverie, che il bambino può essere aiutato a condividere le sue emozioni e a renderle quindi vivibili per lui. Soltanto così la rabbia si attenua e il dolore può essere espresso nel pianto e il bambino può allora rifugiarsi tra le braccia dell’analista e trovare il conforto della comprensione e dell’affetto.
E ricordo ancora Simone che portava la sua tristezza e la sua disperazione nella stanza di analisi nascondendosi sotto la scrivania con il desiderio che io in qualche modo lo raggiungessi. E soltanto nel momento in cui il suo dolore, la sua disperazione e la sua rabbia hanno trovato un posto nel mio cuore e abbiamo potuto così condividere le sue emozioni, il bambino è uscito dal buio e ha ritrovato un po’ di gioia e di vita.
Ci sono dunque tante esperienze importanti, che ho vissuto direttamente o attraverso le supervisioni ai più giovani, che mi spingono sempre di più a considerare la psicoanalisi dei bambini una risorsa fondamentale di aiuto e di comprensione.
Bibliografia
Cancrini T. (2021), Un tempo per l’amore, Franco Angeli, Milano.
Klein M. (1921-58), Scritti, Bollati Boringhieri, Torino 1971.
Ferenczi (1927) L’adattamento della famiglia al bambino, in Fondamenti della psicoanalisi, vol. 3, Guaraldi, Rimini 1974.