Commissione Psicoanalisi e Giustizia
Società Psicoanalitica Italiana
Psicoanalisi e Giustizia
Le diverse declinazioni di un rapporto complesso
A cura di Maria Naccari Carlizzi e Renata Rizzitelli
(ed. FRANCO ANGELI, 2022)
Recensione a cura di Luisa Masina
Questo volume, curato da Maria Naccari Carlizzi e Renata Rizzitelli, coordinatrici della Commissione Psicoanalisi e Giustizia della Società Psicoanalitica Italiana, colma finalmente una lacuna, vale a dire traduce in modo creativo, denso e polifonico in parola scritta un lavoro che nella prassi e nel pensiero da tempo è stato avviato nella psicoanalisi italiana.
Le intersezioni fra questi due ambiti del sapere, Psicoanalisi e Giustizia, che hanno visto molti analisti impegnati in un lavoro caratterizzato da contraddizioni, paradossi, ma anche fertili arricchimenti, hanno trovato legittimazione, spazio e dunque pensabilità, nella costituzione della Commissione sopra ricordata, fortemente voluta da Anna Nicolò durante la sua Presidenza della SPI e poi sostenuta e valorizzata dall’attuale Presidente Sarantis Thanopulos. I contributi di ciascuno di loro aprono questo volume e ne chiariscono origini e fondamenti.
Le curatrici hanno saputo dar forma ad un insieme di scritti che sorprendono per la loro eterogeneità e contribuiscono a fornire una quadro di grande complessità e ricchezza del modo in cui gli psicoanalisti della nostra Società sono impegnati a declinare il pensiero psicoanalitico in ambiti assai differenti da quelli consueti: nei tribunali, nelle carceri oppure anche nei propri studi, ma con setting del tutto diversi da quello dei trattamenti psicoanalitici.
Un altro motivo di grande interesse di questo libro consiste nell’efficacia con cui permette al lettore di prendere contatto con l’interdisciplinarità di un lavoro che vede all’opera figure professionali diverse, che parlano differenti linguaggi, quindi con le necessarie contaminazioni reciproche, che rappresentano il modo per uscire dall’isolamento delle singole discipline e dar vita ad un co-pensiero.
L’impianto del volume si articola in tre sezioni, ciascuna introdotta dalle curatrici: la prima esplora l’ambito civile e, in particolare, il modo in cui lo psicoanalista interpreta il ruolo di consulente nel diritto di famiglia. La seconda sezione riguarda la figura dello psicoanalista nell’Istituzione giudiziaria minorile in qualità di Giudice Onorario e Consulente e, infine, la terza sezione è dedicata a due interessanti contributi, uno sull’analista all’opera nell’istituzione carceraria ed uno che esplora in profondità la questione dell’imputabilità in adolescenza. Infine, in chiusura, il contributo di un magistrato, Cinzia Miniotti, esperta di giustizia minorile e familiare, sia in ambito penale che civile, e particolarmente sensibile e attenta ai rapporti fra Giustizia e Psicoanalisi, fornisce un utile schema sulla struttura degli Uffici Giudiziari.
Le Consulenze Tecniche nelle separazioni coniugali vedono lo psicoanalista impegnato in un elemento al contempo a lui congeniale ed estraneo. Renata Rizzitelli nel capitolo che apre il libro riesce a rendere con grande efficacia la sfida che queste situazioni rappresentano, mostrando quanto la competenza dell’analista all’ascolto, alla comprensione e al riconoscimento delle dinamiche del lutto e dei vissuti traumatici degli adulti coinvolti debba fare i conti con le trame complesse di proiezioni e d identificazioni proiettive violente ed incrociate, sentimenti di rabbia e di dolore, in cui il Consulente si trova avviluppato insieme ai protagonisti di vicende di estrema complessità e di elevata intensità emotiva, fra i quali i bambini rappresentano l’elemento più fragile.
Il fondamento che permette all’analista che si trova a ricoprire il ruolo di ausiliario del magistrato di operare con competenza, mantenendosi saldo e al contempo aperto ad ogni nuova ed imprevedibile situazione che incontra, è la capacità di mantenere il proprio setting interno, anche in situazioni molto lontane dall’assetto in cui è abituato a muoversi, conservando una posizione neutrale.
L’Autrice sottolinea l’importanza di uno sguardo che oscilli dall’individuo al gruppo e attraverso esemplificazioni cliniche ci mostra come nella Consulenza lo psicoanalista possa promuovere trasformazioni in direzione della pensabilità.
Il discorso su quelle che vengono definite CTU trasformative prosegue in modo sintonico con lo scritto di Maria Naccari, che delinea le caratteristiche distintive di queste Consulenze, di cui sottolinea la specificità di ognuna, simmetrica all’unicità di ogni situazione, facendo dell’intervento dello psicoanalista Consulente Tecnico un processo cucito sartorialmente. L’Autrice permette al lettore di seguire l’evolversi di queste CTU, individuando gli strumenti che lo psicoanalista utilizza (la sua mente, le sue teorie, la sua persona) per permettere la dinamizzazione di situazioni altrimenti statiche e senza speranza.
Luciana Mongiovì approfondisce il discorso delle CTU in ambito familiare, evidenziando il difficile crocevia in cui lo psicoanalista Consulente del magistrato si viene a trovare, tra Consulenti di parte, genitori e figli, e illustrando l’evoluzione verso la pensabilità attraverso un’interessante esemplificazione clinica.
La prima parte del volume è arricchita dai contributi di Loredana Palaziol e Andrea Marzi; la prima, anche attraverso un’utile tabella comparativa, evidenzia le differenze fra setting psicoanalitico contemporaneo e setting nel contesto forense, permettendo la comprensione al contempo dello sforzo di adattamento richiesto allo psicoanalista e della sua flessibilità, quindi dello straordinario potenziale di cui la formazione psicoanalitica ci dota.
Lo scritto di Andrea Marzi ha il merito di sviluppare con profondità e chiarezza quelli che a ragion veduta definisce gli spinosi dilemmi cui il perito è esposto “fra ragioni della clinica e ragioni della legge”, trovandosi talora ad operare in zone grigie, in cui sono inevitabilmente implicate questioni deontologiche ed etiche. L’Autore riflette con competenza su temi cruciali quali l’imputabilità, la pericolosità e il risk assessment, mostrandoci quanto ciò che può sembrare oggettivo, sia in realtà materia spesso controversa, alla quale peraltro il pensare psicoanaliticamente può fornire un contributo sostanziale.
La seconda parte del libro esplora attraverso i contributi di Maria Grazia Fusacchia, Noè Loiacono e Valeria Agostinelli, l’universo della giustizia minorile, mostrandoci lo psicoanalista al lavoro nel ruolo di Giudice Onorario e di Consulente Tecnico in procedimenti specifici e di particolare coinvolgimento emotivo e rilievo in termini di responsabilità, quali sono gli accertamenti degli stati di abbandono, che preludono alle sentenze di adottabilità. In questo ambito Maria Grazia Fusacchia espone un esempio clinico perspicuo, corredato di puntuali commenti teorici, con riferimenti ferencziani quanto mai appropriati.
Noè Loiacono e Valeria Agostinelli offrono ciascuno un quadro approfondito di come si declina l’operato dello psicoanalista nel ruolo di Giudice Onorario. In particolare Loiacono offre una efficace descrizione dell’atteggiamento dell’analista Giudice Onorario nei procedimenti che riguardano i minori, del suo ascolto, del suo pensiero, della sua tecnica, trasmettendo implicitamente i limiti con cui questi interventi necessariamente devono fare i conti, che ne divengono, tuttavia, anche aspetti qualificanti.
L’ascolto psicoanalitico praticato dal Giudice Onorario costituisce il fulcro del lavoro di Valeria Agostinelli, che ne cura con attenzione forma e declinazioni.
Infine la terza parte del libro ci introduce in una estensione del metodo psicoanalitico ancora più difficile e paradossale, quella dello psicoanalista all’interno dell’istituzione carceraria. Massimo De Mari assai opportunamente titola i paragrafi del suo contributo elencando i paradossi con cui inevitabilmente ci si deve confrontare, che sono propri del terapeuta, del paziente autore di reato, dell’istituzione e dello psicoanalista. Ritengo che solo attraverso l’esplorazione di tali paradossi e delle contraddizioni insite in questo lavoro , più che mai “impossibile”, si possa renderlo generativo e non limitato al perseguimento di una sorta di adattamento/normalizzazione che nulla ha che vedere con il senso profondo del lavorare psicoanaliticamente.
Il lavoro di Ugo Sabatello conclude i contributi psicoanalitici con una trattazione di grande interesse sull’imputabilità in adolescenza e sul correlato concetto di immaturità, nonchè sulla violenza nell’età evolutiva. Lo scritto appare particolarmente riuscito nell’invitare a conferire senso alle azioni violente apparentemente più insensate, perché si possa il più possibile individualizzare la lettura di ogni singola situazione e di ogni minore con i suoi specifici bisogni, sottesi all’agito violento.
Personalmente, posso dire di aver ripercorso, attraverso la lettura di questo libro molte delle strade intraprese nel lavoro di molti anni in ambito forense, trovandovi stimoli, utili approfondimenti, integrazioni delle idee che nel tempo mi sono andata formando.
L’impresa a cui questo volume efficacemente contribuisce è la costruzione di ponti fra Psicoanalisi e Giustizia, per utilizzare una felice immagine di Loiacono, e la ricchezza e la versatilità del metodo psicoanalitico di cui dà conto mi sembra un motivo importante per cui merita l’interesse e la lettura degli psicoanalisti, non solo di coloro che si occupano di questa particolare estensione del metodo.