L’isteria è un disturbo psichico che Freud (1892-1895) definisce nevrosi di traslazione. Essa si manifesta mediante la comparsa di sintomi apparentemente organici, quali disturbi motori, sensoriali, vegetativi, verbali. Questi sintomi, tuttavia, non derivano da lesioni organiche ma dalla conversione sul corpo di affetti e rappresentazioni inconsce. Nel soggetto isterico, infatti, le correnti libidiche inerenti il sessuale infantile sono rimaste fissate agli oggetti edipici: gli affetti positivi e negativi (amore e odio) diretti alle figure parentali del periodo edipico, pur rimossi al tramonto del complesso di Edipo, sono rimasti attivi sebbene a livello inconscio. Tali affetti, uniti alle rappresentazioni degli antichi oggetti cui erano un tempo diretti, tendono a ripresentarsi nella vita adulta, ad irrompere nella coscienza. Poiché il loro contenuto incestuoso e ostile è inammissibile per la coscienza stessa, esso viene deformato mediante la difesa della conversione sul corpo. Affetti e rappresentazioni inconsci sono in tal modo trasformati in sintomi apparentemente organici, sintomi che simulano una malattia del corpo.
Nel corso di una terapia psicoanalitica, questi contenuti inconsci vengono trasferiti sulla figura dell’analista che pertanto può identificarne l’origine e può facilitarne l’elaborazione. Il trasferimento di affetti e rappresentazioni connessi agli oggetti parentali sull’analista indusse Freud a definire l’isteria come una delle nevrosi di traslazione.
L’isteria ha avuto un ruolo centrale per quanto riguarda l’invenzione e lo sviluppo della psicoanalisi, in quanto disciplina scientifica e pratica terapeutica. L’invenzione della psicoanalisi, infatti, coincide con la scoperta freudiana dell’isteria come patologia derivata dall’eccedenza di contenuti, affettivi e rappresentazionali, inconsci. L’isteria, in quanto manifestazione di elementi ideativo-affettivi inconsci diviene, dunque, primariamente un aspetto organizzatore dello psichismo: la seduzione dell’adulto nei confronti del bambino, cui Freud attribuì rilevanza etiologica nel sorgere della patologia isterica in quanto trauma prima reale e poi legato a fantasie inconsce, è di fatto una dimensione ubiquitaria e ineludibile. A causa della neotenia e dell’impotenza infantile il bambino è totalmente dipendente dall’altro, dal genitore, ed è quindi costretto a misurarsi con la violenza primaria (Aulagnier 1975; Lacan 1953) del desiderio dell’altro o con i suoi messaggi enigmatici perché impregnati dal sessuale appunto adulto, (Laplanche 1984) messaggi che generano una necessità di traduzione (simbolica) del messaggio stesso, potendo però anche giungere a determinare una “confusione delle lingue” (Ferenczi 1933). E tuttavia questo trauma ineludibile è un organizzatore del funzionamento psichico in quanto attiva il movimento pulsionale, definendo la meta e l’oggetto della pulsione.
L’isteria ha mantenuto la sua importanza come sindrome nevrotica per molto tempo. Nei manuali di psichiatria fino agli anni ’80 del ‘900 veniva descritta come una sindrome caratterizzata da tre tipi di manifestazioni: 1) parossismi o crisi acute caratterizzate dai prodromi, dal periodo epilettoide, dal periodo di contorsioni, dal periodo di trance o delle attitudini passionali, dal periodo terminale o verbale di ritorno alla coscienza; 2) manifestazioni durature caratterizzate dall’inibizione delle funzioni psicomotorie (paralisi, anestesie, contratture); 3) manifestazioni viscerali (alterazioni trofiche generali, manifestazioni emorragiche localizzate, febbre senza causa organica).
Nel 1980, tuttavia, la comparsa dei manuali diagnostico-descrittivi, sembra sancire la fine dell’isteria: il termine isteria scompare e l’isteria stessa viene parcellizzata nelle sue manifestazioni fenomeniche e assorbita nei disturbi somatoformi e dissociativi.
Ma l’isteria non scompare davvero. Essa, infatti, ha sempre inseguito ogni tempo storico, società e cultura, confondendosi in essi, sfruttandone i tratti specifici, cogliendo ogni opportunità per ripresentarsi nella medicina o nelle manifestazioni sociali e gruppali, sovvertendo ogni condizionamento culturale, storico e geografico. Questa caratteristica dell’isteria è legata alla mimesi, altro suo peculiare meccanismo di difesa. E, tuttavia, la mimesi, se ha permesso all’isteria di risorgere sempre dalle sue ceneri, l’ha anche esposta alla trasparenza (Scalzone 1999): se la mimesi ha favorito il ripresentarsi dell’isteria nello scenario medico e sociale essa ha reso difficile riconoscere i tratti specifici della malattia favorendone la scomparsa sotto forma di sussunzione in altre categorie diagnostiche o di rigetto sociale (la simulazione).
Per quanto riguarda la psicoanalisi le riflessioni postfreudiane hanno comportato un rimaneggiamento della posizione teorica e clinica dell’isteria.
Alcuni studiosi, infatti, hanno considerato l’isteria come una patologia legata a fissazioni libidiche precedenti l’organizzazione edipica, dando particolare rilievo alla pulsione parziale di tipo orale poiché una certa fissazione dell’isterico alla fase orale pregenitale poteva spiegare la dipendenza dall’oggetto mostrato da questi pazienti ma anche l’impronta pregenitale che prendeva il complesso edipico tanto da definire l’isteria come una patologia pseudo-edipica (Marmor 1950; Zetzel 1967). Altri autori hanno valutato l’importanza di “traumi” subiti dall’Io con conseguente disimpasto pulsionale. Questo aspetto è stato messo in rilievo soprattutto da Khan (1974) che ha ipotizzato che nella genesi dell’isteria potesse essere presente un trauma “reale” sofferto dall’Io a causa di una carenza delle cure materne. Tale trauma sollecita lo sviluppo difensivo di una sessualità precoce allo scopo di gestire in tal modo la delusione che l’isterico si attende dall’oggetto. Da questo tipo di assetto discende un atteggiamento perennemente rancoroso nei confronti dell’oggetto: esso deluderà poiché si lascerà trarre in inganno da una richiesta apparentemente sessuale che, però, non è altro che richiesta di soddisfazione dei bisogni dell’Io. Ruprecht-Shampera (1995) ha individuato nell’isteria una dimensione pulsionale pseudoedipica che nasconde un problema molto più primitivo di separazione-individuazione rispetto all’oggetto materno.
Altri autori hanno considerato l’isteria come una problematica legata alla difficoltà ad abbandonare le identificazioni primarie con l’oggetto materno per costituire le identificazioni secondarie, identificando quindi nell’isteria soprattutto una problematica identitaria (Kohon 1984). Altri autori ancora hanno posto l’accento sull’isteria come difesa da angosce catastrofiche, da crollo psicotico, da angosce depressive, da angosce di perdita dell’oggetto (Brenman, 1985; Halberstadt-Freud, 1996; Green, 1997).
Inoltre, se per Freud (1895) il meccanismo difensivo classicamente presente nell’isteria era la conversione (del conflitto pulsionale sul soma), per altri autori le difese prevalenti sono state rappresentate soprattutto dalla dissociazione (Easser e Lesser 1965; Kluft 2000; Ferro e Riefolo 2006; Mahoney 2017) e persino dal diniego che si poteva estendere fino alla belle indifférence.
Ma oggi si può ancora parlare di isteria? Se l’isteria imita il suo tempo quali potrebbero essere le sue manifestazioni nell’epoca attuale? Se, come sostengono alcuni studi sociologici, il tempo presente è marcato dall’indifferenza (al legame con l’altro umano, alla relazione sentimentale e sessuale, al sociale e al politico come mostra il linguaggio asettico del politically correct), allora proprio l’indifferenza rappresenta il cardine intorno al quale si costruisce la patologia isterica, sfruttando la sua capacità mimetica con il suo tempo. Indifferenza al corpo che non è più il luogo della conversione di affetti e rappresentazioni inconsce, ma diviene piuttosto luogo dell’indifferenza rispetto all’assunzione di una qualunque connotazione specifica, luogo di ascesi e distacco a dispetto della persistenza di qualche vago e sfumato sintomo da conversione. Indifferenza all’oggetto, investito non tanto da correnti libidiche positive o negative ma per il ruolo che esso può assumere nella vita del soggetto isterico. Indifferenza verso obiettivi e mete di vita: nulla è importante se non l’isteria stessa. Un’isteria che assume una connotazione ideale come se fosse costruita intorno a affetti e rappresentazioni che non sono dirette solo alle figure parentali edipiche ma anche ai loro precursori ideali, le imago parentali idealizzate della primissima infanzia (Zontini, 2021).
E, tuttavia, l’isteria resta un riferimento centrale per la psicoanalisi perché 1) tiene insieme il soma e la psiche pur senza colmare il “misterioso salto (Freud 1915-1917)”; 2) tiene insieme il trauma sessuale, se lo intendiamo come traumatismo diffuso del sessuale infantile rispetto alla prematurità corporea, e le fantasie infantili destinate a costruire una fantasmatica generale del rapporto con l’oggetto e quindi della costruzione del soggetto; 3) annoda Io, Es e Super Io all’inconscio rimosso, elemento centrale della teoria psicoanalitica.
In questo senso torniamo a parlare (ancora) di isteria.
Bibliografia
Aulagnier P. (1975). La violenza dell’interpretazione. Borla. Roma. 1994.
Brenman E. (1985). Isteria. In Scalzone F. e Zontini G. (a cura di). Perché l’isteria? Liguori. Napoli.1999.
Easser B.R. e Lesser S.R. (1965). La personalità isterica: una ri-considerazione. In Scalzone F. e Zontini G. (a cura di). Perché l’isteria? Liguori. Napoli.1999.
Ferenczi S. (1933). Confusione delle lingue tra adulti e bambini. In Fondamenti della psicoanalisi. Vol III. Guaraldi. Firenze. 1972-1973.
Ferro F.M.e Riefolo G. (2006). Isteria e campo della dissociazione. Borla. Roma.
Freud S. (1892-1895). Studi sull’isteria. O.S.F. 1.
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Green A. (1997). Il chiasma: i casi limite visti dalla prospettiva dell’isteria, l’isteria vista retrospettivamente a partire dai casi limite. In Scalzone F. e Zontini G. (a cura di). Perché l’isteria? Liguori. Napoli.1999.
Halberstadt-Freud H.C. (1996) Studi sull’isteria, cent’anni dopo: un secolo di psicoanalisi. In Scalzone F. e Zontini G. (a cura di). Perché l’isteria? Liguori. Napoli.1999.
Khan M.M.R. (1974). Il rancore dell’isterica. In Scalzone F. e Zontini G. (a cura di). Perché l’isteria? Liguori. Napoli.1999.
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Edited by R. Meares. (2012). W. W. Norton. New York. NY.
Marmor J. (1950). L’oralità nella personalità isterica. In Scalzone F. e Zontini G. (a cura di). Perché l’isteria? Liguori. Napoli.1999.
Ruprecht-Shampera U. (1995). Il concetto di “triangolazione precoce” come chiave
per un modello unificato dell’isteria. In Scalzone F. e Zontini G. (a cura di).
Perché l’isteria? Liguori. Napoli.1999.
Scalzone F. (1999). Introduzione. In Scalzone F. e Zontini G. (a cura di). Perché l’isteria? Liguori. Napoli.
Zetzel E.R. (1967). La cosiddetta buona isterica. In Scalzone F. e Zontini G. (a cura di). Perché l’isteria? Liguori. Napoli.1999.
Zontini G. (2021). Sulle tracce dell’isteria. Un percorso inutile o una posizione epistemica? Relazione tenuta al Centro Psicoanalitico di Bologna maggio 2021.