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NORMAN ROCKWELL
Parole chiave: Psicoanalisi,Bambini con tratti autistici, Prime Relazioni, Riabilitazione, Psicoterapia Psicoanalitica
BAMBINI CON “ALTERAZIONE GLOBALE DELLO SVILUPPO PSICOLOGICO NON ALTRIMENTI SPECIFICATA”. Quale ruolo per la riabilitazione e per la psicoterapia psicoanalitica.
Benedetti F., Gentile G., Lo Presti V., Ragni L.
SINTESI Gli Autori riscontrano un vasto fenomeno sociale: ai bambini diagnosticati con tratti autistici vengono di norma prescritti trattamenti di tipo riabilitativo. Un gruppo di Psicoterapeuti dell’Infanzia e di Psicoanalisti ha osservato l’andamento delle cure di 30 bambini nell’arco di molti anni riscontrando l’inadeguatezza dei trattamenti riabilitativi e invece i notevoli risultati dei trattamenti con Psicoterapia Psicoanalitica.
Il lavoro del nostro gruppo nasce da una constatazione clinica e sociale: bambini con tratti autistici vengono in prevalenza indirizzati da Servizi Sanitari Pubblici e Privati – quasi in automatico – verso interventi di tipo riabilitativo, spesso senza una valutazione approfondita della loro specifica situazione emotiva e relazionale. Questa tendenza, che coinvolge anche gli ambiti scolastici e le famiglie, ci interroga profondamente.
Riteniamo che, per i bambini con “alterazione globale dello sviluppo psicologico”, cioè con tratti autistici da non confondere con l’autismo tout court (categorie diagnostiche rappresentate nell’ICD-10 dai codici F84.9,F88 e F89), un approccio riabilitativo prioritario e prevalente possa rivelarsi non solo inefficace, ma addirittura iatrogeno, soprattutto se adottato nelle fasi iniziali della cura.
La nostra prospettiva si fonda su anni di esperienza clinica diretta e di intervisione tra psicoterapeuti dell’infanzia di orientamento Tavistock e psicoanalisti SPI, maturata all’interno dei Servizi Territoriali per l’infanzia di alcune ASL e in studi di libera professione. Abbiamo seguito da vicino le storie cliniche di una trentina di bambini, osservando come l’invio ai riabilitatori ha come obiettivo esclusivo la scomparsa del sintomo, inteso come deficit in specifiche aree di funzionamento (linguaggio, motricità, attenzione), senza considerare il bambino nella sua interezza e complessità emotiva.
Ciò che ci preoccupa è la tendenza a “scomporre” il bambino in una serie di abilità psicocorporee separate, valutate in base a standard rigidi e predefiniti, trascurando le sue caratteristiche di personalità, le sue esperienze relazionali precoci e il funzionamento del suo mondo interno. In quest’ottica, il corpo e la mente appaiono scissi e l’intervento riabilitativo si riduce a una serie di esercizi e stimolazioni mirate a “correggere” le funzioni deficitarie.
Notiamo che questo approccio trascura un aspetto fondamentale: lo sviluppo infantile è un processo complesso e dinamico, profondamente influenzato dalle relazioni affettive primarie e dalla capacità del bambino di dare un senso al mondo che lo circonda. Come sottolineava Freud (1925), “tra la vita intrauterina e la prima infanzia vi è molta più continuità di quel che non ci lasci credere l’impressionante cesura dell’atto della nascita”. Il bambino, fin dal concepimento, è un essere , capace di sperimentare emozioni e di entrare in relazione con l’ambiente, a partire dal corpo della madre.
Quando un bambino presenta difficoltà evolutive, è essenziale andare al di là della semplice correzione o scomparsa dei sintomi, per comprendere le cause profonde del suo disagio e per aiutarlo a costruire una solida base affettiva e relazionale. In questo senso, riteniamo che la psicoterapia psicoanalitica infantile rappresenti il trattamento d’elezione per i bambini con tratti autistici (beninteso non autistici tout court), in grado di offrire loro uno spazio sicuro e accogliente in cui poter esprimere le proprie emozioni, elaborare i propri traumi, sperimentare la fiducia in sé stesso e negli altri, avviarsi a divenire soggetto. La psicoterapia psicoanalitica, a differenza di molte impostazioni riabilitative, considera il bambino come un’unità somatopsichica, dove gli aspetti corporei e psichici sono interconnessi e si influenzano a vicenda; attraverso la relazione affettiva con il terapeuta e l’uso del gioco come strumento di comunicazione, la psicoterapia mira a favorire la ripresa dello sviluppo dal punto in cui si è interrotto, aiutando il bambino a integrare le proprie esperienze, a dare un senso al proprio mondo interno e a costruire relazioni significative. Il terapeuta, in quest’ottica, non è un semplice “tecnico” che applica protocolli e propone esercizi, ma un “compagno di viaggio” che si sintonizza con il bambino, lo ascolta empaticamente, lo aiuta a prendere contatto con le proprie emozioni e lo sostiene nel suo percorso di crescita.
In un articolo pubblicato su “Babele Laboratorio Editoriale” presentiamo il processo terapeutico e gli esiti a volte clamorosi della cura di cinque bambini e bambine diagnosticati con tratti autistici e trattati con psicoterapia psicoanalitica. Alcune di queste situazioni hanno avuto all’inizio dei trattamenti intensivi con logopedia e psicomotricità dagli scarsi risultati, mentre si è assistito ad una ripresa dello sviluppo dopo l’avvio della psicoterapia psicoanalitica. Altri casi hanno iniziato precocemente la psicoterapia, senza riabilitazione. In tutte le situazioni il trattamento dei bambini è stato accompagnato dagli operatori dei Servizi Pubblici che hanno assicurato il rapporto con il mondo della Scuola e il sostegno della famiglia e della coppia genitoriale.
Il nostro lavoro non è teso a negare in assoluto l’importanza di interventi riabilitativi specifici, come la logopedia o la psicomotricità. Tuttavia, riteniamo che tali interventi – nei casi di bambini con tratti autistici – non debbano essere prioritari e primi nel tempo e che debbano essere integrati in un progetto di cura più ampio, che tenga conto della globalità del bambino e che ponga al centro la relazione affettiva e la dimensione emotiva, le caratteristiche di personalità del bambino ed il contesto familiare e sociale in cui vive.
In conclusione, sosteniamo con forza la necessità di un cambiamento di paradigma nell’approccio ai bambini con “alterazione globale dello sviluppo psicologico”in cui venga abbandonata la logica della “scomparsa del sintomo” per abbracciare una visione olistica ed integrata del bambino; in cui si privilegino interventi che promuovano lo sviluppo emotivo e relazionale, con terapeuti in grado di sintonizzarsi con il mondo interno del bambino; auspichiamo inoltre che si formino riabilitatori con una maggiore sensibilità emotiva e una maggiore capacità di entrare in relazione prima di tutto con i bisogni dei piccoli pazienti. Solo in questo modo potremo offrire a questi bambini la possibilità di esprimere appieno il loro potenziale e di vivere una vita significativa e soddisfacente. Le nostre riflessioni si pongono in linea con una crescente attenzione, nel campo delle neuroscienze e della psicoanalisi, all’importanza delle relazioni precoci e dell’ambiente nello sviluppo del cervello e della mente del bambino. Come sottolinea Mucci, “è l’incontro dei due sistemi corpo-mente-cervello in continuo scambio e modulazione reciproca che è responsabile a tutti i livelli dello sviluppo, sia ottimale sia insufficiente o problematico”. Pertanto, è fondamentale che i servizi pubblici e privati, le scuole e le famiglie lavorino insieme per creare un contesto di cura integrato, in cui il bambino sia al centro dell’attenzione e in cui vengano valorizzate le sue capacità, le sue emozioni e le sue relazioni.[1]
[1] In relazione alle tematiche qui presentate, è possibile leggere e agevolmente scaricare e stampare un nostro articolo più completo e comprendente il resoconto dei trattamenti dei bambini precedentemente citati, aprendo il sito web di “Babele” corrispondente al seguente link: https://bit.ly/3XlzmW3