Parole chiave: Basaglia, Psicoanalisi, Cura, Salute Mentale
A 45 anni dalla Legge Basaglia, quando il malessere sfocia nella violenza
Intervista a Sarantis Thanopulos
di Davide D’Alessandro
A 45 anni dalla Legge Basaglia che ne è del rapporto tra cura e malattia mentale?
La cura nella situazione attuale della salute mentale è in grave crisi, se per cura non intendiamo l’assistenza materiale, che pure è molto peggiorata, sia perché mancano le risorse economiche, sia perché manca il coinvolgimento nei confronti di chi soffre.
Coinvolgimento che è mentale, affettivo e anche erotico, se per erotico non intendiamo la sessualità tout court, ma il piacere, sensuale nel suo nucleo come in ogni esperienza significativa, di trovare dentro la sofferenza la vita che, pur patendo, palpita in cerca di espressione.
Senza la passione per l’altro nell’ assisterlo non ci si mette l’anima e tutto si riduce a interventi tecnici impersonali che fronteggiano un bisogno immediato e desertificano le relazioni.
La cura è in primo luogo cura della relazione con l’altro, che trova la sua migliore realizzazione nel reciproco prendersi cura dei propri desideri, delle proprie emozioni e dei propri pensieri.
Come si può fare questo senza la psicoterapia o il lavoro di reinserimento nella sua comunità della persona che soffre, senza il lavoro di reciproca comprensione e integrazione tra la comunità e le persone che dentro di essa vivono male? Affidarsi alla sola terapia farmacologica ha disumanizzato la cura e ha creato un malessere sordo, invisibile che si incancrenisce e ci fa ammalare tutti.
Che cosa ci dice l’uccisione della psichiatra di Pisa e tanti altri fatti di minacce e di violenza contro i professionisti che operano per contenere la malattia mentale?
Il malessere tende a sfociare nella violenza (contro di sé e contro gli altri) se non ci si prende cura del malessere, se si cerca di reprimerlo invece di renderlo vivibile, significativo ed elaborabile perché liberi il desiderio di vivere, che è imprigionato in esso.
Usare i farmaci al posto del lavoro di cura (che dovrebbe includerli e non essere escluso da essi) abbandonando i pazienti allo stato brado, ha avuto e avrà gravi conseguenze. Anche perché l’abbandono fa incastrare tra di loro la differenza individuale e la grigia, aggressiva, sofferenza diffusa in tutta la società, rendendo alcune situazioni, da drammatiche, letteralmente esplosive. L’assassinio di Pisa è espressione di questo incastro ed è molto inquietante.
Una parte della psichiatria ha colto l’occasione per un richiamo all’ordine, al ritorno degli psichiatri al controllo sociale. Non è solo una idea repressiva e pericolosa per la democrazia, che getta olio sul fuoco. È anche velleitaria: una demagogia. Porterà ancora più confusione e disperazione.
Le risorse sono sotto al 3% del fondo sanitario. Perché i governi non colgono l’importanza del fenomeno?
Il 3% del fondo sanitario, ma quella mentale, psichica è la più diffusa tra le sofferenze. Si pensa che lo psichico sia meno importante del biologico. Un’idea balorda. Il rappresentante del governo americano nel campo medico ha pubblicato una ricerca che mostra come l’isolamento sociale ha provocato un aumento del 30% (!) delle morti precoci. Gli esseri umani mettono al primo posto il senso della loro esistenza e se non riescono a trovarlo mettono ripetutamente in pericolo la loro vita.
Vai a farlo capire alla politica, che ha smarrito il senso della salute psichica collettiva, ha dimenticato la lezione della poesia tragica che si interrogava sul dolore umano e pensa che le scienze umanistiche siano superate, poiché conterebbe soltanto la rivoluzione digitale!
La psiche sembra non avere difese. La psicoanalisi come si pone sul tema e quale ruolo gioca?
La psicoanalisi pensa che la difesa dalla vita stia trionfando sull’amore per la vita. La grande malattia della nostra epoca è la paura di vivere. Difendiamo il desiderio, se vogliamo mantenere viva la psiche.