Umorismo e malinconia nelle poesie e negli epigrammi di Enzo Morpurgo
di Valeria Egidi Morpurgo
Ho scelto un tema complesso, e cercherò di trarne vantaggio, per me e per chi mi ascolta, evitando un discorso sistematico, che richiederebbe molto tempo, e si presterebbe meglio a un lavoro scritto che non a una comunicazione verbale come questa.
Quindi, ecco qualche riflessione sparsa su l’umorismo e la malinconia nelle poesie di Enzo Morpurgo.
La radicalità etica dell’ebraismo
Credo che quel che caratterizza il fondo, la base del pensiero di Enzo, sia la sua radicalità tipicamente ebraica. E’ quel richiamo al carattere fondamentale che è il rispetto della Legge, che, sia nella forma religiosa sia nella forma laica, che era poi quella di Morpurgo, privilegia la Giustizia come ideale, ideale guida, meta delle azioni umane individuali e collettive.
Questo è qualche cosa che coinvolge tutti noi, indipendentemente dal nostro credo, dalle nostre radici e dalle nostre appartenenze. E’ un essere umano giusto, secondo l’ebraismo, colui che rispetta la legge, e i giusti salveranno il mondo. Enzo ricorda, nello scritto Il razzismo e il rifiuto dell’altro, la leggenda ebraica dei trentasei giusti, sui quali riposa il mondo. Almeno trentasei giusti devono restare nel mondo, perché se ne mancasse anche uno solo “l’umanità soffocherebbe in un grido” (André Schwartz Bart, Le dernier de Justes) )
L’idea di giustizia si accompagna all’ideale del riscatto, o come lo definiva Enzo, di emancipazione. “L’impresa psicoanalitica – ricordava Mario Vegetti nella sua prefazione a Fra tempo e parola, – “è sempre solidale con una scelta etica, con un progetto di valore il cui orizzonte (…) è quello dell’emancipazione individuale e collettiva”.
E d’altra parte Francesco Barale nella sua prefazione a Chi racconta a chi, segnalava che Enzo Morpurgo “ha una visione della vita umana ad un tempo profondamente laica e prfondamente religiosa(cioè consapevole della sua infinità complessità e enigmaticità) attraversato e sostenuto da un’ironia malinconica”
Radicalità etica, malinconia, umorismo
E’ un passaggio relativamente semplice quello dalla radicalità etica alla malinconia perché la radicalità comporta un’immagine drammatica se non tragica della vita e può perciò condurre al pessimismo, che giustamente in questi casi viene definito come “radicale”. Ma, come vedremo, la malinconia non è necessariamente pessimismo, anzi, vi è un tipo di malinconia nostalgica che non sancisce l’irrimediabile perdita dell’oggetto e del soggetto ma al contrario salvaguarda l’oggetto e la relazione con esso.
Ma l’ironia e l’umorismo? Come si collega la radicalità etica, che vuol dire, in termini molto semplici, pensare che il mondo e la vita mettono di fronte continuamente a scelte che non sono eludibili? Concezione del mondo certamente scomoda, che potrebbe evocare in noi quanto meno toni didattici o moralistici o profetici? Come si collega con il tono sempre bonario di Enzo, che era un suo tratto personale che mantiene forte evidenza nelle sue poesie e battute? Come si collega l’etica con la leggerezza della battuta, con il senso dell’umorismo?
Provo a fare un’ipotesi, riprendendo qualche idea da Moni Ovadia, autore di opere teatrali indimenticabili, attore, musicista…artista, che incomincia con una storiella: “
“Un gentile chiede ad un ebreo: “perchè voi ebrei rispondete sempre a una domanda con un’altra domanda?” E l’ebreo: “Perché no?”
La storiella è stata applicata a buon diritto agli psicoanalisti e ci dice molte cose. Tra l’altro che una questione centrale per l’ebraismo è la domanda; l’essere umano è colui che pone domande. Anche a dio. Enzo amava citare un detto ebraico, tangenziale alla questione della domanda: “Il saggio (hahàm) è colui che impara da tutti” quindi non è colui che ha le risposte.
Ma l’umorismo che cosa c’entra? Così come la domanda apre alla produzione di senso, ancora di più è la battuta, e il gioco di parole, che rappresentano una esplosione di significati. Ce lo ha mostrato Freud con il suo mirabile scritto sul Witz, quanto sia potente il gioco di parole e l’umorismo.
Moni Ovadia colloca addirittura il riso, e il ridere alle fonti dell’identità ebraica. Abramo e Sara quando viene loro annunciato che avranno un figlio, essendo l’uno centenario, l’altra nonagenaria, hanno uno scoppio di risa. E dio dà il nome del loro figlio, che sarà Itzàch: che deriva dal verbo tzakak, ridere. Isacco è dunque colui che ride.
“In sintonia con questa linea, prosegue Moni Ovadia, si costruisce l’umorismo ebraico. Il suo scopo è quello di esiliare l’arroganza delle certezze, di introdurre una dimensione imprevista che stimoli a creare una nuova fonte di pensiero consapevole della propria precarietà (…) una forma mentis irridicibilmente anti-idolatrica (…)con l’ambizione di smascherare la violenza del pregiudizio e sculacciare la stupidità del mondo” (L’ebreo che ride, 10-12)
Enzo non era mai paludato. Fu molto felice della raccolta Un uomo a mare, (Mazzotta, Milano, 20012) ma aveva troppo senso dell’ironia per considerarsi un poeta. Eppure aveva delle idee precise sul significato del mettere in versi i pensieri. Istanza ironica e istanza etica si rimandano l’un l’altra:
Tu non ascoltarmi
Ma sappi che a Gaeta
Rinchiuso è già un poeta
Per traffico di carmi
Senza un tragico senso della vita
poesia non si dà, ma solo roba trita.
Non scrivo endecasillabi perfetti:
dico i pensieri che mi stanno stretti.
Uno degli oggetti verso cui ha più esercitato la sua ironia è la psicoanalisi, o meglio la psicoanalisi quando diventa un rituale e una formula
E mentre il corpo, affranto
si corrompe e muore
L’anima intatta pensa a far l’amore.
Col che si dice che davvero il desiderio
ha l’abitudine di prendersi sul serio
La zona dell’Io
libera da conflitti
Vien data da Dio
in premio agli afflitti
In ogni adulto riuscito
c’è un bambino avvizzito.
Oedipus rex
Il padre non è altro
che un’assenza che si riempie
delle tendenze empie
di un infante scaltro.
L’Edipo, ovvero Etica e psicoanalisi 1
La mia morale
è invero alquanto rigida
Ce l’ho l’amante giovanissima,
ma è frigida!
Che cos’è la psicoanalisi? Dialoghetti mitologici
19.2.1980
“Lei all’opra si accosta
con nobile fervore
donde trae un sì indomito cuore?”
“Tantalo sono e ad evitar l’Ospizio
fingo e fingo di acconciarmi al mio supplizio.”
50. (1980)
“.Lei all’opra si accosta
con sembianze accorte;
sembra che le speranze non sian morte”.
“Sisifo sono, e l’uso delle pietre
mi allontana dalle idee più tetre.”
51.(1980)
Che cosa è la psicoanalisi?
E’ una proposta d’amore
tra le più robuste:
“venga a letto con me,
sono Procuste!”
E la battuta che ha circolato di più negli anni ‘70
Fiore di bosso
Non oso più nemmeno andare al cesso
Da che so che c’è il ritorno del rimosso.
Ma non è sbeffeggiamento fine a se stesso
25.D La Psicoanalisi.
Non potrà diventar corretta scienza
se non vincendo la propria resistenza
ad ammettere che il povero Malato
ha ben diritto di essere aiutato.
58 1980
Fior del momento (memento)
Non c’è peggior sordo
Di chi ti ascolta
A pagamento
Ma l’ironia ha altri bersagli, non solo il presunto establishment, ma anche i suoi contestatori, su cui Enzo non si faceva illusioni
Il contestatore
Chiedo mi si riconosca per statuto
il diritto di mangiare nel piatto
dove sputo.
162 (1975)
Incontro con un allievo arrampicatore
Io son come un’Esaù
ma del quale per di più
a farlo venir matto
si sia rubato il piatto!
E infine, soprattutto se stesso. Dall’inizio:
Scrittore in erba
Pareva destinato
ad acquistar carisma
Ma è morto fulminato
da scoppio di aforisma.
E la fulminante
L’ottimista.
E’ stato condannato
per apologia di Creato
All’età matura:
La mia carriera:
Tra dottrina e comizio
finisco all’Ospizio
Autoritratto
Il passato.
Bello o brutto
Lo rimpiango tutto.
Il presente:
Non ne so niente
Il futuro:
Tu ci credi? Tieni duro
Ma la voce dell’umorismo, il piacere dello scherzo, della battuta e dell’autoironia si intrecciano con quella malinconica. Il ritmo rallenta e in un tempo sospeso Enzo ci fa condividere i suoi rimpianti, fino all’amarezza.
95H.
E’ passata la vita.
ha lasciato una ferita
96H
Son stato chino
sul bordo della vita
A vederla scorrere
Piano piano, tra le dita.
146.
Chi tanto seminò
niente raccolse
di ciò che capitò
molto gli dolse.
172
Con fare un po’ smarrito
e un po’ struggente
lui dice:” l’attimo fuggente
è già fuggito!”
Ma di quale malinconia parliamo? Della malinconia dolce, dello struggimento nostalgico che permette di ricostituire in sé l’oggetto, di non perderlo e che quindi è un antidoto alla malinconia depressiva e alla tristezza? Della malinconia nella quale il pensiero si trasforma e si sublima in canto?
145.
Cantano le sirene
e il loro bel cantare
Dice soltanto che
c’è un Uomo a mare.
O della malinconia vera, depressiva, quella che tutto vuota di senso?
Tutto quanto viene a noia
sia il dolore sia la gioia
O della saggezza del limite, raggiungimento malinconico per ecccellenza?
Genitori col cipiglio
Erano vecchi e strambi
Non mi sentivo figlio
Ora somiglio
A entrambi
Ma l’autoironia riprende quota
6.T.
Sono stato al mercato dell’usato:
m’hanno subito comprato.
Ora con un tema volutamente “basso” che attenua il sentimento di perdita e di ricerca dell’oggetto perduto
Come mi sento oggi
Mi sento senza, senza; e cerco
cerco, cerco; come un vecchio
scarabeo che ha bisogno ancor
di sterco.
Come Re Mida trasformato
in vacca,
tutto l’oro che tocco mi diventa…
cacca.
Ora con una parodia della maniacalità, del diniego
Questa mia vita
dai margini sfrangiati
e costellata
di bocconi avvelenati
non la cambio nemmeno in
intenzione.
Ma se proprio ci fosse
un’occasione…
133 (1983-85)
Troppi morti tutti attorno
più di uno, d’uno al giorno
e me fanno sentì male
Per fortuna io so’ immortale!
La finta maniacalità si rovescia in consapevolezza del limite: di nuovo in forma malinconica, se consideriamo la malinconia come sentimento propizio all’elaborazione depressiva kleinianamente intesa
186
Rido a più non posso
La mia anima è lieta
Sono un colosso
Dai piedi di creta
Il tono si fa più grave, è un tono assorto: questa, senza alcuna retorica è la voce della radicalità etica
La mia testa è una montagna incandescente
pensa i destini dell’umana gente.
Gesù in difficoltà
Sono un ebreo inchiodato sulla croce
Per parlare col Padre non ho voce.
In un gruppo di rime, che abbiamo intitolato “Biblica” c’è la domanda sul destino e sul “dopo”, e si immagina un dialogo con quello che sta lassù:
BIBLICA
Biblica 1
Olè, olè, olè
nel clangore delle trombe
del Giudizio Universale
ecco s’aprono le tombe
e ohimè,
Lui ci resta male.
Glielo dico senza far la riverenza
ma son così attaccato a st’esistenza
che se mi lascia ancora un poco sulla terra
Le assicuro: smetterò di farLe guerra!
33. 1979
Se mai mi troverò davanti a Dio
dirò così: ” sono qui
per voler del Super-Io.
Fossi stato al dettato dell’istinto
quassù non ci starei manco dipinto!”
Mi dispiace lasciare questo mondo
anche se spesso è proprio un luogo immondo
Se proprio mi dovessi reincarnare
sceglierei di farlo al lupanare!
Fino ad una provvisoria conclusione
Non farò più epigrammi
già non voglio crear drammi
e poi mi si è cariato
il dente avvelenato
Ma che cosa è la vita allora per Enzo Morpurgo? Una cosa è certa: “amo la vita”
Mi son goduto le stagioni della Vita
lo dico piano, e la faccia mia è contrita.
Per non destare l’invidia di quei molti
che la via l’han vissuta un po’ da stolti.
Amo la vita
temo la dipartita:
cosa mi mancherà nell’aldilà?
l’occhio di triglia
il pesce alla griglia
il baccalà mantecato
un dolce al cioccolato…
e così via così via
amen amen così sia
Fin de partie (con reicarnazione)
Tiro giù il sipario.
E mi chiudo nel sudario.
Alzo il sipario
esco con l’abbecedario.
Milano 12 gennaio 2013