Milano 20 marzo 2010
Sabato
20 marzo 2010 si è tenuta , presso la Casa della Cultura di Milano, promossa
dal Centro Milanese di Psicoanalisi “Cesare Musatti” con il patrocinio della
Facoltà di Medicina dell’Università di Milano, una giornata di studio dedicata
a Mauro Mancia.
La giornata è stata particolarmente intensa, ricca di emozioni, di ricordi e di
contributi scientifici e filosofici di altissimo livello, riuscendo, così, a
far ritrovare e rivivere la poliedricità
che lo caratterizzava a quanti lo conoscevano e a farlo conoscere ai giovani
che in grande numero erano presenti nell’affollata sala.
La videoconferenza con il figlio Filippo ha aperto i lavori della mattina che avevano
come Chair Silvia Vegetti Finzi.
Filippo
Mancia, biologo molecolare, vive e lavora negli USA da 10 anni: ha parlato del
padre come uomo e come scienziato e ha
sottolineato come da lui abbia appreso
molto presto che la curiosità è alla base di qualsiasi pensiero scientifico.
Dopo
aver presentato l’itinerario di ricerca del padre attraverso la citazione delle
sue maggiori pubblicazioni, Filippo è riuscito a dare la misura dell’intensità
del loro rapporto , che si è nutrito fino all’ultimo di contatti quotidiani attraverso Skype (
mezzo di comunicazione che Mancia molto apprezzava) con il racconto di alcuni
episodi della sua infanzia.
Tra
i ricordi quello della ” prima lezione di anatomia” proposta come gioco al
figlio bambino quando una malcapitata lucertolina era finita nella bacinella
bianca dell’acqua per farsi la barba che Mancia utilizzava quando in estate
erano a Panarea e quello del pelouche Pelosino, “animaletto speciale” ricavato
dalla nonna Bice da una pelliccia chiara al momento della partenza di Filippo
per Londra con la mamma quando i genitori si erano separati.
“Pelosino”,
con le avventure che il padre scriveva per il figlio e che gli leggeva quando
andava a trovarlo, è diventato, da più di 20 anni, un libro per bambini.
La
videoconferenza si è conclusa con il saluto di Filippo che teneva in braccio il
suo bambino nato 5 settimane prima :”il primo nipote di Mauro Mancia”.
Claudia
Peregrini ha ricordato Mancia neurofisiologo e psicoanalista e ha sottolineato
come mente e corpo in Mancia abbiano trovato un “unico luogo” essendo l’una
espressione dell’attività dell’altro nella misura in cui ogni processo mentale
ha un corrispettivo somatico.
Antonio
Di Benedetto (Sentire l’inconscio non-
rimosso) ha sottolineato la passione di Mancia per la musica e l’arte. In
Seminari condotti insieme hanno elaborato ricerche volte a riconoscere alla
musica il potere di rievocare le esperienze fondative dell’essere umano, quelle
che caratterizzano il periodo pre- natale e il periodo prima del rapporto con
il seno: “Dalla musica entrambi abbiamo tratto un particolare interesse per la
parola intesa, non come oggetto da decrittare, ma come oggetto sonoro, forma
significante, atta ad aprire nell’animo dell’ascoltatore un canale comunicativo
verso il mondo emozionale.”
Di
Benedetto ha anche fatto riferimento a due concetti fondamentali nella
teorizzazione di Mancia: il concetto di memoria implicita e il concetto di
inconscio non rimosso, concetti considerati interscambiabili, che rappresentano
un “archivio” più biologico che psichico, tracce di vita non rievocabili ma
condizionanti l’espressività e la creatività personali, che si possono
presentare con immagini oniriche e nella prosodia della comunicazione tra analista e paziente.
Luca Imeri (Dal
cervello alla mente e indietro sino al corpo: la lezione di Mauro Mancia nella
ricerca di un allievo neurofisiologo) ha sottolineato il ruolo chiave di
Mancia nell’ampliamento della conoscenza dei circuiti cerebrali coinvolti nella
regolazione del sonno e nella diffusione della “cultura del sonno”. La
conoscenza del cervello è necessaria ma non sufficiente per capire il
funzionamento mentale: Mancia ha sempre tenuto conto della complessità della
ricerca e le sue ipotesi teoriche sono considerate anticipatorie di futuri
sviluppi.
Silvana Borutti (Autocomprenstione
della psicoanalisi e filosofia) ha preso in considerazione due temi in
particolare. Il primo, la valorizzazione che Mancia ha fatto dei rilievi mossi
da Wittgenstein a Freud: Wittgenstein non ha compreso, probabilmente per
difficoltà emotive (ben analizzate da Mancia nel suo saggio su Wittgenstein),
concetti fondamentali della psicoanalisi come quello di inconscio, egli ha
tuttavia intravisto una lettura della psicoanalisi come ermeneutica del
possibile, secondo l’espressione di Gargani, cioè come lavoro di costruzione
delle interpretazioni. Il secondo, la
sottolineatura in Mancia delle corrispondenze epistemologiche tra la struttura
dell’esperienza artistica e struttura dell’esperienza analitica. Il legame
profondo tra queste due aree di interesse (psicoanalisi e arte) è rappresentato
anche dalla convergenza di Wittgenstein e Freud intorno al concetto di
immagine, o di linguaggio di immagini (Bildersprache),
e intorno all’idea di costruttività del simbolico: “La forma allora non è
separabile dagli oggetti che porta a visibilità: è dunque costitutiva di esperienza, e nello stesso tempo in trasformazione con
l’esperienza. E l’oggetto è l’oggetto che ci è possibile esperire a partire
dalla mancanza dell’oggetto in sé.”
Vittorio Gallese (Mauro Mancia e il
dialogo tra Psicoanalisi e Neuroscienze) dopo aver ricordato i proficui
scambi scientifici avuti con Mancia in occasione di diversi convegni tra cui
quello della Conference della Federazione Europea di Psicoanalisi di Barcellona
del 2007, e i vari temi di ricerca di Mancia a partire dagli studi del
comportamento del feto, ha mostrato un filmato che riprendeva l’interazione,
poi sottoposta a studio cinematico, tra due feti gemelli: la registrazione
individuava profili cinematici diversi a seconda se i movimenti fossero auto o
eterodiretti con un’inversione della proporzione tra i movimenti verso sé e i
movimenti verso l’altro a favore di questi ultimi nello scorrere delle
settimane della gestazione (gli studi comprendevano un periodo tra la 14° e la
18° settimana).
La ricerca cui Gallese ha fatto riferimento, condotta con Castiello, mostra che
l’esperienza di base di noi stessi è guidata fin dall’inizio dalle nostre
interazioni con altri. Gallese ha inoltre fatto riferimento agli studi sulla
dimensione sociale delle emozioni e sulla ricerca che porta avanti, con Filippo
Maria Ferro, per approfondire la conoscenza sugli esordi psicotici.
Anna Ferruta, chair della sessione pomeridiana, ha introdotto i lavori dopo
aver fatto riferimento non solo alla figura di Mancia come psicoanalista e
scienziato dalla cultura ampia e profonda, ma anche alla sua sensibilità e
coscienza politico-sociale (all’esterno della Casa della Cultura in una Piazza
Duomo pienissima e colorata si veniva svolgendo la manifestazione di ‘Libera’,
fondata da Don Ciotti, contro tutte le mafie).
Martin Cabré (Mauro: uno psicoanalista
Cervantino) ha letto, commosso, una sua lettera scritta per Mancia nella
quale parla di un suo sogno sognato ad occhi aperti, pieno di tutti gli
interlocutori di Mancia (a partire da Freud), ambientato nei luoghi che lui
amava.
Nell’eroe di Cervantes, Cabré individua le doti che hanno caratterizzato
Mancia: “idealista intelligente che si scontra con una realtà che riesce a
ridicolizzare”.
Mauro Manica (La famiglia fantasmatica
dell’analista: Mauro Mancia come supervisore) ha parlato di Mancia
supervisore di un suo caso clinico del
training psicoanalitico: ne ha sottolineato lo “stile Kleiniano”, l’aver
sviluppato in senso relazionale il modello di Freud, con un profondo interesse
per gli sviluppi della teoria in
relazione alla clinica degli stadi precoci dello sviluppo psichico. Manica ha
anche rievocato la sua capacità di farsi attore nell'”interpretare” gli scambi transferali tra analista e
paziente, e la sua fiducia nelle capacità trasformative di una mente che è
stata in relazione con l’altro, presente anche nel modo di proporre alcune
sottolineature teoriche: “Come il tempo anche il sogno è un grande medico”.
L’intervento
di Luigi Solano ( Corpo e psicoanalisi
agli inizi del nuovo millennio) ha
presentato le linee guida del gruppo di studio su corpo < > mente del
Centro di Psicoanalisi Romano, coordinato da Carla De Toffoli. Queste si
ispirano all’integrazione tra conoscenze oggettive e soggettive, ad un monismo
non riduzionista, al riconoscimento della necessità di un dualismo sul piano
conoscitivo.
Ha
poi proposto l’utilità della Teoria del Codice Multiplo di Wilma Bucci per
differenziare dei sistemi all’interno di questa prospettiva unitaria.
Angelo
Macchia, dello stesso gruppo di studio, ha presentato un caso clinico visto
nella prospettiva così delineata, illustrando come la comprensione della
dimensione corporea possa avvenire soprattutto all’interno della dinamica
transfert/controtransfert.