Fondazione Libero e Zora Polojaz
Nel novembre 2014, la Fondazione Libero e Zora Polojaz, in collaborazione con il Museo Revoltella e con il patrocinio della S.P.I. e del C.V.P., ha organizzato un seminario scientifico internazionale sul tema: Integrazione e scissione. Un’occasione preziosa per riflettere sulle oscillazioni tra spinte integrative e disintegrative, per quanto riguarda il mondo interno ed esterno.
La teoria psicoanalitica si è occupata della scissione fin dagli Studi sull’isteria. Freud già ne Le neuropsicosi da difesa (Freud, 1894) ha riconosciuto stati particolari della coscienza di tipo traumatico, gli “stati ipnoidi”. In un primo momento la scissione è stata considerata in rapporto a rappresentazioni isolate dalla rete associativa e dalla coscienza. Per Freud questa formazione si osserva in tutte le forme psicopatologiche. Nell’isteria le rappresentazioni incompatibili con la coscienza si manifestano attraverso la conversione somatica, mentre nella patologia ossessiva e nella fobia favoriscono lo stabilimento di falsi nessi.
Molti anni dopo, Freud (1927) approfondisce e amplia il concetto quando considera la scissione dell’Io nella perversione. Nel feticismo viene, infatti, percepita la mancanza del pene nella donna, ma allo stesso tempo permane la convinzione dell’esistenza del fallo materno. La scissione verticale dell’Io comporta l’instaurazione di un doppio registro: la percezione della realtà e la negazione della medesima coesistono.
Molti autori hanno ampliato il concetto e approfondito l’argomento, basti pensare alla scuola kleiniana e a Bion. Accanto a una scissione netta dell’oggetto e dell’Io sono stati evidenziati processi di frammentazione a entrambi i livelli. La scissione può tradursi in una difesa estrema, che mira a distruggere l’oggetto temuto attraverso la sua – e la propria – disintegrazione.
Tuttavia, la scissione non va considerata esclusivamente in riferimento a formazioni psicopatologiche. In età evolutiva essa gioca un ruolo importante. Nella fase schizo-paranoidea facilita l’organizzazione mentale attraverso la differenziazione e la separazione. In questo periodo funge da rinforzo alla barriera protettiva contro gli stimoli e sarà sostituita in seguito da forme difensive più mature.
La scissione opera anche nella dimensione allargata della vita sociale, dei popoli e delle nazioni. Eventi traumatici esterni collettivi possono dare luogo a frammentazioni e scissioni e ostacolare il processo d’integrazione.
In questo senso, il seminario ha fatto riferimento alle iniziative che hanno preso spunto dal centenario della Grande Guerra. L’esperienza della distruttività bellica ha, infatti, contribuito alla nascita di alcuni concetti freudiani di grande rilevanza come l’intreccio tra pulsioni di vita e di morte e favorito gli studi sulla psicologia di massa.
Il progetto del seminario era stato proposto dalla Fondazione Polojaz a Zagabria nell’ottobre 2013 ad alcuni partecipanti durante l’incontro scientifico internazionale, al quale partecipava anche il Presidente dell’IPA Stefano Bolognini, per festeggiare il passaggio da Study Group del gruppo psicoanalitico croato a Provisional Society dell’IPA. La Fondazione era stata invitata, in quanto da anni partner del gruppo croato in un progetto teso a sviluppare un interesse scientifico e culturale verso la psicoanalisi. I colleghi croati hanno subito aderito alla proposta del seminario, sostenendo anche la scelta del tema che si prestava a coniugare l’attenzione per il contesto sociale con la clinica psicoanalitica.
Vlasta Polojaz ha aperto i lavori del seminario a nome della Fondazione, delineando la cornice spazio-temporale nella quale esso si svolgeva, rappresentata dalla collaborazione con il Museo civico Revoltella, il quale rendeva disponibili e fruibili pure i propri spazi espositivi. Ripercorrendo la storia della fondazione, sorta dieci anni fa, V. Polojaz ha illustrato, tra le molte iniziative promosse, quelle nel campo della psicoanalisi e psichiatria riguardanti alcuni paesi dell’area balcanica, ma anche i progetti svolti nell’ambiente pluriculturale delle scuole statali con lingua d’insegnamento slovena di Trieste, ricerche alle quali hanno dato il loro apporto anche psicoanalisti (A. Braun, P. Fonda, V. Polojaz), e si è poi soffermata sulle tappe che hanno indotto la fondazione a promuovere la giornata di studio.
Trieste è stata scelta per l’organizzazione dell’incontro, non solo perché vi ha sede la Fondazione, ma anche perché si tratta di una città con una lunga tradizione psicoanalitica. Così nel dicembre 1985, in occasione del convegno La cultura psicoanalitica, una sessione intera ha esaminato il rapporto tra Trieste e la psicoanalisi con contribuiti di Laible, Musatti, Parin, Petronio Andreatta e Voghera (in: Accerboni A. (a cura di) 1987). E come non soffermarsi sulle caratteristiche di questa città di confine, dove convivono cittadini di lingue, culture e culti religiosi diversi?
Glauco Carloni (1)ebbe più volte a rimarcare che gli analisti attivi a Trieste negli anni ‘80 facessero tutti parte della minoranza slovena. Egli s’interrogò anche sul legame tra identità analitica ed appartenenza ad una minoranza, non dimenticandosi delle caratteristiche del gruppo dei pionieri riunitosi a casa Freud nelle serate del mercoledì, prima ancora che si arrivasse alla fondazione della Società psicoanalitica viennese.
E’ stato importante ritrovare la presenza multiculturale anche tra i partecipanti al seminario, che ha visto l’arrivo di analisti e psicoterapeuti provenienti da dodici nazioni, facilitati dalla possibilità di comunicare in inglese, lingua straniera per tutti.
L’inizio del seminario si collega per me con un’immagine dal forte impatto, proiettata in apertura da Maria Masau Dan, direttrice dei Civici Musei di Trieste. La sua presentazione è andata ben oltre il saluto rituale del padrone di casa perché ha deciso di partecipare ai lavori con un contributo originale. Masau Dan nelle sue riflessioni ha preso spunto da alcune opere della collezione permanente del Revoltella, tra cui una tela di Vittorio Bolaffio (Gorizia 1883 – Trieste 1931) raffigurante Il soldato violinista. L’artista ci confronta con la figura di un uomo in uniforme, un soldato austriaco, che evoca immediatamente lo scenario delle forze armate, della guerra e della morte, anche perché il quadro è datato1914!
Masau Dan ci segnala che da questo ritratto, uno dei più penetranti e riusciti del giovane Bolaffio, emana una protesta vibrante. Infatti, lo stesso artista è stato costretto a partire in guerra, a subirla suo malgrado.
Paolo Fonda ha iniziato la sua relazione con un’immagine che si è allacciata perfettamente allo stesso periodo storico, evocando una nave da guerra che: “trasportava da Sarajevo le spoglie dell’Arciduca Ferdinando e della sua consorte. Un maestoso funerale attraversò la città. La Grande Guerra aveva inizio!”
Fonda fa riferimento allo storico e scrittore Hobsbawm, il quale considera l’inizio della prima guerra mondiale come l’esordio della guerra dei 31 anni, tracciando una linea diretta che unisce Sarajevo a Hiroshima. Fonda, nel suo lavoro intitolato: “Free associations on PS-D and World War 1” (2),descrive diverse forme di scissione in rapporto ad ansie persecutorie o catastrofiche, e le considera sul versante individuale e su quello dei gruppi sociali fino a proporre una lettura psicoanalitica della dinamica sottostante la dimensione bellica. L’Autore procede permettendosi la libertà di “fantasticare” e di applicare “concetti psicoanalitici a un contesto sociale non analitico”, sperando di preparare così il terreno per una discussione fruttuosa.
Ho trovato particolarmente interessante la seconda parte delle sue riflessioni, dove egli ci ricorda che appena tre giorni dopo l’ultimatum austro-ungarico al regno Serbo, pochissimi giorni prima che si arriva alla dichiarazione della guerra, Freud in una lettera ad Abraham (26.07.1914) manifesta grande orgoglio nazionale, apprezzando “l’effetto liberatorio della scelta coraggiosa… ”
Il sollievo che Freud descrive di fronte allo scenario bellico che si delinea viene da Fonda letto in chiave kleiniana come forma di liberazione seguente all’abbandono di una posizione D, il cui mantenimento implica uno sforzo penoso e costante. Pochi mesi dopo, nel marzo 1915, la disillusione sarà completa e Freud cambia registro di osservazione: “Non è solo più sanguinosa e omicida delle guerre precedenti, ma anche più crudele, più incessante, più spietata […]Rende inutili tutti i parametri ai quali facciamo riferimento in tempo di pace e chiamiamo i diritti dell’uomo.”
Anche Giovanni Foresti ha cominciato la sua stimolante relazione con un riferimento diretto a Trieste. Nel Prologo al suo lavoro: “Cuts and sutures. Processes of splitting/integration and the function of psychoanalytic interpretation”(3) , egli descrive come nelle settimane che precedono il seminario si sia sentito perseguitato da alcuni personaggi indissolubilmente legati per lui a Trieste: Rumiz, Magris, Joyce. Di Rumiz ricorda gli articoli e i DVD sulla grande Guerra, di Joyce il libro Ritratto dell’artista da giovane, dove lo scrittore racconta con grande acume la scissione fra universo materno e paterno e di Magris il contributo sulle frontiere e la loro trasformabilità. Esse possono essere vive e quindi mortali (sterblich) oppure vissuti come insormontabili, sovrannaturali e sovra-storiche e in questo senso configurarsi come mortifere anziché mortali.
Per Foresti “il rapporto, antagonistico o dialettico, fra processi scissionali e quelli d’integrazione – un problema di cui a Trieste è evidente la rilevanza politico-istituzionale, oltre a quella psicopatologica e psicoanalitica”, rappresenta l’argomento che si prefigge di affrontare sul versante clinico. Lo slash inserito nel titolo tra splitting e integration evidenzia lo stretto legame dialettico tra i due poli, similmente al rapporto contenuto/contenitore e alla coppia identificazione proiettiva/rêverie o all’oscillazione tra la posizione schizoparanoide e quella depressiva.
Il materiale di alcune sedute tratte dalla fase centrale dell’analisi di una paziente, che parte da un “fatto scelto”, individuato in seguito all’immagine comparsa in un sogno, ha permesso di avviare un lavoro d’integrazione attraverso la rielaborazione della costellazione edipica. Ascoltando la presentazione è stato possibile apprezzare in particolar modo la cautela dell’analista nel non enfatizzare il fatto scelto, ma nel riconoscere come solo il futuro dell’analisi consentirà di valutare se si sia trattato di una svolta o di un’idea sopravvalutata.
Christoph E. Walker, già presidente della Deutsche Psychoanalytische Vereinigung, nel suo lavoro “Traumatic Experiences – on inner and outer processing”(4) si è interrogato sull’importanza di un’esperienza traumatica reale e del suo rapporto col mondo interno. Il caso clinico presentato riguarda una paziente sopravvissuta a un attacco terroristico. Nel corso dell’analisi, Walker riesce a ricostruire, attraverso un’attenta considerazione delle dinamiche transferali e controtransferali, come la paziente ricorra continuamente all’evento catastrofico della realtà, ripresentando un caos che rimanda alla relazione precoce con la figura materna.
Così un trauma tardivo ha risignificato a posteriori/nachträglich un’area traumatica precoce.
La presentazione del materiale analitico per esteso ha permesso di collegare due sequenze all’interno della relazione di transfert e di promuovere così l’integrazione di elementi scissi. Va rilevata la generosità con la quale Walker ha esposto anche una ripresa del lavoro analitico per una tranche di analisi dopo la fine del trattamento, chiesta dalla paziente in seguito ad un aborto spontaneo. In questa fase Walker ha accompagnato la paziente attraverso una nuova gravidanza, aiutandola a integrare stati affettivi disparati, legati al timore di essere una madre insufficiente che si nega. Ciò “rimanda alla fantasia inconscia di non voler dare al proprio figlio ciò che era mancato a lei”. L’esperienza di poter ancora una volta “far uso” del proprio analista per affrontare aree scisse ha facilitato una svolta. La paziente ha iniziato a sentirsi una madre sufficientemente buona e ha potuto quindi terminare il lavoro analitico in maniera soddisfacente per la coppia.
Nel pomeriggio il lavoro è proseguito in piccoli gruppi, all’interno dei quali è stato possibile riprendere il materiale in maniera approfondita. L’elaborazione di ciascun gruppo è stata presentata nella sessione plenaria conclusiva, dove insieme ai relatori è stata rilanciata la discussione generale.
Numerosi partecipanti hanno posto l’accento sull’opportunità di confrontarsi con un materiale clinico esteso anziché su vignette cliniche, spesso utilizzate per validare un costrutto teorico, e hanno apprezzato il tempo riservato alla discussione nei gruppi, che ha facilitato l’integrazione attraverso l’elaborazione.
E’ stato arricchente assistere al confronto tra terapeuti e analisti provenienti da paesi e realtà differenti, così come lo è stata l’esperienza, difficilmente ripetibile, di lavorare all’interno di un museo d’arte moderno: l’ambiente gioca davvero un ruolo importante, nell’analisi come nella vita di ciascuno. Abbiamo considerato il lavoro impegnativo nell’affrontare eventi traumatici importanti e valutato il rischio di pseudo integrazioni. E’ emersa anche l’opportunità di contemplare un lavoro a tappe ed è stato prezioso confrontarsi con la tranche di analisi presentata da Walker.
Prima di concludere desidero soffermarmi sul processo di integrazione a livello del trauma sul versante sociale. Mi ha colpito un film recente “Im Labyrinth des Schweigens” (Nel labirinto del silenzio), uscito in Germania nel novembre 2014, proprio in concomitanza con il seminario su Integrazione e scissione. Il regista italiano, Giulio Ricciarelli, che vive e lavora in Germania, considera il retroscena dei processi di Auschwitz, che si sono svolti negli anni ’60. A differenza dei processi di Norimberga, promossi dagli Alleati, quelli di Auschwitz sono stati preparati all’interno del paese. E’ stato molto difficile, ci sono voluti una ventina di anni e l’impegno personale di un pubblico ministero per arrivare a questo traguardo.
Il film evidenzia le resistenze istituzionali nel portare in tribunale i responsabili dei crimini contro l’umanità e affronta la questione del silenzio… mortale.
Si tratta della stessa forma di silenzio che ha dovuto fronteggiare anche il regista del documentario La Risiera di San Sabba – Storia Segreta di un Lager Italiano, Andrea Prandstaller. Il suo film, uscito nel 2010, arriva a conclusioni molto simili per quanto riguarda la difficoltà di confrontarsi con la memoria del campo di concentramento e di sterminio a Trieste.
Il seminario ci ha permesso di riflettere sui molti livelli implicati nell’avvio di un’elaborazione interna ed esterna. Il lento processo di cicatrizzazione, psichico e fisico, lascia il segno. Il pensiero che è emerso alla fine della giornata seminariale potrebbe essere sintetizzato in questo modo: integrazione/scissione è un processo faticoso, spesso molto lento, che si svolge nel corso di tutta la vita e che richiede un’elaborazione continuativa, anche a livello di concettualizzazione psicoanalitica. Si ritorna quindi ai tagli e alle suture da cui ha preso avvio il testo di Foresti. Una metafora molto riuscita per descrivere le esperienze devastanti e per riconoscere e circoscrivere il dolore dei traumi del passato come pure del presente.
Maggio 2015
Note
(1)Carloni G., communicazione personale.
(2)Il titolo italiano: “Libere associazioni su SP-D e sulla Grande Guerra”
(3)Titolo inglese anche nella versione italiana.
(4)Titolo della traduzione italiana: “Esperienze traumatiche – sull’elaborazione interna ed esterna.”
Bibilografia:
Freud S. (1894). Le neuropsicosi da difesa. O.S.F., 2.
Freud S. (1927). Feticismo. O.S.F., 10.
Accerboni A. M. (a cura di). (1987). La cultura psicoanalitica. Atti del Convegno Trieste 5-8 dicembre 1985. Pordenone, Edizioni Studio Tesi.
Vedi anche:
Fondazione Libero e Zola Polojaz
in Dossier Psicoanalisi e Guerre
in Dossier Ancora Strategie di Pace
Vedi La Psicoanalisi delle nevrosi e delle psicosi di guerra. Congresso di Budapest
Vedi La Guerra, il modesto contributo della Psicoanalisi
In SpiPedia:
vedi la voce Trauma precoce cumulativo
vedi la voce Trauma/Psicoanalisi
In Freschi di Stampa: La brutalità delle cose.Trasformazioni psichiche della realtà (Lorena Preta)
In recensioni/saggistica: Pensare nelle Istituzioni