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Per un sapere dei sensi. Immagini ed estetica psicoanalitica

20/12/12

Roma Dicembre 2012 

Per iniziativa de La Biblioteca dei Centri CPdR/CdPR si è svolta a Roma il 1 Dicembre 2012 in via Panama, la presentazione del libro Per un sapere dei sensi. Immagini ed estetica psicoanalitica (Roma, Edizioni Alpes Italia, 2012),  a cura di Domenico Chianese e Andreina Fontana.
Queste le prime parole della premessa: “Da sempre le immagini hanno attraversato la vita individuale e collettiva dell’uomo; da sempre verso le immagini si sono alternate, nella storia del pensiero, fascinazione e rigetto, attrazione e diffidenza.

Anche la psicoanalisi non è sfuggita a queste opposte tendenze, ed è rimasta così carente di una teoria delle immagini della quale da tempo si sentiva l’urgenza” (p. VII). Esse riassumono la riflessione e la proposta psicoanalitiche dei due Curatori, che hanno raccolto, in questo testo, i contributi dei molti Colleghi e studiosi intervenuti negli ultimi due anni, nelle diverse presentazioni, in varie città italiane, del loro precedente libro Immaginando. Il visivo e l’inconscio (Milano, FrancoAngeli, 2010). Gli Autori dei contributi sono di Paolo Aite, Leonardo Albrigo, Maurizio Balsamo, Corrado Bologna, Silvana Borutti, César Botella, Marina Breccia, Marta Capuano, Stefano Carta, Paola Catarci, Domenico Chianese, Angelique Costis, Graziano De Giorgio, Pia De Silvestris, Fausta Ferraro, Antonino Ferro, Andreina Fontana, Alberto Gaston, Giovanna Goretti, Manuela Mangione, Daniela Palliccia, Claudia Risso, Stefania Salvadori, Caterina Sbrana, Rosa Spagnolo, Sarantis Thanopoulos, Gemma Trapanese, Maria Grazia Vassallo, Sisto Vecchio, Adamo Vergine, Kenneth Wright.
La Giornata si è aperta con l’intervento di Giuseppe Moccia che ha segnalato come l’insieme dei testi che compone il volume e il tentativo di edificare una teoria delle immagini in psicoanalisi sia consonante con la ricerca neuroscientifica  attuale sull’importanza della dimensione non verbale, rispetto alla tradizione psicoanalitica classicamente focalizzata sul linguaggio verbale. Il volume si colloca quindi in linea con quanto segnalato da Eric Kandel, premio Nobel per la medicina grazie alle sue ricerche sui meccanismi biochimici che portano alla formazione della memoria nelle cellule nervose, nel suo ultimo libro L’età dell’inconscio. Arte, mente e cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni (2012).Nell’altra presentazione di saluto Gianluigi Monniello ha segnalato la necessità, nel lavoro psicoanalitico, di considerare sufficientemente la sensorialità, la materia prima sensoriale, la Rohmaterial, di cui ha parlato Freud, che traccia e configura le primissime attivazioni psichiche dell’infans con se stesso e con l’ambiente. Infatti è sempre più documentabile a livello neuroscientifico quanto la plasticità neuronale e quindi lo psichismo possano essere sviluppati e ampliati, fin dalla vita fetale, dagli stimoli sensoriali. La considerazione della sensorialità, sul modello della considerazione della raffigurabilità nel sogno, da parte dello psicoanalista può aprire nuove possibili vie al lavoro clinico. Ad esempio, quando il soggetto è stato esposto ad un eccesso traumatico di stimolazioni sensoriali, tutto ciò può costituire un impedimento all’attività di rappresentazione. Tra l’altro l’epigenetica sta indicando quanto l’ambiente, in senso ampio, incida sul genoma, modificandolo e, senza dubbio, le stimolazioni sensoriali costituiscono la via principale attraverso la quale l’ambiente fa sentire la sua influenza sull’organizzarsi della vita psichica.
Andreina Fontana ha indicato quali sono stati i contributi dei tanti Colleghi che hanno trattato il tema in questione, sulla scia della pubblicazione del libro Immaginando, 2010. Il libro aveva posto al centro del campo analitico il figurabile e il visivo e messo sullo sfondo il potere della parola. Tale ricerca nasceva dalla costatazione di quanto fosse difficile per molti pazienti disporre di un bagaglio simbolico adeguato a sostegno del potere evocativo della parola. Dal punto di vista clinico ciò ha significato riconoscere come l’immagine potesse essere il punto di partenza per costruire le rappresentazioni.
Le immagini infatti sono rappresentazioni sensibili legate al corpo e ai canali corporei da cui traggono nutrimento. D’altra parte l’attenzione alle prime fasi della vita segnala la centralità del concetto di infans che significa, appunto, senza parola.
La lettura magistrale di Adamo Vergine ha tracciato il valore dell’operazione culturale che Per un sapere dei sensi propone e sostiene, in quanto “fa riflettere maggiormente sulle tappe dello sviluppo della mente, del pensiero e della loro funzione di adattamento alla vita”. Già Freud nel 1911 in Precisazioni sui due principi dell’accadere psichico, formulando l’ipotesi dello sviluppo del pensiero riteneva che il piccolo dell’uomo, partendo da una condizione di sensorialità diffusa, vissuta simmetricamente e sincronicamente, senza spazio-tempo e senza consapevolezza, arrivava a considerare una realtà distinta da sé. Freud parla di formazione della presentazione di cosa e in seguito di rappresentazione di parola come risultato finale. È stato poi ripreso il contributo di Tomasello sullo sviluppo della mente del bambino e, in particolare, sulla rivoluzione del primo anno di età, quando il bambino incomincia ad indicare qualcosa con l’indice teso senza ancora parlare. Tomasello “considera l’apparizione di tale fenomeno come l’inizio dell’uscita dal dualismo ‘io e te’ e quindi della comparsa del terzo. Il terzo può essere qualsiasi cosa, uno o più aspetti del mondo di elezione affettiva del bambino che sia congiunto, collegato, con l’attenzione contemporanea del suo adulto di riferimento, in modo da diventare strumento di transizione da ‘due’ a ‘più’ oggetti”.
Inoltre Vergine, proseguendo nelle sue riflessioni sulla costruzione di una “immagine interna” è arrivato a chiedersi: “Perché il bambino ha bisogno di simbolizzare? Provvisoriamente potremmo dire, per quel che finora sappiamo, che lo stato emozionale, quando ha già  distinto nella sua mente l’interno dall’esterno, anche se non si è ancora formata una autonomia vitale, permette oltre al piacere e al bisogno dell’oggetto anche il pericolo di perderlo, per il quale si mette in moto una faticosa ‘preoccupazione’ (Winnicott) ed ‘attenzione’ (Tomasello e Desideri) per l’oggetto, da cui potrebbe derivare il bisogno di saperlo sostituire […]. Un secondo interrogativo riguarda invece il perché l’immagine a volte ha un valore simbolico ed altre no. Potremmo fare l’ipotesi che dipende dalle modalità d’iscrizione nel soggetto della relazione iniziale con l’oggetto. Se per esempio le prime sensazioni che l’infante riceve hanno una connotazione spiacevole, sarà più difficile simbolizzarla per cercare di non averla dentro ed invece provare a cercarla solo fuori”.
Silvana Borutti, docente di Filosofia Teoretica, ha segnalato lo stretto legame tra immagini e sublime nell’arte contemporanea. “Il sublime porta in luce il fatto che il lavoro dell’immaginazione è finito: il sublime è l’estensione dell’immaginazione in se stessa, al di là della presenza della cosa”. Borutti ha poi affermato: “Il paradigma sublime delle immagini a cui mi riferisco assume come elemento costitutivo, cioè fondamentale nella rappresentazione figurale, il nesso (kantiano) delle immagini con l’assenza d’oggetto: nesso che però non è semplicemente sostitutivo come è per la rappresentazione in generale” […]. “Nel paradigma sublime dell’immagine, l’immaginazione non presentifica soltanto un assente, non ha solo funzione simbolica, di sostituzione dell’assente, ma si dà proprio sulla base dell’assenza. L’assenza è costitutiva dell’immagine: non c’era una lettera, un oggetto, un qualche cosa di dato che sia sostituito dall’immagine, ma è l’immagine stessa a produrre un campo di senso”. Tutto ciò non può che sollecitare interesse nello psicoanalista.
Stefania Salvadori, psicoanalista e artista, ha generosamente trasmesso il suo modo di entrare nella dimensione di ricerca artistica che definisce come un salto nel buio, un accesso possibile all’inconscio. Essere colpiti da uno stimolo accende il processo creativo. Ancor più intensamente Salvadori ha dichiarato: “Ho scritto che quando uno stimolo mi colpisce è come un’annunciazione”.
Caterina Sbrana, laureata in arti visive, nel suo intervento ha parlato delle immagini che sono affiorate in lei durante la lettura del libro Immaginando e traccia una linea che possa svelare i rapporti tra immagine e archetipo nell’opera di alcuni artisti contemporanei. Ha esposto anche le sue riflessioni sulla peculiarità e sulla irriducibilità del linguaggio dell’immagine che racchiude una complessità che nessun altro linguaggio riesce completamente a svelare.
L’intervento di Kenneth Wright, psicoanalista britannico, ha inteso mostrare l’immaginazione all’opera. Non solo ha illustrato il potere che hanno le immagini di catturare e rivelare l’esperienza, ma anche il modo in cui funziona l’immaginazione. Wright ha utilizzato alcuni versi della poesia di Wallace Stevens, L’uomo con la chitarra blu per suggerire che le canzoni suonate sulla chitarra blu ci rivelano la realtà, anche se e forse proprio per questo motivo, si trovano al di là di noi e anche al di là della realtà. Esse ci rivelano l’esperienza nelle sue forme illusorie.
Infine Domenico Chianese ha proposto un suo testo inedito dal titolo Profili. È stato sottolineato come il motivo del profilo attraversi l’arte e ricordato come secondo Lavater non è il volto di un essere umano ad essere il riflesso dell’animo, stando a quanto tradizionalmente si afferma, bensì l’ombra di questo volto. Quel che la persona può nascondere l’ombra e il profilo lo svelano. D’altra parte che il profilo possa ben rappresentare una vita lo testimonia l’uso della parola profilo nelle seguenti espressioni: “mi mandi il suo profilo”, “si consiglia di mantenere un basso profilo”. Inoltre il profilo può svelare l’anima, così nelle foto segnaletiche sono affiancati il volto visto frontalmente e il volto visto di profilo.
A conclusione della Giornata, che ha registrato gli interventi di molti Colleghi e la presenza di un gran numero di partecipanti, è possibile sottolineare come gli intrecci di immagine estetica, arte e clinica possano costituire un terreno fertile per rendere creativo il lavoro dello psicoanalista chiamato, per dirlo con una “immagine estetica” di Wright, a cogliere “lo scintillio” che il paziente può esprimere nel corso del lavoro analitico. Tale conquista estetica costituisce un possibile indice di recuperata salute mentale.

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