Pavia, 9 marzo 2013 – Università degli studi, aula del ‘400
Report di Angelo Moroni
Il 9 marzo 2013 si è tenuto a Pavia il Congresso che ha ufficialmente inaugurato la nascita dell’undicesimo Centro della SPI, il nuovo Centro Psicoanalitico di Pavia. Le due parole-chiave scelte come temi di discussione del congresso, e cioè “crisi” e “narrazione”, possiedono un rilievo particolare nella storia della presenza psicoanalitica a Pavia. Di questa tradizione, della sua storia e delle sue caratteristiche hanno parlato Fulvio Mazzacane, Segretario scientifico del Centro, e più diffusamente Stefano Bolognini nella sua bella introduzione.
Bolognini ha rievocato il ruolo di Dario De Martis e Fausto Petrella, psicoanalisti e psichiatri universitari, nella nascita e consolidamento del gruppo psicoanalistico pavese che ha prodotto nel corso degli anni sviluppi fecondi in vari ambiti, anche con ricerche che hanno avuto una vasta eco internazionale, particolarmente per lo sviluppo del pensiero bioniano proposto da Nino Ferro.
Al Congresso, aperto a un pubblico non solo di psicoanalisti, ma anche di psichiatri, psicologi e psicoterapeuti, hanno assistito più di duecento persone, in un clima di grande partecipazione. Durante la giornata si è sviluppata un’interlocuzione viva della psicoanalisi con diverse discipline, quali la semiotica letteraria, la storiografia e la filosofia. Nei contributi dei vari relatori, i concetti di “crisi” e “narrazione” sono stati considerati da vertici conoscitivi multiformi, ma sempre in una relazione di arricchimento reciproco.
La relazione di Fausto Petrella, presidente del CPdP, ha aperto i lavori, ponendo particolare enfasi sul fatto che alle “crisi” psicopatologiche (un termine volutamente ampio) corrispondono “crisi della narrazione”, da considerare come aspetti costitutivi molto rilevanti della psicopatologia in genere e delle psicosi in particolare. La narrazione realizza e ulteriormente articola le importanti funzioni terapeutico-contentive del linguaggio e insieme mostra le distorsioni del racconto di sé e dell’esperienza, sino al blocco narrativo che si presenta in certe condizioni psicopatologiche gravi. La narratività ha una lunga storia nella psicoanalisi, che ha anticipato temi e scoperte degli approcci critici e teorici delle scienze del linguaggio e della narratologia. Un rapporto che è divenuto molto serrato a partire dagli anni ’60, con interazioni molto feconde anche con l’ambito filosofico, come attesta per tutte, le opere di Paul Ricoeur.
Silvana Borutti, ordinario di filosofia teoretica all’Università di Pavia, ha analizzato con profondità filologica e filosofica il tema della Philìa, così come viene presentata nell’Antigone di Sofocle. La tragedia sofoclea mette in scena la crisi intesa come conflitto tra varie dimensioni: tra personale e politico, tra le leggi dello Stato e delle istituzioni, e l’amore fraterno. La tragedia sofoclea è volta a rappresentare narrativamente il terreno affettivo comune, “ontologico”, che lega gli uomini gli uni agli altri, ma che subito si scontra con l’impersonalità rappresentata dalla Legge di Creonte. A tale suggestiva lettura dell’Antigone, Giovanni Foresti, nel suo intervento, ha contrapposto una visione della tragedia “dalla parte di Creonte”, evidenziando la necessità di un contenitore istituzionale- comunitario, che sappia porsi come limite paterno, come cesura originaria e organizzatrice, nella quale anche la paranoia e l’impersonalità della Legge assolvono una funzione stabilizzante, in modo da permettere la continuità della storia-narrazione comunitaria e l’instaurarsi di un principio d’ordine, al di là dei movimenti dispersivi del desiderio. Su questa linea si è’ posto anche l’intervento di Dana Scotto di Fasano, che ha ripreso e rielaborato suggestivamente i temi psicoanalitici della colpa persecutoria e dell’importanza di una sua continua elaborazione e rinegoziazione anche sul piano socio-culturale.
La seconda parte della giornata congressuale si è aperta con il contributo di Nino Ferro (“La psicoanalisi come oscillazione tra apertura e chiusura di mondi possibili”). L’Autore ha sottolineato come la crisi diventa un fatto pertinente durante l’analisi, per il suo attivare momenti di trasformazione narrativa durante la cura. L’elemento narrativo ha tuttavia bisogno di un tempo adeguato (favorito dalla “capacita’ negativa” dell’analista) per il suo formarsi all’interno del gioco intersoggettivo che caratterizza ogni singola coppia analitica, in modo da poter generare uno spazio emotivo nel quale possano essere “de-letargizzate” e rivitalizzate aree non ancora sognate del paziente e/o della coppia analitica al lavoro. Ferro ha sottolineato che di tale lavoro psichico necessitano spesso anche gruppi e istituzioni psicoanalitiche, bisognose di rinnovamento e apertura verso “mondi possibili”, sia interni che esterni, confinanti, limitrofi, affini.
Nella successiva sezione, moderata da Giuseppe Civitarese, la relazione di Michele Bezoari ha sviluppato il tema dell’analisi intesa come “campo bipersonale” (Baranger, 1990), altro filone concettuale caro a parecchi psicoanalisti pavesi. Bezoari ha sottolineato che il “senso” di ciò che accade nel campo analitico necessita sempre di una “narrazione in differita”. La coppia analitica lavora costantemente in una sorta di continua nachraeglichkeit narrativa, che cerca di ricostruire a posteriori il significato di ciò che è inconsciamente avvenuto, seduta dopo seduta.
L’impostazione multidisciplinare del congresso ha posto in chiusura dei lavori il contributo di Clelia Martignoni, docente di Letteratura italiana Moderna e Contemporanea. Clelia Martignoni ha ricordato i rapporti e i reciproci apporti della narratologia alla psicoanalisi a partire dalla seconda metà del ‘900, prestando particolare attenzione alla dialettica modernismo/post-modernismo. Ha poi evidenziato con forza quanto i modi della narrazione rappresentino una forma conoscitiva che potremmo definire primaria (come peraltro sostengono anche molti importanti studiosi di Psicologia del linguaggio, tra cui, ad esempio Bruner). Il narrare è cioè una competenza umana naturale ed essenziale, che serve ad organizzare esperienza e conoscenza, sempre secondo una direttrice relazionale emotivo-affettiva e dialogica.
Il vivace dibattito col pubblico, seguito alle relazioni, si è caratterizzato anche per un aspetto non convenzionale, quando una partecipante ha ricordato alla psicoanalisi di narrare se stessa anche nei suoi aspetti più problematici, come quello degli abusi psicoanalitici e psicoterapeutici.
Il convegno si è concluso con soddisfazione generale dei partecipanti e l’auspicio che il nuovo Centro psicoanalitico prosegua la tradizione pavese di attività psicoanalitiche rigorose e insieme aperte alla collettività.