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Report del Corso tenuto presso l’ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della Provincia di Avellino
(30 marzo 2019; 6 e 13 aprile 2019)
A cura di Mirella Galeota e Ornella Moschella
Anche nel 2019, per il quarto anno consecutivo, ad Avellino, presso l’Ordine dei Medici, si è tenuto il corso: “La cura e i curanti. L’arte di curare. L’arte di Comunicare. Gli strumenti della psicoanalisi”.
Esso si è svolto in tre incontri nell’ambito dell’adesione all’Accordo Quadro stipulato tra il Ministero della Salute e la SPI.
Le tematiche affrontate nel corso sono nate dalla necessità di riflettere e confrontare le esperienze nell’ambito della comunicazione col paziente, e di verificare se la governance, così come concepita nella complessa realtà attuale, sia adeguata alle esigenze che la richiesta di cura pone. La proposta elaborata in questa edizione, prende spunto dalla esigenza di superare impasse e disfunzioni nella relazione di cura.
Nella prima giornata l’ambito della discussione ha riguardato “La medicina difensiva: le componenti emotive e psicologiche del medico e del paziente”. Nella tavola rotonda si è discusso di:
- Il setting nelle relazioni d’aiuto (è intervenuto il dr. Antonio Acerra, direttore del DSM ASL di Avellino, nonché presidente della Società Italiana di Terapia familiare)
- Il metodo psicoanalitico nel setting delle relazioni d’aiuto (trattato dalla dr. Ornella Moschella, Psicoanalista SPI-IPA, CNP)
- Il medico di medicina generale nell’incontro con il paziente cronico. Quale governo clinico? (tema affrontato dal dr. Michele Ciasullo, MMG)
- L’esperienza dello psicoanalista nella struttura pubblica. P.S. Corsia, Ambulatori specialistici (trattato dalla dott.ssa Mirella Galeota, già Responsabile UOSD di Neuropsichiatria Infantile A.O. Moscati AV, Membro ordinario SPI-IPA, Esperta b/a, CNP)
Nel suo contributo lo psichiatra ha esplorato le dinamiche che sottendono le relazioni d’aiuto con particolare riferimento al contesto dei servizi psichiatrici mettendo in evidenza come la relazione di cura si scontri talvolta con modalità organizzative e contesti poco adatti a favorirla, tanto da rischiare di rendere inefficace l’intervento terapeutico stesso. Ha richiamato infine l’importanza del lavoro dell’equipe, intesa come l’insieme dei diversi componenti di un servizio, e l’importanza della formazione di tutti gli operatori.
È stato esplorato il setting secondo il metodo psicoanalitico nella particolare accezione di “setting interno” e della possibilità di adeguarlo a specifiche situazioni terapeutiche, ad esempio alla consultazione, o alle relazioni terapeutiche più continuative, esemplificando inoltre come l’uso di aspetti fenomenici (ad es. transfert e vissuti controtransferali) che si manifestano anche in situazioni non classicamente strutturate, come nel caso clinico riportato efficacemente dalla dr. Galeota, contribuiscano al processo di cura.
Le problematiche legate alle malattie croniche, pazienti di fatto sempre più affidati alle cure dei MMG, con implicazioni psicologiche rilevanti, si inseriscono in un concetto di governance poco adeguato. È stata dunque sottolineata, tra l’altro, la necessità di operare una netta distinzione tra l’assetto mentale di prestare “cura” e la “presa in carico” del paziente nella sua unità di soggetto e unicità come persona.
Nella seconda giornata il tema affrontato è stato “La migrazione e la tutela della salute del paziente e dell’operatore: l’approccio multidisciplinare-multiculturale, la diagnosi e la cura del Disturbo post-traumatico da stress”. La tavola rotonda ha mantenuto il focus su “L’approccio multidisciplinare nell’ottica dell’integrazione. Formazione e supporto agli operatori”.
La giornata ha dato spazio ai molteplici aspetti riguardanti un particolare vertice di incontro con l’altro, il migrante. Si è affrontato inoltre il tema del trauma attraverso l’esperienza di operatori e vittime nelle gravi emergenze.
È stata dapprima riportata l’esperienza dell’infettivologo ospedaliero con i soggetti migranti (argomento trattato dal dr. Nicola Acone, già Direttore UOC Malattie Infettive A.O. Moscati AV- Presidente della Società Campana di Malattie Infettive) cosa che ha messo in evidenza il ricorrere storico di eventi migratori, tutti riconducibili a motivazioni analoghe e specifiche e che, più che essere portatore di malattia, lo straniero migrante, inizialmente il più sano della comunità di appartenenza, di fatto si predispone ad ammalarsi una volta raggiunta la meta.
L’efficace intervento su “Menti migranti, menti curanti…lo spazio dell’incontro con lo “straniero” nelle strutture sanitarie (dr. Virginia De Micco, Medico Psichiatra membro Ordinario SPI-IPA – CNP), ha preso in esame i complessi mutamenti che la mente dei migranti attraversa e porta con sé nell’incontro con ‘l’ignoto’, rappresentato dal luogo di approdo, ma anche l’espressione nel corpo del disagio psichico; gli effetti dei massicci vissuti traumatici dei migranti sugli operatori, i quali si trovano ad assorbirne aspetti emotivi spesso devastanti, considerato l’incontro con realtà poco o per niente pensabili. Il lavoro dello psicoanalista, attraverso gli strumenti propri del metodo di cura, è prezioso nel fornire pensabilità e significazione a tali vissuti.
Nell’introdurre il tema del trauma, con la relazione “La clinica del trauma e il trauma della clinica”, il dr. Amerigo Russo, responsabile SPDC ASL Avellino, ha preso in considerazione la frattura che si produce, attraverso il trauma, in un fragile equilibrio psichico preesistente, e la necessità di inserire una distanza da questa, come in passato con la segregazione della follia, che nella trasformazione della relazione di cura si esprime con la cura della ‘malattia’ o con l’inserimento della tecnologia. Si pone dunque la grande sfida di un umanesimo nuovo che non ignori la domanda di senso posta dalla fragilità.
‘Stare con il dolore in emergenza’ (dr. Rita Di Iorio, Psicoterapeuta, direttrice del corso di Alta Formazione in psicologia delle Emergenze, Presidente del Centro Alfredo Rampi) è la relazione che ha presentato la lunga esperienza maturata in anni di presa in carico del dolore psichico nelle persone che vivono emergenze gravi, quali catastrofi naturali o eventi bellici. È stata sottolineata la difficoltà dell’operatore di sentirsi adeguato, e l’importanza della formazione degli operatori a questo scopo, anche con esempi sul campo, col fine di fornire loro gli strumenti per un soccorso che affronti anche i vissuti emotivi.
La densa relazione della dott.ssa Mari Giannini (Responsabile del Servizio di ascolto per la prevenzione delle discriminazioni, del disagio dei lavoratori, Ministero della Salute- Psicoanalista SPI-IPA) ‘So-stare nel dolore dei mediatori’, ha considerato il particolare vertice della esperienza emotiva di migranti e mediatori transculturali che si occupano dell’accoglienza e che sono chiamati a svolgere una funzione di “crocevia” (traduttori di parole e traduttori di senso) tra i bisogni del migrante e le innumerevoli risposte possibili. È stata sottolineata la ricerca di una “sponda organizzatrice” per dar parola a quei vissuti emotivi in
cerca di un luogo per essere pensati.
Nel terzo incontro sono state affrontate le problematiche inerenti il T.S.O: “Le implicazioni psicologiche inerenti il Trattamento Sanitario Obbligatorio”.
Nella prima relazione (dr. Pietro Bianco – Direttore UOSM ASL AV- ‘Il punto di vista dello psichiatra: riflessioni sull’esperienza emotiva e professionale’) oltre a ripercorrere l’evoluzione storica della malattia mentale nel suo rapporto con la società, ha posto la questione del conflitto tra il limite della cura possibile e il potere di un agire tecnico di controllo e delimitazione della libertà altrui, a partire dal “rifiuto della cura”.
Il contributo della psicoanalisi nel trattamento dei pazienti ‘difficili’ è stato affrontato nella relazione ‘La trasformazione della relazione e l’assetto mentale per gli operatori’ (dott.ssa Giovanna Cocchiarella, Dirigente Medico Psichiatra ASL Na3SUD-Psicoanalista SPI-IPA, CNP). È stato espresso come il trattamento di pazienti con stati non integrati della mente, il cui mondo interno è abitato dal caos e dalla disorganizzazione, espone il terapeuta e gli operatori tutti, al rischio di sconfinare in esperienze limite. Anche il terapeuta, in un gioco d’identificazioni e controidentificazioni con il paziente psicotico, può ritrovarsi momentaneamente derubato dei propri riferimenti identitari, in preda a stati di ansia totalizzanti che lo estraniano dal contesto e alterano le sue capacità di percezione. L’impronta che il paziente grave può lasciare nei servizi rispecchia il proprio stato mentale. È possibile attraverso la prospettiva psicoanalitica, rendere quanto descritto, accessibile alla consapevolezza ancor più se condiviso ed elaborato all’interno stesso dell’equipe, che svolge essa stessa una funzione di contenimento e di ripristino dei riferimenti spazio-temporali depotenzianti il caos.
I relatori si sono confrontati con le difficoltà che gli operatori incontrano nella gestione di un’emergenza psichiatrica, dovendo essere integrate funzioni differenti (tema affrontato dalla dott.ssa Maria Luisa Califano, Psicologo dirigente ASL di Benevento, Psicoanalista SPI-IPA), affidate a figure sanitarie e non sanitarie. Tale dispersione di competenze, soprattutto in assenza di conoscenze e formazione degli operatori, può causare l’inevitabile scivolamento verso un TSO.
Il ricorso a questa modalità coatta di ricovero (relazione del dr. Ciro Paudice, Psichiatra, già Direttore DSM ASL Na3Sud- Membro ordinario SPI-IPA, CNP) non è da considerare come un intervento con valenza terapeutica, ma strumento per affrontare “la crisi” intesa come passaggio all’atto, elemento finale di una comprensione non avvenuta dello stato del paziente, ponendosi diversamente rispetto al concetto di “rifiuto della cura”.
È stata sottolineato inoltre che la necessità del “contenimento della crisi” deve, in ultima analisi, tener conto dell’organizzazione psichiatrica esistente in quell’area e in quel momento storico particolare. Esiste, infatti, un valore-soglia relativo a queste due contingenze oltre il quale i problemi emozionali, psicologici, relazionali, sociali o gli eventi di vita assumono le caratteristiche della crisi e diventano specifici. L’ingresso della persona in crisi avviene per una sofferenza, un comportamento di disturbo o pericolosità sociale, stato di marginalità, crisi delle relazioni familiari, difficoltà nel lavoro, incomprensibilità di certi comportamenti, intolleranza ambientale.
È stata ampia la discussione e la condivisione con il pubblico intervenuto.