Alfredo Lombardozzi intervista SUDHIR KAKAR, ospite del Convegno ” Il soggetto dislocato” ( Centro Psicoanalitico di Roma e Centro di Psicoanalisi Romano)
Traduzione di Alfredo Lombardozzi
A.L. Quali sono gli elementi di base della tradizione psicoanalitica occidentale idonei al trattamento di pazienti di origine non occidentale?
S.K. Questi sono gli stessi assunti di base: l’importanza della parte inconscia della mente nei nostri pensieri e azioni, il significato vitale dell’esperienze della prima infanzia nella vita adulta, l’importanza dell’Eros tra le motivazioni umane, l’interazione dinamica, incluso il conflitto, tra le parti consce e inconsce della mente.
Nella pratica terapeutica, direi, i concetti di resistenza, transfert e controtransfert nella relazione terapeuta paziente.
A.L Qual è la relazione tra i sistemi di parentela, la mitologia induista e i processi di identificazione nello sviluppo infantile, in particolare riguardo alla formazione dell’identità di genere?
S.K. È la nostra immaginazione culturale che ci dice come essere, vedere, pensare, comportarsi come un uomo o una donna? Questo diviene più chiaro nello sviluppo dell’identità di genere maschile, se si pensa alle sculture greche o romane con i corpi degli uomini muscolosi e tonici e i toraci asciutti a confronto con le rappresentazioni scultoree degli dei Induisti o del Buddha, dove i corpi sono più soffici, flessibili e, con un accenno al seno, più vicini ad una forma femminile. L’identità di genere maschile è perfettamente compatibile con uno sviluppo del bambino dove il modulo narrativo dominante non è l’Edipo, ma quello che ho definito “Seduzione materna”.
Dobbiamo ricordare che tra un minimo di differenziazione sessuale necessario per un funzionamento eterosessuale con un modico piacere e un massimo che esclude qualsiasi senso di empatia e contatto emozionale con l’altro sesso, sperimentato come una specie totalmente diversa, c’è un’intera gamma di posizioni, ognuna delle quali occupata da una cultura che insiste nel ritenerla l’unica che sia matura e salutare.
A.L. Da un punto di vista psicoanalitico e antropologico, Qual è il tuo pensiero rispetto alla relazione tra cultura e inconscio?
S.K. La Cultura, in quanto modo fondamentale di vedere se stessi e il mondo in cui si vive, non è uno strato successivo alla formazione della psiche, ma è presente dall’inizio della vita. L’inconscio dinamico individuale e l’inconscio culturale sono inestricabilmente interrelati, ognuno arricchendo, contrastando e formando l’altro dal momento che evolvono congiuntamente attraverso la vita. L’inconscio esiste solo quando si esprime attraverso la cultura.