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Il pensiero gruppale sul lavoro con il paziente, nella supervisione, nei servizi.

22/02/13

Arianna Luperini

 

Pisa, 17 novembre 2012

 

Il 17 novembre si è tenuta a Pisa una giornata di studio dal titolo “il pensiero gruppale sul lavoro con il paziente, nella supervisione, nei servizi”, nell’ambito della attività scientifica del centro psicoanalitico di Firenze. Questo appuntamento scientifico ha fatto seguito ad una prima edizione che si era svolta anch’essa a Pisa nel Gennaio del 2010. Questo spazio di riflessione sui molteplici portati del pensiero gruppale nella veste della sua seconda edizione ha avuto come cornice l’aula blu della Scuola Normale Superiore. Si tratta di un luogo dall’atmosfera impregnata dalla “presenza” dei prestigiosi oratori che nei secoli hanno proprio qui esposto i loro pensieri quanto da un clima di rara accoglienza che invita a sua volta a produrre pensiero. Il valore della storia che vi si respira conferisce spessore al clima di lavoro nel presente in una particolare assonanza con il modo in cui opera il dispositivo analitico. La mattinata è stata aperta da Gabriela Gabbriellini, ideatrice e promotrice di questi preziosi momenti di ascolto e di scambio, che ha inaugurato i lavori dando “la parola” a un video realizzato in collaborazione con Raffaella Tancredi.

Il video ha offerto ai partecipanti una porta di entrata nell’argomento della giornata attraverso le parole di Giovanni Hautmann, un racconto in prima persona del suo pensiero sulla dimensione gruppale della mente e sull’incontro con questa nella stanza d’analisi come nel lavoro di supervisione di gruppo. E’ stata poi la volta di Anna Ferruta che con la consueta capacità di coniugare complessità e chiarezza ha esposto il suo contributo dal titolo “come lavora il pensiero gruppale in differenti situazioni cliniche”. Ferruta ci ha ricordato come “con Bion la dimensione del gruppo è entrata nel cuore del funzionamento del soggetto” mettendo poi in evidenza attraverso il pensiero di Francesco Corrao il valore del “lavoro mentale del gruppo come esperienza di avvicinamento a ciò che è inconoscibile per la mente individuale”. Passando per le teorizzazioni di Kaes e di Ogden, Ferruta ha messo in luce il valore delle stesse quale “contributo importante per la clinica del nostro tempo”.

A proposito dei seminari analitici di gruppo, Ferruta ha ripreso l’opera di Giovanni Hautmann e la sua grande pratica di questo modello dove “ogni partecipante del gruppo finisce per funzionare come un personaggio del mondo interno del paziente di cui si parla, dando voce e parola ad aspetti che nel rapporto a due individuale soccombono per effetto di un reciproco e inconscio accecamento, in quanto la mente individuale non riesce a contenere aspetti così incompatibili e in lotta per la sopravvivenza”. La relazione di Anna Ferruta ha acceso una vivace discussione nel gruppo dei partecipanti che ha poi ceduto il posto alla lettura del lavoro di Claudio Neri a cui ha prestato la voce Luigi Boccanegra, poiché Neri non ha potuto essere presente alla giornata.

Nella sua relazione Neri racconta le esperienze del lavoro di supervisione nei servizi di salute mentale attirando l’attenzione sulla messa a punto di un nuovo modello che toglie centralità alla presentazione del “caso clinico” al cui posto figura la preparazione e la presentazione di un brevissimo “testo mirato” che secondo Neri può svolgere la funzione di “oggetto intermediario”. Si tratta di “un oggetto materiale che facilita e sostiene la comunicazione tra i membri del gruppo, ponendosi in qualche modo tra i relatori e i partecipanti”. Una volta conclusa la lettura della relazione di Neri, questa mattinata di studio ha dato il suo frutto più fragrante in una discussione dal tono così partecipato, così “gruppale”, che Luigi Boccanegra, che avrebbe dovuto presentare il suo lavoro dal titolo “Una ricostruzione del caso clinico in gruppo come prototipo di microconvivenza riuscita”, ha scelto di non interrompere con la lettura del suo testo il fluire dei pensieri che si andava sempre più articolando ma di farsi, qual è stato, fine ascoltatore e interlocutore, affiancato da Anna Ferruta di ciò che veniva via via in luce nel pensiero del gruppo che si era andato così formando.

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