Corpo tra evidenze e trasparenze e proiezioni genitoriali. Osservatorio del bambino e dell’adolescente del CMP: Claudia Balottari, Simonetta Bonfiglio, Patrizia Conti, Paola Ferri, Caludio Galvano, Lidia Leonelli, Maddalena Marascutto, Anna Migliozzi, Silvia Pretti, Anna Tabanelli, Paola Vizziello, Alessandra Zanelli.
“Qualcosa prima della nascita ostacola la creazione di uno spazio mentale adeguato, l’allattamento è turbato” (A.Gritti, Una o più anoressie, 2010)
“L’orientamento corporeo e mentale inappropriato madre/figlio, interferisce sull’incontro comunicativo, sulla funzione contenitiva/trasformativa materna e sulla capacità di riconoscimento alla base della costituzione del senso di sé de bambino” (Di Ceglie G.R., Int J Psych.Dic. 2013)
“I genitori incapaci di arricchire la relazione col figlio di propri aspetti vitali (buon ambiente) lo espongono ad esperienze pulsionali” (Winnicott, 1961)
DORIS
ANAMNESI
I genitori di D. sono due brave persone, ben inserite socialmente, con uno sguardo alla protezione della famiglia e uno verso le persone più bisognose. La madre è un vero ‘angelo del focolare’, con alcuni ‘desideri in sospeso’ nella sua vita di giovane donna e di sposa, soffre di cefalee. Il padre, impegnato fortemente nel suo studio di architettura, oscilla tra l’amore per il collezionismo d’arte e quello per il salutismo ad ogni costo. Tre fratelli, tutti più piccoli, soffrono uno di dermatite atopica e uno di asma allergico, fina dalle prime epoche di vita.
STORIA
Doris nasce da una gravidanza regolare e con un parto naturale. L’allattamento è rigorosamente e ‘con rigore’, al seno e la piccola D. cresce forte sana e molto bella. Verso il terzo anno, in concomitanza con la nascita del primo fratello, inizia qualche problema di sonno che viene affrontato con la permanenza della madre al capezzale del D. mentre viene cullato il nuovo nato. Ben presto si palesano le prime difficoltà alla separazione.
SINTOMI
Dai 4 anni, D. appare come una bambina molto perspicace, particolarmente autonoma e intraprendente, ordinata e curiosa ma, in modo indirettamente proporzionale, inizia lentamente a scemare la sua capacità di stare da sola e di condividere coi fratelli il rapporto con mamma e papà: D. accetta prevalentemente cibi che le passa il padre a tavola e che sono simili a quelli consumati dal padre. Diventa sempre più difficile per la madre lasciarla sola a casa con la tata o con i nonni, che lei ha sempre frequentato: anche un allontanamento di pochi minuti da casa è intollerabile. D., per alcuni periodi, controllerà che porte e finestre siano chiuse, in modo ossessivo. E’ a quell’epoca che inizia una prima tranche di analisi con D. a due sedute settimanali, che si estenderà dal 5 ai 10 anni, fortemente voluta dalla madre. La carriera scolastica è, da subito brillante, e D. tende a svolgere i suoi doveri dell’apprendimento da sola: ha ritmi rapidi e ricerca approfondimenti delle diverse materie, non comuni. La tempesta preadolescenziale impone un cambiamento al corredo sintomatologico che lascia il posto ad una compulsività nell’alimentazione attraverso la quale D. pare compensare il rigore delle proprie abitudini. La silhouette corporea si modifica e le curve aumentano: D. non si riconosce più in quel corpo non più imberbe e non più così appetibile per una mamma ‘molto chioccia’, una mamma di tanti bambini piccoli. L’angoscia della perdita e la colpa per una probabile separazione, data dalla crescita, evocano sentimenti di perdita così profondi da avviare il percorso a ritroso verso forme più infantili e neutrali del sé, (“mentecorpo”). D. inizia a vomitare e a perdere peso. Non arriverà mai a situazioni che la mettono in pericolo di vita ma i nuovi comportamenti alimentari metteranno in scacco tutta la famiglia, nella costante risonanza del ricatto e rinforzeranno la sua pseudo-onnipotenza di poter tutto controllare, come maschera della paura di perdere l’oggetto d’amore, e faciliteranno un percorso verso uno stato di sempre più forte solitudine e isolamento dal gruppo dei pari. È in prima superiore che D. rientra in analisi, con una richiesta formulata dal padre.
TERAPIA DEI GENITORI DI DORIS
I genitori iniziano una consultazione “per via indipendente” dalla terapia di D.. Entrambi provenienti da lunghi percorsi psicoanalitici, arrivano preoccupati per il figlio minore che ha sviluppato gravi sintomi ossessivi con angosce di morte, via di uscita da una compiacenza pseudo-adattativa alle dinamiche del gruppo familiare. Gli altri figli restano sullo sfondo. In alternativa alla richiesta di terapia individuale per il figlio, accettano un lavoro come coppia genitoriale con pronta collaborazione, sostenuta da un sentimento di “diritto” all’essere genitori, contro il cedimento di fronte alla sfinitezza o allo sviluppo di più articolati sintomi somatici. Lui soffre di grave insonnia. La madre, divorata, è riempita di ‘scarti’ di tutta la famiglia. Farà una dieta,‘si asciugherà’, segnata dagli anni che passano e le tolgono un po’ dell’aria da “adolescente per bene”. Lo stato di allarme per i figli li tiene uniti, e utilizzano uno sguardo “terzo”, cui viene data autorevolezza, come fratelli che si affidino a un genitore benevolo e “imparziale”.
Nello scenario analitico irrompono, eco antiche ed omessi, “gli attaccamenti divoranti” di Doris.
Il sito analitico si allarga: ognuno discretamente all’opera dentro i confini del proprio specifico setting, i due terapeuti in campo, sono immaginati in un accoppiamento funzionale, prefigurando una “diversa genitorialità”, nel rispetto dei confini e dell’intimità personale.
Dall’idealizzazione del ruolo genitoriale ricavano “sicurezza e preziosità”, sostenute da una netta divisione di competenze. L’apparente soddisfazione reciproca rivela la rigidità del confinamento maschile-femminile, che rinforza le reciproche individualità, in una comune ideologia riparativo-sacrificale. Si lavora per aumentare la capacità di osservare questo particolare “funzionamento della genitorialità”: scissioni e opposizioni invece di differenziazioni, a discapito del riconoscimento di contributi specifici nella ‘figlità’ e nella genitorialità.
L’ironia e l’autocritica ora cominciano ad essere vie di transizione e preludio di mobilità di gioco che trasformano l’opposizione amore/odio: nella semplice contingenza della vita e delle azioni della quotidianità, il ‘gruppo famiglia’ importa e scambia ‘alterità’, autorizzando desideri di conoscenza, prefigurando separazioni per esplorare mete differenziate, con complementarietà e arricchimento, svincolandosi da un integralismo oppositivo.
ANALISI DI DORIS
L’analisi ruoterà intorno ai temi della colpa, del controllo, della diversità con i pari, per via della particolare intelligenza e degli ottimi risultati scolastici. Questi saturano ogni energia e non permettono nemmeno una via di fuga verso altri desideri che restano espressi ma non realizzati. D. vive un’esperienza adolescenziale monca, dove anche le rare relazioni affettive con l’altro sesso, si configurano sempre come insature e insoddisfacenti, mai remunerative rispetto all’impegno che D. vi investe. Gli attaccamenti ambivalenti, e talora disorganizzati, delle prime epoche di vita, rinfrescano ambivalenze primitive: D. si sente superiore ma, al contempo, mai all’altezza dei compiti richiesti. Si scatenano angosce pervasive, la cui portata emotiva viene sedata con le crisi di vomito che si fanno lentamente più saltuarie a fronte di abbuffate più severe. Il lavoro sarà inizialmente quello di prendere coscienza dei meccanismi di reazione e della loro coazione e dei ritmi che li caratterizzano, per passare lentamente ad una maggiore consapevolezza di sé, indipendente dal confronto alternante con i pari e la loro vita e desideri, e le competenze e richieste di una “madre”, che resta un faro nelle nebbie della sofferenza di D..
ESITI
Oggi D. ha solo saltuari episodi di vomito, quando convergono eccessivi fattori scatenanti: un viaggio della madre, una verifica a scuola, una lite con una amica … D. è bellissima e il suo corpo è armonico e fiero. Ora è possibile mettere in parole quanto succede ‘fuori e dentro’, e soppesare il rischio che si corre con certi comportamenti, elaborare il fatto che alcune difese abbiano la valenza di fattori di rischio e non quella di fattori protettivi. Anche la relazione con i genitori appare caratterizzata da maggiore equilibrio: la dipendenza dalla figura materna ha lasciato il posto ad una certa solidarietà e comunanza di intenti e di azioni svolte insieme. Il rapporto con il padre non si configura più come di sudditanza e ossequiosità, ma come un curioso luogo di sereno confronto, di possibili utili rifornimenti di conoscenza e anche di complicità. Qua e là, più qua che là, si palesa ancora l’atteggiamento controllante e ricattatorio verso la coppia-coppia, e ‘il sintomo’ si insinua tra madre e padre: D. continua il suo percorso anima-corpo, cercando come arrestare il movimento del pendolo.
Il setting si espande per la necessità di integrare il lavoro con i genitori
Inadeguata la capacità di contatto che riconosca e sostanzi l’esperienza dell’altro
Il Mourning: rottura del contatto per esperienze traumatiche
L’assenza e il vuoto di creatività vitale nelle relazioni genitoriali
Il vuoto, sede di proiezioni genitoriali costanti/incoerenti o nucleo, contenitore di proto pensieri?
GIULIA
ANAMNESI
I genitori sono persone colte, benestanti , di successo nell’ambito lavorativo. Colpiscono per la loro prestanza fisica: lui , formale, chiuso, emotivamente impacciato, ma disponibile,lei
estroversa, perfezionista, comunicativa, ansiosa. Quattro figli a distanza molto ravvicinata. Giulia è la primogenita: tappe evolutive adeguate. A 12 mesi diagnosi di sindrome neurologica genetica, non grave, che richiederà numerosi controlli medici nel tempo, con lieve disabilità intellettiva e, in seguito, diagnosi di ipotiroidismo e problemi ortopedici. Difficoltà di apprendimento e necessità di sostegno, caratterizzano il suo iter scolastico. La mamma espone i sintomi con controllata partecipazione emotiva ai vissuti di Giulia: l’ansia per la figlia era concentrata sul corpo e gestita con interventi ‘concreti’.
I fratelli sono descritti belli, intelligenti, pieni di risorse e di amici; lei chiusa, isolata, senza domande, senza amici.
SINTOMI
A 15 anni e mezzo, torna da una vacanza all’estero, dimagrita di 8 Kg. e continua a perdere peso. In capo ai tre mesi successivi, il calo totale raggiunge i 16 Kg e arriva al peso di 46 Kg. con un’altezza di 1 metro e 67 centimetri. Diagnosi di anoressia mentale di tipo restrittivo. Indicazione per un lavoro analitico per G. e per i genitori.
TERAPIA CON I GENITORI DI GIULIA
Una coppia separata si rimette al ‘lavoro’ per la figlia. Primo obiettivo: creare le condizioni che permettano ai due genitori di stare uniti nella stanza e avviare un lavoro insieme, dopo un iniziale rifiuto della madre a sostenere le sedute insieme al marito. Pochi incontri apriranno la strada per l’accettazione a iniziare una terapia che proseguirà per un arco di due anni e mezzo, con una forte alleanza terapeutica sul sostegno alla genitorialità. Nel corso del tempo, le sedute si sono allargate alle relazioni con gli altri figli, frutto di un alleggerirsi delle proiezioni su G., e di una nuova mobilità, a fronte di precedenti fissazioni nei ruoli e nelle dinamiche familiari e di coppia. Setting: un anno e mezzo di incontri quindicinali, diradati poi a ogni tre settimane. G. appare subito come la figlia sfortunata: una diagnosi precoce, le comunicazioni ricevute creano angosce riguardo alla qualità dello sviluppo, del corpo e della mente, un’immagine svalutata della bambina,‘destinata’ alla diversità (brutta e poco intelligente). I genitori condividono l’immagine mortificata e… mortificante della figlia, oggetto di proiezioni, ferita narcisistica profonda, nel loro progetto inconscio di coppia. Nel transgenerazionale, G. occupa il posto della figura importante, ma ingombrante e investita in modo ambivalente, della nonna paterna.
Entrambi i genitori compensano la caduta narcisistica enfatizzando le competenze e i successi degli altri figli. G. è isolata in famiglia. La madre: estroversa, attiva, ma spesso in fuga dal pensare e da un’empatia che potrebbe coinvolgerla in un dolore mal sopportabile. Il padre: chiuso, rigido, molto sofferente, depresso, consapevole delle proprie difficoltà emotive, impegnato a ‘capire’ la malattia di G., tormentato da profondi sensi di colpa. Entrambi mettono in atto bisogni riparativi, autentici, che li portano a impegnarsi e mettersi in gioco nella terapia. Dinamiche tra i coniugi: il padre ha un’immagine svalutata di sé come padre, proiettata sui figli. Fatica a riconoscere l’importanza del legame , della sua figura di padre, dei bisogni affettivi : tende a risponde ai loro bisogni con severità e concretezza, su un piano economico. Gli incontri favoriscono comunicazione e confronto: rimessa in discussione dell’immagine di Giulia, del suo corpo, delle sue risorse, che i genitori faticano a riconoscere. Si riduce la marginalità della figura paterna nel gruppo familiare. Le comunicazioni tornano a fluire: la madre riprende a informare il padre di ciò che accade nella famiglia, alla figlia, ai figli, e chiede il suo intervento. Giulia, sorella bisognosa, ha tolto spazio ai fratelli, che l’hanno isolata, mettendo in lei tutti gli aspetti bisognosi e le difficoltà.
Trasformazioni: ritiro di proiezioni mortificanti e collusioni genitoriali su basi narcisistiche. Oscillazioni e nuovi adattamenti, lavoro di elaborazione del lutto per accettare la realtà della figlia. Emerge una nuova funzione del padre nel dialogare con la madre e nel contribuire a riconoscere qualità e limiti di G. Dinamiche nuove e vivificanti tra i fratelli.
RELAZIONE TERAPEUTICA DI GIULIA
Arriva, per poche sedute, poco prima di Natale, è magra ma bella e intelligente. Ritorna, dopo le vacanze, dolorosamente, ancora più magra, con gli occhi scavati, il sorriso spento. Viene poco dopo ricoverata e ritornerà, in terapia, dopo 4 mesi (!).
Durante il ricovero comunichiamo con SMS con i quali sostengo il desiderio di tornare a casa e colgo la paura di “ritornare come prima”. Quando la rivedo è già primavera. E’ da poco ritornata a scuola. Trova attenzione, stupore nelle sue compagne, per la sua forma fisica: “come hai fatto!”. Sente su di sé lo sguardo dei ragazzi. Ora è magra, ma non è più trasparente. Acquista visibilità a casa, a scuola, all’esterno. Non la vuole perdere. E tiene duro con il cibo. Durante l’estate si sente corteggiata, era la “sfigata “ di casa, l’handicappata, la bambina con un corpo sotto osservazione, ora si rende conto di piacere e si lascia un po’ andare, riprende a mangiare con meno paura e ritorna, dopo l’estate, bella, in forma, contenta.
Nel primo anno di terapia, le sedute, bisettimanali, sono “leggere”, c’è la scuola, gli amici, lo shopping, … sembra difficile andare oltre. In una seduta mi dice che, quando legge, salta i “non”…
Cominciano a venire a galla sentimenti in agguato. E’ furiosa con la mamma che non le aveva detto di avermi telefonato. G., composta, ragionevole, comincia a farsi sentire. La mamma mi dice durante una telefonata: “….se deve dire a G. che l’ho chiamata, la metta giù in maniera delicata, diventa aggressiva, mi guarda con astio”. Mi parla della aggressività del padre. Negli appunti scrivo “pelle a macchie di leopardo” invece delle solite ‘macchie caffè-latte’.
ESITI
Alla fine del 2013, G. compie 18 anni! E’ prevista, in primavera una grande festa con 150 invitati, in un contesto ridimensionato rispetto ai progetti, inizialmente grandiosi, dei genitori. Lei è la protagonista dell’attenzione festosa dei suoi, non la figlia di cui prendersi cura.
In seduta ha sempre tante cose da raccontare. Il giro di amici si amplia, va a feste nei luoghi d’incontro dei giovani. A scuola va bene, i problemi sul cibo non si presentano.
Ora l’ambito conflittuale è la scelta dell’Università. Emergono vecchi problemi: le aspettative dei genitori e il timore di G. di non farcela. Lei vorrebbe un Istituto Superiore per Design, per il suo interesse alla fotografia (da anni il papà le ha regalato una Reflex! ).
La mamma vorrebbe che facesse anche un’altra facoltà. “Volere è potere”.
Il papà la vuole mandare all’estero. G. tiene duro, “sono io che devo decidere…, a Milano sto bene!”. Di nuovo si ridimensionano le aspettative dei genitori, rispetto a un’eccedenza del loro desiderio proiettato sulla figlia. Ora è più sicura nel rapporto con i genitori, i fratelli, gli amici. Sta frequentando un ragazzo, i suoi pensieri sono concentrati su di lui. Aspetta un bacio, lui prende tempo. Sembra la sua parte più chiusa, lontana, che ha paura di stabilire un rapporto più profondo. Lo desidera, ma teme, forse, che emergano sentimenti forti: rabbia, frustrazione, incontinenza, dolore e non saperli affrontare. E prende e chiede ancora tempo!
CONCLUSIONI
L’altro setting… un setting allargato…
Il lavoro terapeutico con i genitori, scenario della trasmissione psichica generazionale.
Caratteristica di tale scenario è quella di veicolare solo ciò che non ha potuto essere trasmesso per via simbolica e non ha potuto essere pensato, ciò che è implicito, il conosciuto non pensato, l’inconscio non rimosso, il corpo, il procedurale, il patto inconscio della coppia genitoriale…
E’ importante, nella malattia grave in età evolutiva, in adolescenza, un modello flessibile, che vari, tenga e con-tenga.
Una flessibilità che, come un vortice d’acqua, lascia andare quel che deve essere lasciato ma anche lo con-tiene, nel variare dello scenario e dei modelli.
Il patto inconscio genitoriale è ritrovato in una nuova edizione più consapevole del transgenerazionale e del bisogno di legame e di riconoscimento.
Nascono nuovi legami, pur nella fragilità e nella sofferenza, con il sostegno all’analisi dei figli.