Narcisismo oggi
Centro Milanese di Psicoanalisi
Milano 25 ottobre 2014
Report a cura di Patrizia Conti
Il 25 ottobre il Centro Milanese di Psicoanalisi in collaborazione con la Sezione Locale dell’Istituto Nazionale di Training della SPI e il Professor Fabio Madeddu, Ordinario di Psicologia Clinica dell’Università Milano Bicocca, ha organizzato una giornata di studio sul narcisismo nella realtà odierna a 100 anni dalla pubblicazione dello scritto di Freud “Introduzione al narcisismo”.
Nell’aula magna dell’università Milano Bicocca, gremita di studenti, specializzandi, psicologi, medici, psicoanalisti e qualche curioso, si è avviato un dialogo a più voci su Narciso e il narcisismo spaziando tra miti, arte, società, clinica e istituzioni, il tutto intessuto in una trama psicoanalitica.
La lettura del narcisismo in tutte sue declinazioni intrapsichiche, relazionali, sociologiche e filosofiche è stata vivificata sia da vignette cliniche, che da suggestioni provenienti dal mondo dell’arte: dipinti, formelle, sculture e dal racconto della vita di alcuni artisti.
Il mito di Narciso descritto nelle Metamorfosi di Ovidio è stato più volte rievocato e riletto cogliendone nuove sfaccettature. Freud aveva utilizzato il mito per illustrare le sue intuizioni cliniche perché esso, per sua stessa natura, condensa gli enigmi dell’animo umano e si presta alla ricerca di soluzioni sempre diverse. Anna Ferruta ricorda che Bion, nella linea C della griglia, considera il mito, una forma di conoscenza che rappresenta la verità psichica universale condensata di contraddizioni. Visto sotto questa luce insatura il mito ha percorso tutti gli interventi, che hanno stimolato negli ascoltatori riflessioni e interrogativi e condotto coraggiosamente verso l’esplorazione del vuoto e dell’infinito inteso come spinta organizzatrice di nuovi assetti psichici, come avviene in adolescenza (Giuseppe Pellizzari).
Ecco una sintesi del mito dalla relazione della dr.ssa Giuliana Barbieri: Narciso ragazzetto di sedici anni di bell’aspetto, si nega a ragazzi e ragazze che continuano a tampinarlo. Mentre si riposa da solo nel bosco, la ninfa Eco lo vede e se ne innamora. Lui non la corrisponde e la ninfa lo condanna a innamorarsi e a “non possedere chi ama”. Narciso s’innamora di un bellissimo ragazzo che vede in fondo allo stagno. Gradualmente, dopo essere stato irretito in un gioco di specchi sonori (la ninfa Eco che ripete l’ultima parola delle sue frasi), visivi (l’immagine sulla superficie dello stagno) e comportamentali (l’immagine amata fa i suoi stessi gesti) arriva a riconoscere se stesso nell’immagine di cui si è innamorato. Narciso di fronte a questa rivelazione decide di morire e sarà trasformato in un fiore che porterà il suo nome.
Uno dei fili conduttori nel mito, come nelle relazioni, è il concetto di specchio. Si parla dei primi rispecchiamenti del bambino nel volto della madre e viceversa (Mario Marinetti, Alberto Luchetti, Giuliana Barbieri, Ronny Jaffè ), come spinta allo sviluppo e radice delle identificazioni necessarie alla futura soggettivazione (Anna Ferruta); dalla dolorosa rottura dello specchio e della propria immagine infantile nell’adolescente che non si piace (Giuseppe Pellizzari), al mancato rispecchiamento nella melanconia.
Tutti i relatori hanno testimoniato la caduta del concetto di narcisismo primario nella ricerca psicoanalitica post-freudiana, sostenuta dall’infant research e dalle scoperte delle neuroscienze. Non esiste niente che non sia in relazione, ogni traccia è il risultato di un incontro e uno scontro.
Infatti, è la dialettica tra intrapsichico e relazionale, (Simonetta Bonfiglio), ad animare sia il mondo interno del soggetto che il pensiero psicoanalitico. La patologia è il fallimento dei processi di rispecchiamento e di soggettivazione, l’incapacità del prendere una forma attraverso il contatto con l’altro.
Nelle relazioni sono stati affrontati il vertice intrapsichico, con il concetto di narcisismo sano, patologico e distruttivo, il tema dei legami narcisistici e delle organizzazioni narcisistiche gruppali.
Fabio Madeddu apre i lavori ponendo l’accento sull’importanza del dialogo tra università e istituzioni scientifiche e formative. Nel suo intervento offre una puntuale descrizione del “Narciso” che alberga in ogni uomo e del narcisismo patologico. La clinica è stata il punto di partenza delle riflessioni di Freud ed è l’ambito di esplorazioni e comprensioni della psicopatologia di noi clinici moderni. Per organizzare delle risposte terapeutiche efficaci, è utile individuare sempre meglio le caratteristiche e le tipologie dei differenti pazienti. Il narcisismo inteso in senso patologico racchiude uno spettro ampio e variegato di condizioni; restringere il campo, definire gli assetti relazionali e di funzionamento, ci consegna un narciso meno sfuocato.
Mario Marinetti cerca di rintracciare, attraverso il contributo di vari autori, le origini e le caratteristiche del funzionamento narcisistico. Il “narciso” è un soggetto tormentato da bisogni insoddisfatti. Ricorda il pensiero di Stefania Turillazzi Manfredi sul bisogno di essere amato del soggetto narcisistico, quello di A. Oliva De Cesarei sul suo bisogno di costruire una barriera antistimolo attaccandosi a stimoli concreti, quello di Marrucco sul bisogno del soggetto di soddisfare i desideri narcisistici dei genitori. Questi e altri filoni del pensiero psicoanalitico hanno illuminato la tecnica e consentito di cogliere dietro le “corazze” narcisistiche un Sé poco sviluppato dominato da sentimenti di impotenza.
Mario Marinetti ha anche ricordato le attuali ricerche sulla persona dello psicoanalista, sui bisogni narcisistici che albergano in lui e sulla necessità che lo psicoanalista ne sia consapevole.
Anna Ferruta, nel “Rispecchiamento Perturbante”, che dà il titolo alla sua relazione, identifica l’intervento dell’analista quando in seduta attiva la ricerca di sé attraverso l’altro; spinta perturbante in forte contrasto con l’immobilità senza vita nella quale il soggetto narcisistico è barricato. Infatti, il percorso verso l’altro, citando A. Green, esita verso il tentativo di cancellare la traccia dell’altro. Anna Ferruta mostra Il dipinto “Narciso” di Caravaggio che ritrae magistralmente il giovane immobile e assorto davanti al lago/specchio dove si dissolve e spariscono la mobilità e la sua vitalità. Ma Narciso, come tutti i suicidi, è anche un omicida che uccidendosi uccide la madre-morta, racchiusa nel suo narcisismo, che lo ha parassitato. L’incontro psicoanalitico può aiutarlo a riprendere il viaggio, accompagnandolo verso i complessi processi di soggettivazione. L’attesa e le risposte empatiche che l’analista mette a disposizione, costituiscono quella funzione di contenitore necessaria a sostenere il paziente nel divenire soggetto generatore di sensi e significati e accedere alle identificazioni come percorso verso l’alterità. Così orientandosi verso l’ampliamento della soggettività, Narciso può rimettersi in cammino.
Alberto Lucchetti si sofferma sul narcisismo come forma particolare di legame.
Riparte dall’”introduzione al narcisismo” di S. Freud dove il narcisismo è il complemento libidico della pulsione di auto conservazione; l’Io che era stato presentato come polo difensivo verso le pulsioni, ora diviene un’unità psichica, che nel narcisismo s’impone come oggetto d’amore alle pulsioni. In quest’ottica il narcisismo è come una gestalt, citando J. Laplance, che lega la sessualità all’oggetto totale, l’Io.
La reciprocità dei primi scambi relazionali, rispecchiamento necessario per la sviluppo, coinvolgono l’Io come un tutto e il legame narcisistico attivato da questi scambi è una forma unitaria, fautrice della creazione di una forma unitaria nel bambino.
Alberto Lucchetti utilizza due quadri per illustrare due diverse situazioni di rispecchiamento. Il dipinto “Las meninas” di Velasquez offre una situazione di buona reciprocità all’interno di un gioco d specchi. Nello specchio sullo sfondo c’è l’immagine dei reali di Spagna, genitori il cui sguardo segue l’infanta Margherita cui Il pittore sta facendo il ritratto. Qui il ritratto della figlia è rappresentato come riflesso dell’immagine dei genitori e l’offerta materna funge da specchio formante.
Nella melanconia l’immagine del bambino resta fuori dallo sguardo materno, che diviene specchio deformante; l’identificazione resta fuori e prevale la spinta verso l’autoeliminazione.
Il dipinto di Van Gogh “Campo di grano con volo di corvi” è l’esito melanconico del venir meno della sguardo, è infatti il suo ultimo auto ritratto, quello di un Io irriconoscibile, che precede di pochi giorni il suo suicidio.
“Las meninas” racconta il rispecchiamento, il “Campo di grano con volo di corvi” il rispecchiamento mancato.
Giuliana Barbieri illumina il lato oscuro e meno discusso del narcisismo, quello della solitudine. Vede nella frase di Narciso “Io sono io” di fronte alla scoperta che si è innamorato di se stesso, non solo superbia, ma anche sconcerto constatativo.
Nel testo di Ovidio scopre un Narciso molto solo, sconcertato dalla presenza/assenza di Eco, di un oggetto che c’è e non c’è, un oggetto che non ha parole proprie e ripete le sue.
Barbieri ipotizza che il Narciso del senso comune, superbo e sprezzante rappresenti un meme, cioè un’unità dell’evoluzione culturale trasmessa per imitazione, che esalta l’autosufficienza, anche se alla lunga fa male. Il meme, la diffusione per imitazione, permea anche le relazioni genitori-figli, che affollate da troppe parole (ipertesti), sacrificano la creatività infantile.
Il caso di Pluto ci spiega il fenomeno. Pluto a scuola litiga con un compagno, la madre su sollecitazioni delle maestre lo sottopone a complicati e quotidiani interrogatori, così il bambino, che voleva solo il giocattolo del compagno, è disposto a spostare il proprio perché a favore di quelli della madre. Le tante parole non aprono le porte alla vera esperienza soggettiva, che resta sola, silenziosa e sepolta nel procedurale.
La nostra psicoanalisi saprà fuggire da Eco e ritrovare Narciso?
Giuseppe Pellizzari, attraverso dipinti e formelle descrive l’evoluzione del narcisismo in adolescenza, età della seconda nascita e della rifondazione di Sé.
Qui lo specchio si rompe, l’uomo perfetto di Leonardo si frantuma nella Donna allo Specchio del Picasso cubista. L’adolescente non si piace, e deve ricostruire il proprio volto, il proprio essere soggetto. Cerca nelle community del web, nei film, nei gruppi musicali, rimandi di chi vuole essere, ma sono etichettature violente che non comportano il lungo lavoro psichico di dare forma ad un volto animato da pulsioni e angosce che nell’infanzia erano messe a tacere. I genitori, descritti da Giuseppe Pellizzari attraverso i dipinti “La madonna di Foligno” di Raffaello e “San Giuseppe” di El greco, sono malinconici e guardano altrove, verso il vuoto di un futuro da realizzare, consci che nulla possono fare se non aiutare il bambinello ad affrontare la drammaticità della vita e lasciarlo andare nel “vuoto” inconoscibile. Il vuoto rappresenta quella dialettica tra passato e futuro, tra dentro e fuori, che diviene spinta organizzatrice dell’esistenza. Nel narcisismo patologico, non c’è altrove e lo spazio è chiuso.
Dall’adolescenza Giuseppe Pellizzari getta un ponte all’adolescente società odierna. Oggi non c’è un universo simbolico che ci sostiene; siamo di fronte ad un corpo frammentato e dobbiamo vivere il processo attorno al vuoto. La democrazia pur imperfetta, contiene l’inquietudine e rappresenta la trasformazione del difetto/vuoto in valore. Nel fondamentalismo l’altrove si chiude e con esso lo spazio al pensiero e c’è la morte.
Nelle domande del mattino si assiste a un ritorno alla clinica, alla necessità di identificare e delineare gli aspetti narcisistici, le carenze ed i fallimenti, per potercene occupare (F. Madeddu).
La psicoanalisi offre un contenitore, una mente pensante che per un tempo sufficientemente lungo accompagni il paziente nel prendere una sua forma (A. Ferruta).
L’interesse si è poi spostato sugli aspetti narcisistici della contemporaneità in cui il corpo è in primo piano come in anoressie e attacchi di panico (L. Contran).
Il film “La grande bellezza” descrive un’esistenza piatta il cui dramma è proprio l’assenza di conflitti (G. Pellizzari), al contrario il dramma del film “ Il giovane favoloso” ritirato in se stesso, attraversa il vuoto e approda al valore della poesia (A. Lucchetti). Una possibile via di uscita è indicata da Papa Francesco che sollecita il dialogo, il confronto, il conflitto per ricreare nuove forme.
Il pomeriggio inizia con le immagini del film “L’onda” del 2008, tratto da un romanzo tedesco, che accompagna i presenti a prendere posto per la ripresa dei lavori. Nel film un professore di liceo, durante la settimana di sospensione delle lezioni, vuole fare riflettere gli allievi attraverso una forzatura, una sorta di psicodramma collettivo, ma il gruppo gli sfugge di mano e si trasforma in una dittatura. Un proverbio cinese dice che una volta sulla tigre non si scende.Iil film introduce e fonda i discorsi del pomeriggio sul narcisismo nei gruppi e nelle istituzioni.
Giovanni Foresti in” Dinamiche gruppali e identità del soggetto”, presenta il gruppo come snodo tra dinamiche intrapsichiche e interpersonali e ne illustra gli aspetti positivi e negativi. Il gruppo può facilitare legami e attivare risposte flessibili; orientare il funzionamento individuale e l’equilibrio narcisistico, nonché disorganizzarlo. Nei gruppi, animati dalla dialettica tra assunto di base e gruppo di lavoro, il leader e i followers sono ostaggio delle dinamiche; il leader alimenta, attraverso il gruppo, l’omeostasi del proprio narcisismo, il follower segue la sua capacità di lasciarsi più o meno condizionare dalle richieste conformistiche, in base alla personale sensibilità.
Giovanni Foresti riprende Bauman sulla teoria della società liquida, basata su bolle narcisistiche illusorie prive di sostanza e sostenuta anche dal pensiero di tipo confermativo. E’ il pensiero che organizza il grande gruppo del web, in esso il singolo viene confermato in alcune scelte e non in altre, così il narcisismo del singolo risulta condizionato dagli indirizzi e dalle scelte della società che orienta i consumi.
Termina citando un racconto di Gadda che illustra una situazione in cui in assenza di un leader che lo orienti, un gruppo si impaluda e ristagna e scivola negli assunti di base.
Marco Sarno attraverso la sua relazione “Organizzazioni sociali e narcisismo distruttivo” ci fa entrare nelle istituzioni.
Illustra il caso di un servizio psichiatrico in empasse attraverso l’immagine di un paziente incontrato in Pronto Soccorso che continuava a urlare “non sono competente”, facendo da eco alla scarsa competenza delle istituzioni psichiatriche. Affrontare la malattia mentale grave è molto pesante e le istituzioni funzionano da deposito di ansie legate alla morte psichica, elaborabili solo parzialmente.
Nell’istituzione malata la funzione paterna collassa a spese della fusionalità indifferenziata; il materno si appiattisce sull’assistenzialismo e vanno al potere caricature del codice paterno con derive sadiche e autoritarie e una rabbia narcisistica rancorosa. Le spinte creative e i pensieri funzionanti vengono mortificati e considerati un ostacolo al progetto implicito di mantenere tutto fermo, prevale una spinta rinuciataria e abbandonica a sfondo masochistico.
Accendere un fuoco a creare curiosità è un modo di insegnare e di trasmettere un sapere nuovo a chi non ha più la forza di gridare, come invece il paziente in pronto soccorso.
L’analista recepisce il dolore e richiama a situazioni traumatiche per rilanciare verso una nuova creatività; offre un nuovo sguardo che fa apparire un altro soggetto e si oppone alla omologazione dello stagno di Narciso.
La giornata si è conclusa nella bottega del Verrocchio dove ci porta l’ultima relazione di Ronny Jaffè, che contiene ed elabora creativamente le principali suggestioni della giornata. La bottega intesa come laboratorio fecondo di nuove idee e pensieri per la trasmissione di un sapere psicoanalitico vivo e creativo. I maestri devono poter offrire e tollerare il confronto edipico, e dipingere sulla stessa tela come fa Verrocchio con Leonardo. Ma i racconti ci fanno vedere un Verrocchio che non tollera il confronto edipico e di fronte alle doti di Leonardo, offeso, fugge. Leonardo, invece, è a tal punto chiuso nel suo narcisismo, da vietare agli allievi l’uso di pennelli e colori. La trasmissione della psicoanalisi deve accendere nuovi colori, non riempire un vaso; i maestri analisti dipingono sulla stessa tela con gli allievi; “accolgono coerentemente e autenticamente la dimensione trasgressiva ed emancipativa” insita nel complesso edipico? R.Jaffè Conclude rileggendo la tela di Velsquez “Las meninas” in cui posizione narcisistica-singolare, gruppo, pluralità e complessità s’intrecciano e dialogano tra loro offrendo uno slancio vitale al soggetto, al gruppo, alla famiglia.
Dicembre 2014