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5-8 maggio 2016 BRUXELLES L’Io inconscio – 76°Congresso degli Psicoanalisti di Lingua Francese

Dal

05/05/16

 al 

08/05/16

Report a cura di Caterina Olivotto
Dal 5 all’8 maggio 2016 si è svolto a Bruxelles il 76° Congresso degli Psicoanalisti di Lingua Francese organizzato dalla Società Psicoanalitica di Parigi (SPP) in collaborazione con la Società Belga di Psicoanalisi (SBP).

Vengono discussi i lavori di Dominique Cupa (SPP) “Qualcosa dell’inconscio” e di Michèle Van Lysebeth-Ledent (SBP) “Il lavoro onirico dell’Io inconscio”. All’interno degli atéliers, da quest’anno, due novità: essi saranno dedicati all’approfondimento dei Rapports e alla clinica ad essi collegata e animati anche da un collega scelto tra gli autori dei Préalables (lavori ispirati al tema del Congresso e inviati al Comitato Organizzatore).

Il Convegno arriva in un momento molto particolare per Bruxelles e per l’Europa intera. Gli attentati del 22 marzo, ancora molto vicini, ci immergono in una strana atmosfera. La città sembra reagire con forza e a testa alta rispondere con segnali vitali all’attacco mortifero. Le viuzze del centro storico sono piene di gente, di locali aperti,  di musica e di ragazzi che con il loro allegro vociare sottolineano il desiderio di non soccombere alla paura.  La ferita subita si avverte e fa da sottofondo alle ronde della polizia e dei militari che all’imbrunire scendono lungo le vie della città, ai fiori e ai messaggi lasciati in Piazza Della Borsa dopo la commemorazione delle vittime, alla sensazione di allerta che ci pervade, nonostante tutto.

Il tema del Congresso, L’io inconscio, ci offre quindi la possibilità di riflettere anche su quanto ci sta succedendo intorno. Freud usa questo termine per la prima volta ne L’Io e l’Es nel 1923 in continuità con la linea teorica di Al di là del Principio del Piacere (1920). L’io inconscio muove la coazione a ripetere, è strettamente legato alla reazione terapeutica negativa, alle nevrosi di destino, al senso di colpa inconscio e alle insidie del masochismo.

Fin dall’inizio della sua opera, Freud si trova a fare i conti con l’incoscienza dell’Io sia per le sue funzioni che per le identificazioni che lo fondano. Ma quando parla di io inconscio fa un passo ulteriore, affermando che una parte dell’Io non solo è artefice di identificazioni, ma contemporaneamente e senza esserne consapevole, lavora al servizio di forze negative proprie dell’Es e quindi si contrappone agli obiettivi del lavoro psichico, del divenire cosciente e dell’oggettivazione. Per rendere conto di questo funzionamento egli riprende il concetto di “ricordi di copertura” (1899). Quando poi rivede la prima topica (Coscio, Preconscio e Inconscio) optando per una differente distribuzione spaziale – la seconda topica (Es, Io, Super-Io) più mobile – in cui le istanze possono intersecarsi tra loro creando zone di extra-territorialità, nelle quali viene riconosciuta la presenza di forze negative, l'”io inconscio” prende corpo (1923).

La nozione di extra-territorialità in seno all’Io è in primo piano in questo Convegno, permettendo di differenziare tra estraneità-interiorizzate  (identificazioni) e interiorità-esternalizzate (proiezioni). Ogni riflessione sulla spazialità viene dunque modificata da questa extra-territorialità che tende ad essere trasposta e ad incarnarsi nelle diverse realtà esterne.

Dal 1923 in poi, Freud descrive dunque un’Io occupato, nella sua parte inconscia, anche da tendenze avverse. Il concetto di “io inconscio” (1923) annuncia quindi la scissione dell’Io del 1938 e mette in scacco qualsiasi idea di coerenza e di sintesi.

Contemporaneamente però egli mette in luce anche l’ingegnosità della psiche che produce e costruisce formazioni estranee, bizzarrie, pensieri e neo-realtà per rispondere alle minacce a cui è sottoposta. Una capacità elaborativa appare quindi implicita.

Le autrici dei Rapports si soffermano soprattutto su questa capacità che attribuiscono all’io inconscio e cercano di esplorarla prendendo in considerazione, oltre a Freud, anche apporti di autori più recenti sulla creatività e la generatività dello psichico.

Dominique Cupa, attraverso la presentazione del materiale clinico di un paziente con una grave depressione preso in trattamento dopo il trapianto di un rene, ci mostra come, durante i primi tempi della psicoterapia (una volta alla settimana), la resistenza dell’io inconscio indotta dall’Es e imbrigliata nella ripetizione dell’identico, dominava le sedute attraverso l’uso massiccio di difese primitive. Per comprendere il blocco del funzionamento dell’Io del paziente e la possibile via di ripresa, Cupa si sofferma soprattutto sulla scissione eccessiva tra processi primari e secondari che le pemette di agganciarsi al concetto di processi terziari introdotto da Green (1972) e di attribuire  all’io inconscio una “funzione intermediaria interna agganciata allo spazio intermedio del campo dell’illusione descritto da Winnicott …” (p. 74, traduzione mia).

È su questa scia che l’autrice, spaziando principalmente da Freud a Green, a Winnicott, ad Anzieu illustra i vari passaggi che hanno permesso lo sblocco della capacità creativa dell’io inconscio del paziente favorendo così un’elaborazione fantasmatica dei traumi subiti.

Van Lysebeth sceglie invece un’altra via attribuendo all’io inconscio la capacità creativa e trasformativa propria del lavoro onirico. Attraverso un sogno e il materiale clinico di due pazienti in analisi, l’autrice ci mostra come un enactment (l’actuel traumatico) può irrompere nello psichico e bloccarne il funzionamento. Divenuti inaccessibili, i vissuti del paziente e le ripercussioni psichiche legate all’impatto traumatico hanno la possibilità di emergere  attraverso il sogno, espressione della funzione trasformativa dell’io inconscio, potendo essere così elaborate e trovare rappresentazione.

Interessante è l’accostamento che Van Lysebeth fa con la funzione alfa di Bion che, a suo parere, è una delle funzioni inconsce dell’Io. Soffermandosi sulla confusione che spesso si fa tra il concetto di io inconscio e quello di preconscio e quindi tra suddivisioni spaziali legate alla prima e alla seconda topica, si avvicina all’idea di una terza topica in cui l’io inconscio diventerebbe un’istanza  a sè (usa infatti per esso la I maiuscola), sede della funzione alfa e di tutte le capacità creative e trasformative del funzionamento psichico. “(…) Se la prima e la seconda topica sono antagoniste, la terza mi appare invece il prolungamento degli sviluppi accennati da Freud fin dal 1920. Appoggiandosi alla nozione di identificazione proiettiva e a quella di funzione alfa, Bion ne delinea i confini” (p. 184, traduzione mia).

Su questa linea di pensiero l’autrice mette a confronto la diversa concezione del sogno in Freud e in Bion sottolineando l’aspetto progrediente, trasformativo e introiettivo della funzione alfa – funzione inconscia dell’Io –  che è fonte di apprendimento e di crescita psichica.

Entrambi i Rapports hanno dato luogo, sia nelle sessioni plenarie che durante gli ateliers, ad accesi e interessanti scambi sulla funzione creativa e simbolizzante esercitata dal l’io inconscio e sulla eventualità di considerarlo un’istanza a sè. Notevole e stimolante mi è parsa l’apertura verso autori di tradizione anglosassone nel tentativo di creare un filo di continuità di pensiero.

L’incontro della domenica mattina con l’architetto Paul Andreu, attraverso le immagini delle sue opere e ai racconti sulla loro realizzazione, ci aiuta a pensare da un’altra prospettiva figurativa la suddivisione spaziale della mente, l’intersezione tra uno spazio e l’altro e  lo spazio stesso come luogo che permette il transito di idee, pensieri, sensazioni ed emozioni.

L’atmosfera sognante che si è così creata ci accompagna alla chiusura dei lavori e la Presidente della Società Belga di Psicoanalisi, Marie-France Dispaux, ci riporta con delicatezza alla realtà di questo difficile momento e, fra le righe, sembra sollecitare la funzione creativa del nostro io inconscio. Con umorismo tipicamente belga, raccomandandoci  prudenza e, visti i capillari controlli, di avviarci per tempo all’aeroporto, ci saluta con una vignetta: “un papà e un bambino stanno guardando un pianeta lontano; il bambino fantastica sulla possibilità di raggiungerlo e sulla durata del viaggio … poi chiede ‘ma ci vorrà molto tempo per potersi imbarcare?’ Il papà sospirando gli risponde ‘molto tempo e molta pazienza … soprattutto se si parte da Zaventen!’.

L’appuntamento è per il 2017 a Parigi per discutere su “L’Interpretazione”.

 

BIBLIOGRAFIA

Freud S. (1899), Ricordi di copertura, OSF, vol.2, Bollati Boringhieri

Freud S. (1920), Al di là del principio del piacere, OSF, vol.9, Bollati Boringhieri

Freud S. (1923), L’Io e l’Es, OSF, vol. 9, Bollati Boringhieri

Freud S. (1937), Analisi terminale e interminabile, OSF, vol. 11, Bollati Boringhieri

Freud S. (1938), La scissione dell’Io nel processo di difesa, OSF, vol. 11, Bollati Boringhieri

Bullettin de la Société Psychanalytique de Paris (2015), 76° congrès des psychanalystes de langue française, PUF