Dossier
Oltre ogni limite?
21/03/16
Come definire l’atto umano di mettere al mondo un bambino? La riproduzione della specie è un istinto? La sessualità è un istinto? Esiste l’istinto alla genitorialità? Attraversando i secoli e i saperi, le religioni, le filosofie, le scienze umane e le scienze naturali, si potrebbe scrivere una sequenza di domande e risposte interminabile. Scelgo un parziale punto di vista a cui mi ancoro. La riproduzione non è un diritto. La riproduzione appartiene alla sfera del desiderio, del piacere. Così come il contrario. Anche non volere riprodursi appartiene alla sfera del desiderio, del piacere. Non volersi riprodurre comporta scelte anticoncezionali. Tali scelte, dall’astenersi dai rapporti sessuali fino all’ l’infanticidio, sono sempre state a disposizione dell’umanità. Riprodursi è più complicato: gli esseri umani sono in balia della natura. Cioè erano. Perché la natura della riproduzione delle specie umana , dal secolo scorso, è in balia degli esseri umani.
Chi è nato prima del 1985 è considerato dagli studiosi della rivoluzione digitale un “migrante digitale” per distinguerlo dai nati successivamente, definiti “nativi digitali”. Prendo il termine in prestito per definire “migranti “ coloro che si sono riprodotti prima del 1978 , quando si ebbe la prima fecondazione artificiale in vitro, messa in atto dai medici anglosassoni Patrick Steptoe e dal premio Nobel Robert Edwards, e li distinguo dai “nativi “.
Prima del 1978 i corpi erano un limite invalicabile per la riproduzione. Era necessario che nel corpo di una donna fertile avvenissero una serie di fatti in seguito ad un accoppiamento sessuale con un uomo ugualmente fertile, che la fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo avvenisse di norma nel terzo esterno (parte ampollare) della tuba di Falloppio, che lo spermatozoo iniziasse le sue modificazioni già a livello uterino e con la sua maturazione funzionale detta capacitazione acquistasse la capacità di perforare (col rilascio di enzimi litici) la parete dell’ovulo e quindi di inserire nel suo citoplasma il DNA paterno. Che in seguito, lo zigotecosì formato, continuasse il suo percorso lungo la tuba sino ad arrivare nell’uteroe nel frattempo procedesse il processo di fusione dei patrimoni ereditari dei due genitori (23 cromosomi materni e 23 cromosomi paterni), che questa fase durasse circa 24 ore, e solo dopo iniziasse la segmentazione della cellula uovo fecondata in 2 cellule, poi in 4 e così via sino ad arrivare a 64, e che nel frattempo lo zigote si impiantasse nell’endometriouterino, che in questa fase del ciclo è pronto ad accoglierlo..
Prima della fine dell’800 era anche un limite invalicabile che il corpo della donna fosse sufficientemente sano per far crescere nel proprio utero per 40 settimane il futuro bambino. I limiti del corpo femminile incidevano drammaticamente sulla mortalità infantile, in particolare se e quando il parto fosse stato prematuro. Nel 1898 il Dr. Joseph B. De Lee creò la prima incubatrice per i bambini prematuri a Chicago, Illinois. Il primo testo americano riguardante la cura dei nati prematuri fu pubblicato nel 1922. Nel 1952 la dottoressa Virginia Apgar introdusseun sistema a punteggio per la valutazione delle condizioni fisiche dei nuovi nati. Ma fu solo nel 1965 che fu aperta la prima sezione di cura intensiva neonatale presso New Haven, Connecticut e nel 1975 l’associazione pediatrica americana stabilì dei criteri per la certificazione della neonatologia.
Gli anni sessanta portarono ad una rapida escalation nei servizi neonatali grazie all’avvento della ventilazione meccanica per i neonati. Questo permise la sopravvivenza dei bimbi nati prematuramente e di piccole dimensioni. Negli anni ottanta, lo sviluppo della tecnologia e l’avvento di incubatori innovativi permise la sopravvivenza di bambini molto prematuri . Alla data del 2006 i neonati che pesavano 450 grammi e avevano compiuto le 22 settimane di gestazione avevano una piccola possibilità di sopravvivenza. Nelle moderne unità di neonatologia, i neonati che pesano 1000 grammi e hanno 27 settimane di gestazione hanno approssimativamente la possibilità di sopravvivere nel 90% dei casi e la maggior parte di loro ha un normale sviluppo neurologico.
In sintesi nei primi settanta anni del 900 assistiamo ad una gigantesca rivoluzione scientifica e tecnologica della riproduzione umana, tale per cui i limiti del corpo conosciuti da noi “migranti” sono ridimensionati, spostati, o quasi aboliti. Realtà spaesante che a tratti è causa di vertigini per noi “migranti”. Non so come sia vissuta statisticamente dai nativi. Dalla mia personale esperienza clinica osservo una discreta naturalezza nel parlarne o nel comunicarmi la nascita di figli con fecondazione assistita come una delle possibili naturali vie per riprodursi.
Dall’indispensabilità dei corpi per la fecondazione e la gestazione alla riduzione di tale indispensabilità : non servono più i corpi per la fecondazione; è ancora indispensabile il corpo femminile, non necessariamente ancora fertile, per la gestazione, ma è necessario solo per 22-27 settimane; non è indispensabile che l’embrione che verrà artificialmente impiantato nell’utero sia il prodotto biologico del corpo cui quell’utero appartiene.
Dunque di che cosa parliamo? Mi vengono in mente due esempi: una donna che per gravi motivi di salute non fosse in grado di condurre una gestazione può fecondare in vitro il proprio ovulo con lo sperma del proprio marito ed il figlio biologico di quella coppia potrà essere impiantato nell’utero di un’altra donna che potrà così aiutare quella coppia a riprodursi. Un uomo omosessuale che desiderasse un proprio figlio biologico potrà chiedere un ovulo di una sconosciuta donatrice, fecondarlo in vitro ed impiantarlo nell’utero di una donna che gestirà la gravidanza.
Si può fare ed è legale in molti paesi del mondo. Perché questa pedante descrizione?
Per ricordare a me stessa com’era e confrontarla con il com’è. Perché al perseguire il principio di piacere fa argine solo il principio di realtà. Come definire il principio di piacere è semplice. E’ composto di sogni, desideri , benessere , gioia, felicità, godimento e illusioni. Esemplarmente sintetizzato da uno slogan degli anni settanta: “che cosa vogliamo: tutto. Quando: subito” E’ semplicemente assoluto.
Come definire il principio di realtà è questione assai più complessa. E’ composto di ciò che la natura consente, di ciò che la legge consente, di ciò che l’etica consente, di ciò che la scienza e la tecnica consentono, di ciò che la propria posizione socio-economica consente, di ciò che il trascorrere del tempo consente.
E’ drammaticamente relativo.
Il principio di realtà amplia o restringe i propri confini e con essi amplia o restringe i confini del principio di piacere . Poiché l’essere umano, sia inconsciamente sia consciamente, è dominato dal principio di piacere tutto quello che può fare per realizzare i propri desideri prova a farlo. Anche se non è senza conseguenze e prezzi da pagare. Oggi c’è chi si mobilita ed invoca un divieto universale, per tutto il pianeta, di ricorrere alla maternità surrogata.
Lo considero velleitario, irrealizzabile e sostanzialmente illiberale. Una sostanziale confusione tra morale e diritto.
In una democrazia liberale le leggi non devono regolare la morale, ma limitare e regolare la libertà individuale. Le leggi devono intervenire in quel crocevia, e solo in quello, in cui la libertà del singolo incrocia la libertà di un altro singolo o della collettività, la dove potrebbe limitare la libertà altrui o danneggiare altre persone. Inoltre le leggi devono cercare di rimuovere quanto più possibile gli ostacoli alla libertà e vigilare su abusi e sfruttamento.
Sappiamo bene quanto sia complesso addentrarsi nelle motivazioni delle azioni umane perfino per noi, che in un contesto attrezzato allo scopo, cerchiamo di trasformare qualche parziale motivazione inconscia in consapevolezza, figuriamoci per i legislatori del mondo . Chi, quando, come e perché potrebbe vietare ad un essere umano di realizzare il desiderio di riprodursi grazie ad una natura modificata e potenziata dalla scienza e dalla tecnica?
L’unica obiezione che trovo legittima riguarda il bambino, che non ha voce in capitolo. E che paga il prezzo che ogni progresso tecnico e scientifico comporta. Ma per quanto io possa trovare legittima l’obiezione, o ingiusto il prezzo da pagare e cioè che un corpo diverso da quello che lo ha cresciuto in pancia lo accolga e lo cresca fin dal primo istante fuori dalla pancia, non vedo come sarebbe possibile trasformare in legge tale obiezione.
D’altra parte nessuno ha mai avuto e avrà voce in capitolo sul proprio concepimento e sulla propria nascita. Noi sappiamo bene descrivere quali sarebbero le condizioni per un concepimento ideale, per una gravidanza ideale, per un parto ideale, per un allattamento ideale. Sappiamo bene come dovrebbe svolgere le sue funzioni un care giver ideale. Lo sappiamo sempre meglio e quel che sappiamo lo usiamo per prenderci cura di chi queste condizioni ideali non solo non le ha avute, che quelle ideali ovviamente non esistono, ma è nato senza essere stato desiderato, oppure è stato trascurato, incompreso, accolto gelidamente, odiato, deprivato e perfino maltrattato, abusato. Non possiamo impedire che accada. Non possiamo chiedere alla legge di impedire la riproduzione naturale a persone potenzialmente pericolose per il nascituro, perché allora pensare che la legge debba impedirlo a persone che necessitano di una fecondazione assistita o di una maternità surrogata?
Possiamo, e dobbiamo, invece sorvegliare il percorso dell’affido e dell’adozione. Tale percorso riguarda minori senza famiglia, abbandonati o ai cui genitori è stata tolta dalla legge la patria potestà perché crudeli e pericolosi per i minori stessi. Sono bambini drammaticamente feriti nell’anima, gravemente traumatizzati per i quali è un diritto che lo Stato, attraverso i propri addetti, controlli bene a chi li affida. In questo campo invocherei davvero una legislazione universale valida per tutto il pianeta, per proteggere i bambini, ovunque ad essi sia capitato di nascere, da soprusi e mercificazione.
Leggo in continuazione l’invito alle persone che desiderano un proprio figlio biologico che non riescono a mettere al mondo senza l’ausilio delle tecniche riproduttive, di rivolgersi piuttosto all’adozione, anziché accanirsi per procreare. Penso ogni volta che una tale affermazione sia fatta senza pensare o senza alcuna cognizione della questione, perché questa è un’altra storia. Il desiderio di un figlio biologico appartiene ad una sfera assai diversa dalla disponibilità a prendersi cura di un bambino solo al mondo. Per tante ragioni che qui, ora, non approfondisco.
La domanda infine è una sola : se la tecnica che consente di riprodursi anche in condizioni in cui la sola via naturale è impedita sia un male o un bene, o se essa sia un atto che rimuove limiti. Lo Stato italiano al momento è intervenuto sulla base di un giudizio morale, chè non sono date ancora, dopo quasi quaranta anni, evidenze scientifiche che dichiarino dannose “ a priori” le tecniche di fecondazione assistita
Noi viviamo in un paese che ha limitato e vietato molte possibilità che le tecniche offrono ed ha vietato la maternità surrogata. Con il risultato che chi può aggira le leggi nostrane andando all’estero. Chi non può sopporta una sofferenza dovuta alla propria sterilità fisiologica o a malattie che impediscono la gravidanza senza potervi porre rimedio, benchè ce ne siano le possibilità. Per quanto io mi senta spaesata penso che la sovrapposizione della morale e del diritto provochi sempre e ovunque un sopruso.
MARIA CHIARA RISOLDI è psicoanalista, Associato ed esperta in Bambini e Adolescenti della Società Psicoanalitica Italiana