Dossier
La violenza etnica e la guerra
5/03/13
Si tratta di una violenza che vuole imporre l’assoggettamento forzato dell’“altro” ritenuto diverso, pericoloso, interiore – altro che diviene l’oggetto su cui si proiettano le proprie parti oscure e minacciose – “altro” da umiliare psicologicamente, fisicamente e anche sessualmente, e le donne del “nemico” risultano sempre le vittime più indifese e accessibili su cui scatenare il proprio odio.
Da lontano, i suoi lavori appaiono un raffinato esercizio di ombre cinesi, figurine che si stagliano con grazia settecentesca o stilizzati segni grafici. Leggendo i dettagli, la fragile eleganza dei ritagli di carta su carta disegna crudeli scenari di un catalogo di orrori innominabili: corpi smembrati, appesi, stuprati.
Performance organizzata sotto i portici del mercato del pesce a Rialto: trenta donne di colore, il corpo reso più scuro da una tinta nera, ammucchiate su una grande tela bianca stesa per terra. Il silenzio è rotto solo dal getto di secchiate di colore rosso rovesciate sulla loro inerme immobilità dall’artista, come a dipingere su quella tela, su quei corpi, il fiume di sangue di un massacro senza fine.