Dossier
La violenza domestica
5/03/13
La casa come luogo di oppressione, che rimanda tradizionalmente all’ordine patriarcale che assegna alla donna il ruolo di madre e moglie, dispensatrice di calore e nutrimento per il marito e i figli, in posizione di subordinazione al maschio.
Louise Bourgeois
Femme Maison 1945-47
Nel corso degli anni l’artista ha prodotto una serie di lavori sullo stesso tema, immagini che trasmettono la sensazione di un intrappolamento, dove una casa sostituisce la testa di una donna, soffocandone e cancellandone il volto, l’identità. Rimane il corpo nudo, senza riparo né protezione, vulnerabile nella sua inerme esposizione, corpo che nella scultura in marmo sembra esso stesso un corpo-casa che chiunque può penetrare, privo persino di braccia per difendersi.
Mona Hatoum
Home 1999
All’interno di uno spazio recintato con sottilissimi fili d’acciaio, su un freddo tavolo industriale sono disposti immacolati ed efficienti strumenti metallici: riconosciamo insignificanti oggetti domestici – una grattugia, uno scolapasta, un imbuto – che però si colorano di un’estraneità inquietante e minacciosa, animati come sono da luci intermittenti e ronzii elettrici, come se una tensione li attraversasse e minacciasse un’improvvisa esplosione.
Mona Hatoum
Doormat II 2000-2001
Un comune e innocente zerbino, che abitualmente siamo soliti calpestare senza farci caso, ci accoglie e ci dà il benvenuto con puntuti spilli d’acciaio, suggerendo un sovvertimento della sua tradizionale funzione di benvenuto, un intento di aggressiva insubordinazione
LouiseBourgeois
Cell (Choisy) 1990-93
La metafora della casa non come calda domesticità degli affetti ma come luogo di minaccia mortale è drammaticamente presente di questo lavoro della serie “Celle”. Si tratta di un modellino in marmo della casa di famiglia dell’artista a Choisy, recintato e imprigionato in una rete metallica, e sovrastato da una incombente e affilata ghigliottina che mutila, castra, chi proverà a evadere.
Louise Bourgeois
The destruction of the father 1947
Questa istallazione parla degli orrendi crimini che si consumano intorno al desco familiare, e dà forma ad una fantasia cannibalica che aveva accompagnato la drammatica infanzia della Bourgeois, fantasia rabbiosa, distruttiva e vendicativa contro la violenza paterna.
L’atmosfera è oscura e oppressiva. Una luce rossastra illumina un ambiente (l’interno di una stanza?, di una bocca?) con al centro una specie di piattaforma su cui sono sparse forme tondeggianti e membra di animali in lattice; tutt’intorno, e pendenti dall’alto, grossi globi irregolari. Afferma la Bourgeois: “Questo è sostanzialmente un tavolo, il terribile, terrificante tavolo da pranzo familiare, dove il padre troneggia trionfante. E gli altri, la moglie, i figli, cosa possono fare? Stanno lì, seduti in silenzio. La madre ovviamente cerca di soddisfare il tiranno, il marito. I figli non ne possono più. Eravamo tre bambini: mio fratello, mia sorella ed io …Mio padre perdeva la calma quando ci vedeva, ed era solito blaterare che grande uomo egli fosse. Così, esasperati, lo afferravamo, lo gettavamo sul tavolo, gli strappavamo le membra, e cominciavamo a divorarlo”.