Dossier
…E così non ho mai saputo
7/03/13
A cura di Guido Saltamerenda
Questo fugace sguardo sulla condizione femminile, attinente al tema della violenza subita nelle sue varie forme, morale, fisica e culturale, cercherà di usufruire della capacità esplicativa, evocativa, immaginifica e sintetica della poesia improvvisando un percorso immerso tra i differenti versi, tutti composti da donne. Credo che la poesia abbia in sé la possibilità di spiegare intuitivamente, “illustrare”, facendo percepire molto. Nelle sue componenti enigmatiche, ci sbilancia a esercitare nuove esplorazioni di significato. L’ idea è quella di poter costruire un percorso abbastanza snello, formato da un collage di poesie o di loro frammenti. Un viaggio accompagnato da miei brevi interventi che cercano di aiutare a coglierne il senso.
Quasi sempre la violenza nei confronti delle donne nasce dentro le mura domestiche, commessa dai familiari, dal partner o da un ex compagno. Riaffiora quindi il padre, talvolta in luoghi di un orrore rivisitato, denuncia ed esternazione sofferta, un coro e lamento femminile nel ritrovare comunque dignità nel raccontarsi, invischiamento quanto ribellione. Sembra un rinnovato risucchio verso il richiamo nell’incantesimo del dominio, il tentativo di proteggersi dalla sua illusione di reciprocità, nella fascinazione e confusione preda predatore, incubo fagocitante ma quasi unico mezzo di contatto e controllo di un padre, e dio, alquanto luciferino: Sylvia Plath.
Ancora padre e fumi/fiumi d’incesto, morte reciproca, infanticidio come vendetta trans generazionale: è la poesia di B., una donna in analisi.
Un’intrinseca aggressività nelle relazioni affettive, il trattare male, nelle varie declinazioni del trascurare, svilire, relegare, tradire e abbandonare, riporta a forti squilibri di potere all’interno della coppia, in un clima di ottusità emotivo percettiva reciproca sulla violenza spesso presente, con conseguente quasi inconsapevole accettazione e rassegnazione, ognuno racchiuso nel proprio film.
L’aspetto grottesco e quasi caricaturale del maschio colora di ironia questa documentata protesta: Giovanna Zunica. La profondità descrittiva nel cogliere e rendere attivo un telaio fatto di cicatrici continuamente riaperte, le intime lacerazioni psicologiche in donne lasciate sole, sia durante i loro amori, svuotati di attenzione e considerazione, sia perché improvvisamente abbandonate senza scrupoli: Fatima Na’ut, Hoda Hablan e Marina I. Cvetaeva. Il dolore tracimante forse può liberare gradualmente il coraggio per tirarsi fuori: Maria Gisella Catuogno. Altri amori deprivanti, delusioni ritrovate e risignificate: Wislawa Szymborska. Il riflesso che ricorda donne incise e stracciate coglie e mostra il disprezzo subito nella violenza fisica e sessuale, un quasi annientamento inferto dal maschio nel suo rachitismo esistenziale, una primitiva lacuna nell’essere in due: Narda Fattori. Lo stupro, documentato in termini crudi: Alessandra Carnaroli.
Si ringraziano per la collaborazione nella scelta e ricerca del materiale bibliografico Clelia Martignoni, Prof.sa Letteratura Italiana presso Università di Pavia, e la sua collaboratrice Dott.sa Emmanuela Carbè.
…E così non ho mai saputo
dove piantasti il piede, la radice,
e di parlarti non mi è mai riuscito.
La lingua mi si attaccava al palato,
presa in trappola dal filo spinato.
—- —- —-
..Tutte le donne amano il fascista,
lo stivale in faccia, il brutale
cuore brutale di un bruto par tuo.
Nella foto che ho di te, papà,
…sei sempre l’uomo nero che
azzannò e squarciò in due il mio cuore rosso.
—- —- —-
C’è un palo nel tuo cuoraccio nero
e a quelli del paese non sei mai piaciuto.
Adesso ballano e ti pestano coi piedi.
Che eri tu l’hanno sempre saputo.
Papà, papà, bastardo, è finita.
Sylvia Plath
Non dirmi il tuo piacere muto vecchio
e continua a nasconderti per il mio sogno divino senza notte,
come un’ombra devota ed umida
mi consegno al tuo sterminio.
Sfondami aprimi salimi
vangami fino in fondo,
voglio succhiarti dentro di me
nella tana trappola felice.
I miei petali roventi mi frantumano
e godo scomunicata in ogni angolo.
Santa e prostituta
sorgente e fogna
uccido i tuoi figli proibiti
per ucciderti.
B. (donna in analisi)
T’ha mai sfiorato il pensiero
che sono un animale
della tua stessa specie?
Non un’ostrica,
semmai la perla nera
sputata dal mollusco
in mezzo a questo mare.
Scoria da eliminare.
…. …. ….
Non sono un miraggio,
che hai visto all’orizzonte
del tuo deserto arso,
di sabbia tutta uguale.
Non sono un cervello
dall’anatomia particolare.
Circonvoluta come tutti,
anch’io a volte mi ci perdo.
Dov’eravamo rimasti?
La tua disattenzione
mi ha distratta.
—- —- —-
Un rinoceronte
mi ha caricata,
e io gli ho detto:
‘Grazie del passaggio’.
Mi ha fatto l’occhiolino.
Giovanna Zunica
La tua assenza
giunge sempre a testa bassa…
… …
Forse ho esagerato un po’
la tua assenza non viene
è qui.
Fatima Na’ut
Quando se ne è andato
di lui mi è rimasto
solo me stessa.
Hoda Ablan
…Amante che forse non c’è nemmeno,
(si consuma un sospiro – e non c’è più!)
estraneo uomo;
caro uomo,
giaciglio-uomo,
per sempre uomo!
—- —- —-
Tosse delle nere lavanderie,
d’una pidocchiosa gelosia prurito,
grido che è tinto col sangue,
là dove amano e picchiano…
—- —- —-
L’amore è carne e sangue.
Fiore innaffiato del proprio sangue.
Voi credete che l’amore sia
discorrere davanti ad un tavolino?
…
Piangere non bisogna.
…Bevono non piangono.
Con sangue ardente
pagano – non piangono.
Le perle nel bicchiere
fondono – e il mondo
guidano – non piangono.
… …
Nelle compagnie erranti
muoiono, ma non piangono,
bruciano, ma non piangono.
Marina I. Cvetaeva
…E questo corpo su cui cantasti
un giorno, forse, una canzone d’amore
è diventato una sfida e una prigione.
E’ sbocciato l’odio nel mio cuore
e lo coltivo come fosse un fiore.
E mi ripeto che questa non è vita
è un cadavere senza sepoltura
un incubo perverso e allucinante
l’inferno, senza averne colpa.
Maria Gisella Catuogno
Dicono che il primo amore sia il più importante.
Ciò è molto romantico
ma non è il mio caso.
…. …. ….
Il nostro unico incontro dopo anni:
la conversazione di due sedie
intorno a un freddo tavolino.
Altri amori
ancora respirano profondamente in me.
A questo manca il fiato anche per sospirare.
Eppure proprio così com’è,
è capace di ciò di cui quelli
non sono ancora capaci:
non ricordato,
neppure sognato,
mi familiarizza con la morte.
Wislawa Szymborska
…..perdonami la colpa sottile
il tuo livido mi fiorisce la pancia
fuori tempo l’arcobaleno dolente
non farlo non tornare non ho
nulla che possa piacerti
il tuo posto è là dove manca
la mia ombra dove non hai mani…
Narda Fattori
turistafrancese
hai bevuto moltissimo e quindi ti posso scopare
ti metto contro il muro tanto anche io ho bevuto
e te lo metto dentro molto forte perché tanto non senti niente
l’alcol si usa anche per il mal di denti
per disinfettare gli orecchini prima di metterli
per accendere il fuoco alla svelta
viene il sangue vuol dire che ho rotto qualcosa
tipo la pelle la pancia
forse ho bucato un polmone
allora ti sgonfi
gli occhi ti vanno all’indietro le tette anche
e non sei più bella come prima e sporchi
quindi è meglio se ti lascio qui
e ti ritrovano domani mattina
quando il sangue ha finito
di farti i capelli come il legno
ti fanno una croce
che non ti stanno neanche bene
eri meglio prima
Alessandra Carnaroli
Bibliografia
Ablan, H. (2007) in Non ho peccato abbastanza Mondadori Milano
Carnaroli, A. (2011) da Femminimondo Polìmata Roma
Catuogno, M. G. da Un sussulto
Cvetaeva, M. (1988) Dopo la Russia e altri versi Mondadori Milano
Fattori, N, da Femminicidio
Na’ut, F. (2007) in Non ho peccato abbastanza Mondadori Milano
Plath, S. (2013) da Papà in Tutte le poesie.. Mondadori Milano
Szymborska, W. (2009) da Il primo amore in La gioia di scrivere Adelphi Milano
Zunica, G. (2008) da Scorie ed Animalia in Stati fluidi
8 marzo 2013