Dossier
Dalla guerra dei mondi all’immaginazione creativa: un mondo diverso è possibile?
21/01/14
Giuseppe Ballauri
Queste mie considerazioni sono nate per cercare di dare una risposta “pensata” alle intense emozioni che ho provato per eventi come la guerra in Bosnia, il G8 di Genova, l’attacco alle Twin Towers e la strage dei bambini di Beslam. L’occasione di approfondirle mi è stata offerta dal Centro Psicoanalitico di Roma che mi chiese di presentare un film sul tema: “La violenza tra cinema e psicoanalisi”; tale richiesta derivava dal fatto che i colleghi erano venuti a conoscenza di una mia relazione tenuta al Centro di Genova alcuni mesi prima con la visione del film: “Il Signore delle mosche”, del regista Peter Brook.
Proposi due incontri: nel primo programmai la visione dell’opera di Brook , nel secondo proposi una serie di sequenze di film di fantascienza.
Questa seconda proposta nasceva dalla mia convinzione che attraverso l‘aiuto dell’immaginario cinematografico, si possano bonificare, almeno in parte, le angosce depressive che possono assalire tutti noi in concomitanza con eventi traumatici quali le guerre . A tale proposito, avevo vissuto un’esperienza molto importante recandomi ad assistere ad una conferenza tenuta a Genova sull’argomento: “Cinema e Depressione” circa due mesi dopo i fatti di New York; in quell’occasione ebbi modo di confrontarmi con un regista del Teatro Stabile di Genova. Durante il dibattito, avevo osservato che un programma notturno della RAI all’interno del quale il curatore (Ghezzi) aveva predisposto la visione di alcuni film di fantascienza degli anni ‘50, come motivo di riflessione sull’attacco a New York, era stato più volte rimandato per dare spazio all’informazione. La fiction cinematografica era stata sacrificata per le notizie in diretta, da cui eravamo stati letteralmente bombardati. Il regista, a questo proposito, mi rispose che, durante l’inizio della prima guerra del Golfo, si trovava in un paese del nord Europa; di sera nella sua camera d’albergo, mentre guardava la televisione, era stato colpito e impressionato dagli avvenimenti. Si sentiva preoccupato e ansioso, stava saltando da un canale all’altro, quando si accorse che le scene di guerra, che stavano trasmettendo, appartenevano al film Apocalisse Now. Decise di rivederlo e si accorse che, in quel modo, si sentiva sostenuto ad affrontare emotivamente ciò che stava succedendo nella realtà.
Per approfondire e chiarire maggiormente quanto enunciato, vi presenterò in sequenza stralci del mio lavoro in tre contesti diversi.
I°)-l’incontro tenuto a Roma con il titolo: La violenza tra psicoanalisi e cinema di fantascienza;
II°)-la relazione tenuta sempre al Centro Psicoanalitico di Roma sul film : Il Signore delle mosche, con alcuni stralci del dibattito effettuato dopo la proiezione dello stesso film durante una mia lezione tenuta all’Università di Genova presso la Clinica Psichiatrica nel 1992 ;
III°)-alcune note sulla relazione con un mio paziente che, durante l’analisi, partecipò al G8 di Genova .
La violenza tra psicoanalisi e cinema di fantascienza
Pensai di introdurre le sequenze tratte dai film con il radiodramma del 1938 di O. Welles, costruito sul libro di H.G.Wells: “La Guerra dei Mondi” e di iniziare quindi con il film “La guerra dei mondi” (regia B. Haskin, effetti speciali di Pal del 1953), in quanto ero stato colpito dal titolo del bellissimo e fedele documentario di alcuni registi romani sugli avvenimenti drammatici del G8 di Genova intitolato : “Un mondo diverso è possibile” che rappresentava l’alternativa possibile alla guerriglia insorta a Genova, in cui il rispetto dell’altro si era dissolto nelle nuvole di zolfo dei candelotti fumogeni e il mondo dei manifestanti e quello della polizia non ebbero nessuna possibilità d’incontrarsi e comprendersi sviluppando una violenza inaudita. Gli altri stralci li scelsi fra quelli proposti da Ghezzi ma mai proiettati per dare spazio, come dicevo poc’anzi, alla cronaca di guerra – La cosa da un altro mondo (Regia di C. Nyby ,prodotto da Hawks 1951); Il risveglio del dinosauro (Regia di E. Lourie,1953); Assalto alla terra (Regia di G. Douglas,1954); Ultimatum alla terra (Regia di R. Wise,1951) ; L’invasione degli ultra corpi (Regia di Don Siegel,1956); Blade Runner( Regia di R. Scott, 1982).
Orson Welles cercò, attraverso la trasmissione radiofonica sulla Guerra dei Mondi, di inviare un messaggio forte alla popolazione americana per metterla sull’avviso che, con l’avvento del nazismo e del fascismo, si stava avvicinando a passi spediti la possibilità che scoppiasse un confitto mondiale le cui conseguenze sarebbero state imprevedibili e senz’altro drammatiche. Nel mondo si assisteva alle adunate naziste e fasciste. Franco aveva vinto la guerra civile in Spagna. La trasmissione, come voi certo sapete, suscitò un grande scalpore, con reazioni emotive a volte eccessive, perfino di panico. Qualcuno pensò che i marziani avessero invaso gli Stati Uniti. Tuttavia Welles riuscì a scuotere l’opinione pubblica, inducendola a pensare che nel mondo, cosiddetto civile, dall’altra parte dell’Atlantico, si stavano costruendo le fondamenta di un futuro di violenza e di guerra indiscriminata dopo che la convivenza dei popoli europei era stata minata dalla prima guerra mondiale ed aveva dato origine a regimi totalitari.
La Guerra dei Mondi di Haskin e Pal è un film del 1953, alcuni produttori avevano già pensato, dopo la trasmissione radiofonica, di commissionare un film a Welles, ma poi gli alti costi di Quarto Potere e l’eccessiva e dispendiosa autonomia di Welles fecero sì che l’idea di un film da lui diretto naufragasse. La produzione di Haskin, al contrario della trasmissione radiofonica di Welles, sembra aprire la strada a quei film di SF, come “La cosa da un altro mondo” che proporranno tematiche da Guerra Fredda, in un periodo in cui il maccartismo mieteva più di una vittima, nell’ambito dell’intellighenzia e della cultura americana soprattutto cinematografica: il male, i nemici, i terroristi, attentano dall’esterno al nostro benessere, alla nostra democrazia, ai nostri valori. Una visione paranoide in cui il mostro è proiettato all’esterno (sono evidenti in questo senso per noi psicoanalisti i riferimenti alla teoria dei gruppi di Bion, alla teoria di Fornari sulla guerra e la situazione atomica che avremo occasione di sviluppare nell’analisi del film il “Signore delle mosche”).
Nell’ultimo film di Spielberg, con lo stesso titolo di quello di Haskin e Pal che riprende il tema della Guerra dei Mondi con chiari riferimenti all’11 settembre, vediamo che gli alieni trovano già il terreno preparato per la loro invasione all’interno e nelle profondità del sottosuolo del New Jersey. Ma già e, secondo me, con maggiore incisività tematica, troviamo nei film: “Il Risveglio del Dinosauro” e “Assalto alla Terra”, in cui gli effetti speciali non sono paragonabili a quelli abbaglianti e splendenti utilizzati da Spielberg, il motivo del mostro interno e non solo. E’ rappresentato e presente anche il tema della caccia alle “streghe” o meglio agli “alieni”. Secondo la trama di questi film, i mostri provengono dalle profondità dei ghiacci dell’Antartide o dal deserto della California nel momento in cui l’uomo si avventura nell’esplorazione scientifica al di là del conosciuto e riesce ad arrivare al raggiungimento di mete tecnologiche impensabili, come sono impensabili i loro effetti sull’umanità : per esempio la fissione dell’ atomo che consente la produzione della bomba atomica. Ecco allora che il mostro affiora, non dagli spazi esterni, ma dalla profondità dei ghiacciai perenni e del deserto.
Negli ultimi tre film citati possiamo vedere proprio il tentativo di rispondere all’incontro/scontro tra mondi e all’emergere della violenza che ne deriva.
In “Ultimatum alla Terra”, Klatu alla fine chiarisce lo scopo della sua visita alla Terra: aderire a una federazione intergalattica per impedire la guerra e la violenza tra mondi attraverso una polizia costituita da robot. Una convivenza non certo perfetta, ma che funziona. A questo proposito, sono del tutto pertinenti le osservazioni di Freud nel suo articolo del 1915, le “Considerazioni attuali sulla guerra e la morte”, e nel carteggio con Einstein sul perché della guerra.
Il messaggio del film però non si esaurisce con il “lavoro” della Federazione Intergalattica, forse discutibile, ma che funziona contro la Guerra tra mondi, ma si esprime altresì con le parole incomprensibili: “Klatu Barata Nicto” come afferma Vivian Sobchack in un suo saggio sulla fantascienza: “Questa frase, attraverso la sua struttura ritmica e grammaticale interna, non crea soltanto una musica, ma anche una risonanza straordinariamente fantasiosa .
Il significato della frase nel suo contesto cinematografico è insieme accessibile e difficile da afferrare; le parole raggiungono un equilibrio delicatissimo tra senso e non senso, tra comunicazione logica e litania magica. Le parole stesse sono meravigliose perché ci fanno riflettere all’infinito e le parole per un po’ evitano la distruzione, impediscono al robot ritorsioni per la morte di Klatu”.
Forse è il cinema che ci fa riflettere o pensare, diremmo noi psicoanalisti, nel senso di Bion, attraverso l’immaginazione, la reverie, oppure è proprio il pensiero immaginativo che ci aiuta ad evitare la distruttività .
“L’invasione degli ultra corpi” di Don Siegel considerato da tutti i critici il più bel film di fantascienza degli anni 50’, è stato però spesso e volentieri accusato di essere il più intransigente per quanto concerne il suo messaggio maccartista e anticomunista.
Il regista Siegel ha sempre escluso la presenza di tematiche puramente anticomuniste nel racconto, considerando in realtà il film una riflessione più ampia sugli errori del conformismo.
Il film è quindi una metafora della paura di diventare come gli altri, dell’angoscia del futuro e di una società che annichilisce l’individuo e rende tutti eguali.
L’uomo che spaurito si trova dinanzi ai mostruosi mutamenti della società, ancora più mostruosi perché impercettibili, cerca di lottare ma si arrende ad un mondo che ha scelto di evitare la distruttività come l’amore e quindi di annichilire la vitalità creativa verso relazioni prive di sentimenti e avvolte in una drammatica chiusura narcisistica dove le emozioni e gli affetti si trasformano in simulacri contraffatti, inseriti in una sorta di stato autistico e divenuti ormai oggetti autistici.
Meltzer (“Amore e timore della bellezza”,1988, Roma) elaborando il pensiero di Bion, ha teorizzato la possibilità che la nostra evoluzione mentale dipenda dalla risoluzione di ciò che lui definisce: “Il conflitto estetico”. Egli ha osservato nei suoi studi sui bambini autistici come il bambino piccolo venga veramente travolto da sentimenti appassionati per la bellezza materna e che ciò determina un dolore insopportabile e genera un conflitto dovuto alla bellezza dell’oggetto e alla sua bontà e pone il problema della tolleranza di questa bellezza. La bellezza del mondo e la sua condensazione nella figura della madre, del suo seno e del suo viso, avvolge il neonato, ma porta al suo seguito la più acuta sofferenza di incertezza sulla sua persistenza. Questa incertezza implica una tolleranza depressiva di fronte all’impatto dell’oggetto estetico, per cui al bambino si presentano due vie:
-o ridurre la sua reazione appassionata non guardando il seno e non vedendo la bellezza di questo oggetto che suscita la sua passione o, nel caso più drammatico, fantasticare di attaccarlo e distruggerlo.
-oppure come seconda scelta, cercare di risolvere il dilemma attraverso la conoscenza di questo oggetto.
Nel film Blade Runner l’unico della serie non appartenente agli anni ‘50 ma certamente uno dei migliori film in assoluto di fantascienza e non solo, notiamo subito che Deckart, il protagonista, sta vivendo un momento difficile della sua vita: la moglie che lo chiamava “pesce freddo”, forse si è separata da lui. La vita di ex poliziotto, cacciatore di replicanti, non sembra esaltarlo, anzi la sua condizione sembra quello di un uomo solo, triste e senza prospettiva.
Gli fa eco l’ambiente di una Los Angeles del 2019, grigio, piovoso, degradato e soffocante.
La città appare come un labirinto disegnato da Piranesi, in cui titani, giganti, fantasmi e mostri, mascherano impotenza e sterilità.
In questa realtà lo stato di malinconia di Deckart possiede in sé le premesse di un’evoluzione verso una possibilità d’ introspezione che lo trasformi in una nuova condizione umana. Ma perché ciò possa verificarsi, occorre l’impatto di un evento tremendo per il protagonista del film. Tale evento si annuncia con la discesa dall’off-world degli angeli – androidi :
“Avamposto gli angeli caddero, profondo tuono riempì le loro rive, bruciando con i rovi dell’orco.”
L’umanità, all’apice della sua potenza tecnologica, ha costruito androidi simili all’uomo, ma appare regredita e bloccata sul piano degli affetti, dell’immaginazione e dello slancio vitale. Paradossalmente saranno proprio loro, i replicanti-angeli caduti dal cielo, rappresentati magnificamente dai personaggi di Roy e Rachel, con la loro carica di violenza e di pathos, a sconvolgere l’uomo (Deckart) e a rivitalizzare i suoi sentimenti e passioni, con la rinascita dei quali egli inizia a dubitare, ad amare e a pensare.
I replicanti non hanno ricordi, come gli angeli e gli animali essi vivono in un eterno presente e per questo invidiano l’uomo e la sua possibilità di vivere in un mondo intermedio situato tra il sensibile e l’intelligibile, attraverso l’evocazione dei ricordi passati, pregnanti di affetti, e la loro trasformazione in immaginazione creativa per accedere al pensiero ed affrontare i quesiti che il tempo presente impone.
L’uomo a sua volta necessita dell’ “angelo”, per compiere l’impresa di intraprendere un nuovo cammino verso la conoscenza che richiede uno straordinario mutamento nelle sue convinzioni e nei suoi preconcetti, una sorta di mutamento catastrofico secondo Bion.
Un evento, cioè, determinato dall’emergere di un’idea nuova e dall’azione che essa può scatenare nella mente di un individuo, nel gruppo, in una seduta psicoanalitica o nella società. Per Bion un’idea nuova ha in sé un grande potenziale distruttivo, che sconvolge in modo minore o maggiore la struttura del campo in cui si manifesta. Una struttura si trasforma in un’altra attraverso momenti di disorganizzazione, dolore e frustrazione: la crescita o meno sarà in funzione di queste vicissitudini.
L’incontro tra Deckart e Rachel avviene, infatti, in un contesto terribilmente violento e distruttivo. Rachel, il cui nome rappresenta la sapienza divina, nel senso di conoscenza trascendentale, può personificare altresì il funzionamento mentale della reverie che si fa strada nel pensiero di Deckart che può iniziare a provare sempre di più sentimenti d’amore e di compassione.
Come abbiamo visto è l’incontro con l’unheimlich, con il “mostro”, che ci permette di pensarlo nella misura in cui non neghiamo la sua presenza e quindi di riuscire, attraverso lo sforzo della nostra immaginazione, a raggiungere un cambiamento di prospettiva nei confronti delle angosce che insorgono di fronte alla nostra violenza interiore.
Ciò che purtroppo non è avvenuto durante il G8 di Genova, dove i manifestanti pacifisti si sono trovati schiacciati tra l’estremismo repressivo della polizia e quello della violenza gratuita dei Black Block non essendoci stata possibilità di dialogo tra i presenti in Piazza. Dal vertice psicoanalitico diremmo che non c’è stata un’ integrazione delle parti scisse: polizia e Black Block. Di questo hanno fatto le spese la maggior parte dei manifestanti aggrediti e malmenati brutalmente dalla polizia e alcuni quartieri di Genova che hanno subito devastazioni da parte dei Black Block, senza che la Polizia riuscisse a contenerli ed impedire loro le azioni distruttive.