Dossier
Sora nostra Madre Terra, la quale ne sustenta et governa
9/12/15
DOMENICO CHIANESE
psicoanalista con funzioni di training della Società psicoanalitica italiana, di cui è stato Presidente dal 2001 al 2005. E’ autore fra l’altro di “Come le pietre e gli alberi” ed Alpes-Roma
Noi umani siamo parte della Natura, in relazione con gli altri componenti della Natura. Siamo immersi in un universo di cose prodotte dagli uomini e da cose della Natura : monti, acque, pietre, valli, nubi, luce, sole, e così ad infinitum. Appare pertanto strano che in psicoanalisi si sia fatto scarso riferimento all’ambiente non umano come se esso fosse irrilevante per lo sviluppo psichico, come se la vita umana si svolgesse in una sorta di vuoto su uno sfondo privo di forma, colore, sostanza. Eppure tutto ciò è contraddetto dalla nostra esperienza e da quella dei pazienti. Se ripensiamo al nostro passato, sentiamo che il senso della vita ci era dato non solo dal legame con la nostra famiglia ma anche dai luoghi, dal villaggio, dal mare, dai monti che ci hanno visto nascere e crescere. Penso ai racconti di cose, odori, monti, mari, ricordati dai pazienti : quei luoghi e quelle cose ci hanno fatto sentire con i sensi il senso della vita e sono state la fonte di intense emozioni estetiche.
La nostra relazione con la Natura e la Terra non si esaurisce solo nelle percezioni delle cose e del mondo a noi esterne, noi siamo intrinsecamente legati e” fatti “di Natura. I tanti componenti dell’universo sono prodotti da medesimi processi fisici, chimici e biologici; le cose tutte, compreso il nostro DNA, sono configurazioni diverse dell’energia e persistono unicamente in virtù di un processo incessante e dinamico di energia assorbita , ceduta e in trasformazione. In Al di là del principio di piacere, Freud ci mostra come ogni organismo, compreso l’uomo, sia una struttura in lento e continuo mutamento, una struttura organica che lotta contro l’inorganico e che, quando non è più in grado di sostenere le transazioni vitali tra vita e morte, muore e ritorna all’inorganico.
Vi è una intrinseca co-appartenenza tra gli uomini e gli eventi naturali , secondo Michael Serres ; egli colloca la sua ricerca nel solco delle prospettive aperte dalle nuove epistemologie del vivente e della morfogenesi tracciate da Renè Thom. L’antropologo Philippe Descolà ci ricorda che gli uomini non sono soli sulla scena dell’umanità e che le altre creature viventi (animali,piante,minerali), hanno dei tratti in comune con noi “che non sono meramente biologici, ma addirittura culturali”. Il fotografo Sebastiao Salgado , di cui tutti conoscono il volume Genesi , nel quale sono riunite foto della natura e degli uomini raccolte in tutto il pianeta, afferma con dolore che abbiamo perso il contatto con l’essenza della vita sulla terra.”La concezione moderna secondo cui l’uomo e la natura sono in qualche modo due entità separate è semplicemente assurda”.
Questi sono solo rapidi cenni circa la posizione che uomini di cultura di diverse discipline e provenienza hanno verso l’ambiente non umano. Appare pertanto singolare che in psicoanalisi si faccia scarso riferimento all’ambiente non umano, come se fosse irrilevante per l’uomo, come se l’uomo fosse solo nell’universo, perseguendo un suo destino individuale e collettivo in una omogenea grigia cornice di non essere. Tra i pochi che hanno centrato l’attenzione sul vivente e l’ambiente non umano è Harold Searles che pubblicò il suo bellissimo libro dal titolo L’ambiente non umano, nel lontano 1960, un libro scritto in un periodo nel quale incombeva la minaccia atomica e l’intera natura del pianeta, compreso l’uomo, era minacciata. Da allora il rapporto tra l’uomo e la natura non è certo migliorato, tutt’altro, dal momento che assistiamo ad una dissipazione della natura che va di pari passo con la dissipazione dell’uomo.
Partendo da tali premesse , ho pubblicato recentemente un libro dal titolo Come le pietre e gli alberi, dove affronto questi temi , libro da cui traggo le cose che sto scrivendo per questo articolo , libro a cui rimando. Edgar Morin scrive acutamente che , ci piaccia o non ci piaccia, il nostro tempo richiede di pensare l’umanità come una entità planetaria e biosferica nella quale tutto ciò che è umano concerne essenzialmente il cosmo.Stiamo consumando più beni rinnovabili di quanti il pianeta ci mette a disposizione , senza sapere se, come e quando ripianare il debito. Se tutti vivessimo come uno statunitense avremmo bisogno di cinque Terre, di 2,7 , vivendo come un italiano,ma ne basterebbero 0,4 rispetto ai consumi medi di un indiano. Secondo Morin ci sarebbe ancora tempo per operare un decisivo cambio di rotta se non ci si abbandona a quella sorta di meccanismo di denegazione di massa dai tratti decisamente prossimi alla patologia. Anche Searles parla di denegazione e apatia verso questi temi, apatia che coinvolge gli stessi psicoanalisti, da qui la mancanza di letteratura psicoanalitica in merito a questi problemi.
Se si leggono le storie cliniche, sempre più rare nella letteratura psicoanalitica , non si sa mai dove la vicenda umana narrata si svolge , anche se non è indifferente nascere a Boston o a Palermo, vivere tra i monti o vicino al mare ; sarebbe un sollievo , scrive Bion, se gli articoli psicoanalitici potessero ricordarci in qualche modo gli esseri umani reali , così da non essere tanto penosi da leggere. E gli esseri umani reali , vivono , camminano, abitano città, nuotano nel mare e spesso anche senza saperlo consciamente, traggono nutrimento psichico nel vivere, camminare, nuotare, perché la vita è fatta per vivere e non solo per pensare e lavorare. Abbiamo bisogno del contatto con le cose e col mondo, abbiamo bisogno di esperienza vissuta. Se restassimo chiusi in casa per giorni, mesi o anni, la nostra mente perderebbe l’alimento che serve per il pensiero. L’oggetto , l’urto dell’oggetto reale, mobilita la nostra anima,senza un oggetto esterno , la mente si assopisce e culla i propri fantasmi. Tutto ciò può essere di monito all’analista troppo chiuso nella stanza d’analisi, il suo rischio è di isolarsi e di non attingere a sufficienza a quella fonte esterna che è nutrimento dell’anima. Vita psichica ed esperienza vissuta nel reale sono ovviamente inseparabili ma il pensiero che si forma da incontri col reale , nei confronti di quello che si forma principalmente nella mente, porta il marchio della vita e ci restituisce il “sapore del mondo”. Conoscenza del mondo significa letteralmente co-naissance , nascere insieme: non si è nel mondo, ma si diviene con il mondo.
A ben vedere, una negazione a livello conscio e di conseguenza un’ignoranza della significatività per il benessere psichico dell’ambiente non umano, comporta una dipendenza inconscia tale che il soggetto non osa riconoscerla. Egli sente inconsciamente che non si tratta solo di cose esterne al Sé , ma di una parte integrante del proprio Sé. L’”ignoranza” della natura ci porta a non sapere come sia fatto il pane, di come è tessuta una stoffa, si vive in un mondo di cose da manipolare e consumare; l’ignoranza è facilitata dall’organizzazione dl lavoro della civiltà industriale nella quale il lavoro è diventato una operazione a senso unico, in cui l’uomo modella la materia inerte e le impone le sue forme. Non bisogna andare lontano ed evocare le civiltà cosiddette “primitive”, per vedere come la natura e l’uomo possono collaborare , continuando a mantenere un contatto fertile tra loro, basta pensare ai pescatori, agli artigiani e ai contadini tradizionali che sanno che non possono violentarla la natura, che debbono pazientemente cercare di capirla, di stimolarla con precauzione, stavo per dire di sedurla, attraverso una familiarità fatta di conoscenze e abilità trasmesse da generazione in generazione.
Bisogna avere e coltivare la disponibilità ad affrontare la questione della nostra collocazione nei confronti di questa grossa fetta, di gran lunga la più estesa e consistente, dell’ambiente globale che ci circonda, non negare la questione ed essere aperti ai dubbi e al dibattito, saper riconoscere quella che Searles chiama colleganza e Morin relianza (un legame che sappia farsi alleanza e non vincolo) tra noi umani e l’ambiente non umano : ci sono affinità strutturali in termini di fisiologia, anatomia, struttura atomica, affinità con la storia evolutiva dell’uomo e col suo destino biologico, destino ineludibile per il quale il nostro corpo fisico, dopo la morte, diventa parte dell’ambiente non umano. Tutto ciò può rafforzare il senso di realtà, facilitare il riconoscimento e l’accettazione dei propri simili, alleviando in tal modo la solitudine esistenziale dell’uomo sapendo che il suo destino è di separatezza , anche se non totale, dal resto della natura. Il senso di colleganza con l’intorno può attenuare il timore della morte, può aiutare l’uomo a trovare un senso di pace, di continuità e sicurezza, tutto ciò può essere un antidoto a sentimenti di nullità e insignificanza.
Quello che ho detto finora , i poeti l’hanno sempre saputo, penso a Zanzotto, Ponge, Prete, ma penso anche ad esploratori come Byrd e Bonatti, penso a fotografi come Salgado e Ballen, artisti come Viola, psicoanalisti come Bollas che ci ricorda che il nucleo dell’individuo deriva da una forma di intelligenza che agisce prima dell’atto del concepimento: ciò accade all’interno della biologia della nostra specie, nel nostro DNA, ed è una delle innumerevoli forme dell’intelligenza che governa tutte le strutture e le azioni dell’universo. Nel capitolo ventuno del Tao Te Ching di LaoTzu leggiamo:”Una persona molto forte apprezza l’inafferabile essenza dell’universo. Questa essenza non rappresentabile, è l’origine della creazione. Essa permea tutte le cose e ci avvicina.”
“La bellezza salverà il mondo”, così scrive Dostoevskij, ma dobbiamo aggiungere che la bellezza non salverà il mondo se noi non tenteremo di salvare la bellezza, essa è un bene collettivo da tutelare. E’ un profondo errore culturale separare la natura e il nostro rapporto con essa dalla cultura, dalla filosofia, dalla scienza, dalla psicoanalisi, dai prodotti della mente umana , un errore non solo epistemologico ma politico che possiamo pagare caro e che, soprattutto, possono pagate caro le generazioni futura. In questo ambito, intuizioni religiose e pensiero laico debbono convergere, suggerisce acutamente Salvatore Settis. Il religioso Enzo Bianchi amplia il detto”ama il prossimo tuo come te stesso” in “ama la terra come te stesso”, perché la terra , egli scrive, non è solo uno scenario per l’uomo ma costituisce una comunità la cui relazione è decisiva per gli animali, le piante, per noi: uno stesso spazio è condiviso e abitato ed in esso vive un unico destinatario , in esso vi deve essere solidarietà per abitare armoniosamente in pace la terra.
Tornando al campo psicoanalitico,René Kaes, pensando al malessere che attraversa il mondo contemporaneo e al destino delle generazioni future, riflette sulla crisi di quelli che egli definisce i “garanti meta-sociali e meta-psichici”(arte,cultura,tradizioni), garanti che sono fuori di noi e in noi. A quei garanti che vanno difesi, bisogna aggiungere la Natura, il rapporto dell’uomo con l’ambiente, che rappresenta anche esso un garante meta-psichico essenziale per la vita psichica, anche in questo caso è un dentro che è anche un fuori. E’ fondamentale assumersi tale responsabilità verso le generazioni future. Va maturando da più parti la coscienza di una inestricabile legame e necessaria alleanza tra diritto alla cultura, diritto ambientale e diritto alla salute. Nelle nuove Costituzioni come quella Boliviana, viene prescritto “un ambiente sano,protetto ed equilibrato per gli individui e le comunità delle generazioni presenti e future”. Le culture,come quella boliviana,fondate sulla sostenibilità ecologica concepiscono la terra come terra mater, la Pacha Mama degli Indios e a loro si deve il concetto di buen vivir, il”viver bene” in armonia e nel rispetto della Natura. Il senso del buen vivir pone domande urgenti su possibili economie e politiche alternative, una correzione di rotta che si propone la salvaguardia delle biodiversità del pianeta e soprattutto l’affermazione dei diritti della vita della nostra madre terra , la quale ne sustenta et governa.