Cultura e Società

“Una lotta impari” di S. Nuvolari. Recensione di M. F. Turno

6/02/23
Bozza automatica 53

Una lotta impari

di Simona Nuvolari (Rizzoli, 2022)

recensione di Marcello F. Turno

Parole chiave: #Schreber, #DOC, #psicoanalisi

Quando nel 1903 venne pubblicato Memorie di un malato di nervi di Daniel Paul Schreber si aprì fra letteratura e psicoanalisi un canale speciale. In questo caso lo scritto di quello che passerà alla storia come il caso del presidente Schreber non è frutto di pura fantasia, ma un resoconto preciso della sua dissociazione raccontato in prima persona. Un prodotto di siffatta maniera che irruppe nella scena letteraria dei primi del ‘900 ebbe una tiepida accoglienza, accoglienza che Roberto Calasso ci tenne a sottolineare nella sua Nota ai lettori di Schreber (Schreber, 1974) riportando una recensione dell’allora ancor giovane medico e ricercatore Richard Arwed Pfeifer che affermava che le pagine di quel lavoro “non potranno offrire nulla di nuovo al medico esperto”. E volendo smentire Pfeifer cita l’interesse che Jung, Freud, Deleuze, Lacan e non ultimo Elias Canetti espressero nei confronti di questo scritto.

Questo riferimento mi sembrava necessario per introdurre il libro di Simona Nuvolari, Una lotta impari, poiché la scrittrice si avvale del suo alter-ego Marta per raccontare la lotta incessante nei confronti della rupofobia e del disturbo ossessivo compulsivo che ne deriva. Trattasi quindi di romanzo e non di una memoria e questo aggiunge valore sia all’interesse clinico che letterario. La scrittura è felice e serrata, grazie anche alla ricchezza culturale che la permea e la rende gradevole e interessante, insieme a un’ironia leggera come un soffio e momenti di vera e propria comicità, che nascono dal vedersi contemporaneamente da dentro e da fuori. La forza di questo romanzo sta nei suoi molteplici livelli di lettura. Forse è opportuno ricordare, come appunto scrive l’autrice, che Marta a diciannove anni ha voltato le spalle alla psicoanalisi, presumendo di poter fare da sola, e per un lungo periodo si è illusa di esserci riuscita. Ma quando, ormai adulta, si ritrova a combattere con un DOC dilagante, ci ripensa. Tuttavia lo psicoanalista contattato scoraggia la sua speranza di aver risultati in breve tempo. Così Marta, spinta dall’urgenza, rinuncia definitivamente a quella strada, ma non vuole precludersi la possibilità di comprendere, per quanto può, l’origine del suo disturbo ansioso, e per questo si immerge in uno scavo nel proprio passato. Leggo in questa circostanza il desiderio dell’autrice (che invece ha portato a termine un percorso analitico) di rendere Marta libera di agire e parlare come vuole senza che la lente psicoanalitica possa creare preconcetti nel lettore, in questo senso venendo a vitalizzare un’idea di Bion fondamentale, che vi sia un “pensiero senza psicoanalisi” che può essere pensato in contesti diversi, concetto ripreso ed esplicitato da P.C. Sandler  (Sandler, 2022a).

Nella prima parte il lettore è assorbito dall’assedio costante che il disturbo opera sulla persona e di conseguenza sulla famiglia (un marito, una figlia e un figlio) e sui rapporti sociali, dove passaggi reali o immaginari di scarafaggi e ratti richiamano metaforicamente alla mente la lotta costante con pensieri intrusivi e indicibili, forse “sporchi” ma rimossi. Fondendo brillantemente i tratti psicopatologici di Marta (degni di un manuale del miglior Jaspers) con l’invenzione letteraria riesce a condensare il malessere della protagonista con il vissuto sociale: non far trapelare il suo disturbo e non limitarsi nella sua necessità compulsiva, e familiare: con una coppia di figli che poco comprendono il suo malessere e che tendono a forzare realmente o solo per gioco il suo assetto fobico. La sofferenza di Marta ce la rende simpatica e bisognosa di protezione.

Ma già in queste pagine è possibile apprezzare il rigore scientifico dell’autrice che, peregrinando in cerca di soluzioni terapeutiche, leggendo libri e colloquiando con medici si imbatte in due categorie che farebbero la felicità degli studenti di psicologia e psichiatria: i checkers e i washers, ossia i controllori (più frequenti fra gli uomini) e assillati dal bisogno di precisione, e i lavatori (più frequenti fra le donne) assediati da preoccupazioni igieniche, perennemente in lotta contro le malattie, l’inquinamento e la sporcizia. (p. 135). Ma non è tutto. Ancor più rigorosa e avvincente appare, durante un incontro con uno psichiatra, la spiegazione del DOC degna di un neuroscienziato.

La trama però non segue solo la descrizione dello stato della malattia, ma grazie a un marchingegno letterario crea altri punti di osservazione.

– Un discorso interiore che si svolge in prima persona non dissimile al flusso di coscienza de Il male oscuro di Giuseppe Berto (citato, forse non a caso nel romanzo) e forse anche per via di quel dialogo religioso che la protagonista si porta con sé come retaggio infantile: “combattuta fra l’obbligo di accettare dogmi sconcertanti e il desiderio di seguire l’intelligenza dovunque la porti” (p. 236) e direi senza sottrarsi all’aiuto di Pascal (p. 240) e di Jean Rostand (p. 262) biologo e libero pensatore agnostico; insieme al suo trattare continuamente con il senso di colpa: “Potevo avere due, tre anni” […] “Un’angoscia sconosciuta mi afferra lo stomaco” (p. 184), aprendo così la classe di equivalenza in cui tutte le angosce vengono raccolte e rese uguali, direbbe Matte Blanco (1975) che facendo ulteriormente chiarezza ci ricorda che le fantasie ossessive sono orientate verso azioni nel mondo esterno in cui la moralità crudele e distorta del Super-Io spinge l’Io ad azioni di cui l’Io (cosciente) non sa nulla (ivi, p. 483-484).

– La ricerca di diari giovanili che farebbero la felicità di uno psicoanalista e che in una sorta di autoanalisi esegue un percorso temporale a ritroso quasi nella speranza di identificare una sorta di après-coup che possa finalmente svelare i perché della sua condotta.

 A mio parere la rupofobia e il DOC sono il medium scelto da Marta per comunicare la diversità da un mondo dal quale si tiene opportunamente distante rifiutando di integrarcisi completamente. Tramite il suo malessere esprime la sua rabbia e la sua potenza creativa. Le pagine che l’autrice scrive assorbono il dolore di una individualità che stride con i canoni imposti dalla società e dai modelli educativi. Marta nel suo continuo interrogarsi sulle cause che gli procurano tanto dolore psichico, ci porta ad affrontare un viaggio interiore, nelle relazioni amicali e affettive e nella società. Il romanzo a suo modo, nell’inseguire Marta alla ricerca di spiegazioni, è anche saggio, e stimola la riflessione su quell’affascinante ventaglio di disturbi, un tempo chiamati nevrosi ossessive e che oggi vanno sotto la sigla di DOC, notoriamente molto resistenti alla psicoanalisi. Attraversiamo così una serie interessante di teorie non psicoanalitiche che gettano luce sul DOC, in particolare le ricerche antropologiche di Mary Douglas che studiano, nelle più diverse civiltà ed epoche, codici di comportamento collettivi in materia di “purezza”, che indubbiamente, se riguardassero individui singoli, verrebbero classificati come ossessivi, e che invece non sottintendono una logica di rimozione/fobia, ma di ordinamento concettuale del mondo.

 Dal lato della psicoanalisi, in contrasto col già ricordato punto di vista di Matte Blanco, vengono in mente le parole di Salomon Resnik, di un qualche seminario romano, in cui diceva che il mondo di chi soffre di Disturbo Ossessivo Compulsivo è simile a Venezia, luogo percorribile grazie ai ponti che mettono in comunicazione le diverse fondamenta. Il DOC terrebbe insieme il Sé della persona e se così non fosse avremmo una struttura frantumata con pezzi di Sé, atolli sparsi non in grado di comunicare. Una psicosi.

Tuttavia non sembra essere sempre questo il caso, con i pazienti di DOC, e tanto meno il caso di Marta, il cui l’Io non sembra tenuto insieme dal DOC, ma piuttosto paga pegno a un Super-io tirannico sacrificandogli una parte considerevole del proprio tempo, pur di mettere in salvo le sue realtà più vitali, prima di tutto una rara e durevole felicità di coppia.

Si ricorderà che Bion, affrontando come elementi inscindibili la “parte psicotica e la “parte non psicotica” della personalità (Bion, 1957)  definisce il paradosso in cui si viene ad esplicare una “possibilità einsteiniana inversa… e non possiamo dire che questa sia patologia” (Sandler, 2022b), possibilità che Sandler ha descritto come prodotto del prevalere della funzione anti-α, che produce “elementi β intellegibili”, ovvero elementi sensoriali mascherati da “formulazioni verbali piene di razionalità e plausibilità” (Sandler, 2022a, p. 48), che “garantisce la sopravvivenza delle persone, ma ostacola, mette in pericolo e finisce per uccidere tutta la vita reale, le esperienze realmente soddisfacenti” (ivi, p. 96).

Invece le strategie compulsive messe in atto da Marta hanno ostacolato e messo in pericolo, sì, ma non ucciso “tutta la vita reale e le esperienze realmente soddisfacenti”, anzi, hanno costituito piuttosto un prezzo da pagare per poter continuare ad avere una vita malgrado tutto realmente appagante, in un contesto sociale dove, come dicevo prima, la protagonista si sente stretta e a disagio per ragioni che non è alla sua portata modificare, ma che poco a poco vengono a galla con sempre maggiore evidenza. Così dal rapporto disturbato di Marta con lo sporco, l’attenzione si sposta al rapporto con lo sporco delle nostre società avanzate, in un periodo di inquinamento e di diseguaglianze crescenti.

 Ma come spesso accade nelle storie che si rispettano e come la mitologia ci ha insegnato, la Nemesi fa la sua apparizione e supera la realtà romanzesca: “Improvvisamente quello che lei aveva fatto per anni di nascosto diventava un segno di prevenzione intelligente, da insegnare per la salute generale!” (p. 454). Era scoppiata l’epidemia di Covid-19!

Bibliografia

Bion W.R. (1957) Criteri differenziali tra personalità psicotica e non psicotica, in: Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico, Roma: Armando 1970.

Matte Blanco I. (1975) L’inconscio come insiemi infiniti: saggio sulla bilogica, Torino: Einaudi.

Sandler P.C. (2022a) Fatti. La psicoanalisi e la tragedia della conoscenza, Roma: Alpes.

Sandler P.C. (2022b) Intervento al Centro Psicoanalitico di Firenze 11/11/2022: Presentazione del libro: Fatti. La psicoanalisi e la tragedia della conoscenza, con G. Hautmann, C. Conforto, L. Trabucco, https://www.spiweb.it/la-ricerca/libri-psicoanalisi/con-autore/presentazione-del-libro-fatti-di-p-c-sandler-11-11-22-c-conforto-g-hautmann-e-l-trabucco-dialogano-con-lautore/

Sandler P.C. (2023) Formulazione della psicoanalisi. Schopenhauer, Brentano Nietzsche e Freud, vol. 8 di: L’apprensione della realtà psichica, Roma: Alpes (in corso di stampa).

Schreber D.P. (1974) Memorie di un malato di nervi, Milano: Adelphi

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

Nevrosi ossessiva

Leggi tutto

Pensieri Ossessivi

Leggi tutto