Cultura e Società

Un futuro nel passato. Radici culturali del lavoro psicologico

11/11/07

L’universalità dei fantasmi originari sarebbe dunque conseguente alla loro trasmissione filogenetica: accade cioè che eventi arcaici reali e traumatici vengano evocati e al contempo nascosti e mascherati da questi stessi fantasmi. Sempre Freud, afferma “Quando ero giovane non ero animato da altro desiderio che non fosse quello della conoscenza filosofica, e ora nel mio passaggio dalla medicina alla filosofia questo desiderio si sta avverando” (203). Nella pratica attuale della psicoanalisi e soprattutto della psicoterapia psicoanalitica, si rischia l’estremo tecnicismo, dimenticando l’essenza “uomo”, l’animo umano e le sue radici culturali, letterarie, filosofiche nonché storiche.

E’ un po’ come mettere in atto, con la psicoterapia psicoanalitica, ciò che avviene con la medicina “organicista”. Si coglie, nella lettura di questo lavoro, l’autentica preoccupazione dell’Autore di avvertire il giovane professionista della psiche di non lasciarsi assillare dall’esigenza di trovare punti di riferimento “concreti”e “pratici” per inseguire l’illusione di potersi prendere cura del paziente in modo “certo ed efficace”. Se non si conoscono e riconoscono gli aspetti predominanti dell’inconscio si potranno magari attuare interventi d’aiuto psicologico per un paziente, offrendogli una “protesi”, ma sicuramente non ci saremo presi cura di lui, se non in modo superficiale e “da laboratorio psicoanalitico”. Secondo Blandino, nella cultura del passato, specie quella filosofica, si trovano intuizioni precorritrici della psicologia moderna, anzi, la filosofia è stata una forma di psicoterapia ante litteram: Freud avrebbe raccolto e sistemato, in modo rivoluzionario, una serie di "pensieri" che erano già nell’aria. L’Autore ricorda inoltre che la psicoterapia/psicoanalisi è un operare essenzialmente etico.

La psicoterapia che non affronti le questioni esistenziali ultime, quelle che riguardano il senso della vita, della morte, del dolore, non è mutativa, ma offre solo illusorie pillole di felicità. Curare, conclude l’Autore, è, in certo modo, fare filosofia.

Occorre dunque ripensare ad una formazione dello psicoterapeuta più ampia, che tenga maggiormente conto della cultura del passato. Il libro è destinato ad un pubblico di lettori diversificato, con interessi inerenti all’area psico-educativa. Forse per questo motivo, se si può muovere una critica all’Autore, si ha la sensazione di una certa “forzatura” nel modo di comunicare i concetti del pensiero psicoanalitico adattandoli all’ambito pedagogico.

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