Cultura e Società

“Sul sentiero lungo l’abisso”, a cura di Luca Trabucco. Recensione di Carmelo Conforto

3/09/18
"Sul sentiero lungo l'abisso", a cura di Luca Trabucco. Recensione di Carmelo Conforto

Sul sentiero lungo l’abisso.

Letture di Edvard Munch: storia dell’arte e psicoanalisi 

A cura di Luca Trabucco

Scritti di Gianfranco Bruno, Stian Grøgard, Luca Trabucco 

N I C OM P   L. E.   2018                                          

Recensione di Carmelo Conforto

Cercherò di proporre qualche pensiero  nato in me dall’incontro (forse meglio dire  colloquio) con le opere di Munch e  le riflessioni di taglio psicoanalitico di Luca Trabucco, proposte in questo libro. Pensieri, interrogativi, risposte che ho trasferito in questo breve scritto. Ho guardato quello che Munch ha voluto mostrarci, ponendomi per necessità nell’atteggiamento ingenuo, non certamente provvisto della competenza, neppure della conoscenza biografica propria di uno storico dell’arte, quello che una parte del libro contiene.

Con grande interesse ho letto cosa Luca ci ha suggerito, nella ricerca dei “temi di una vita interiore”, quelli che  Munch pare impegnato a occultare-far sorgere  in quei “noi” che, per vari motivi ci troviamo a essere, in diverso modo, emozionalmente mossi dall’incontro con il suo sogno-dipinto-messaggio.

 

Luca, in “Fregi…”,  si sofferma sulle parole di Munch : ”I miei quadri sono i miei diari”(86).  Le riflessioni di Luca riguardano le biografie “agiografiche”, storiche, del cultore d’arte, la “bibliografia” personale, la conoscenza della storia dell’artista accumulata dentro di lui.  Vengono sottolineati due aspetti, le emozioni “dirette”, quelle che nascono nell’incontro con le opere dell’artista, poi le riflessioni (altro percorso) che la conoscenza della sua storia di vita propone.  L’analista riflette (io con lui) : “ Io credo che  l’analista possa essere aiutato dall’artista, e non che l’analista “interpreti” l’artista (87)” e aggiunge temi che ancora mi trovano  vicino: “…la chiarezza, o la accecante oscurità che Munch ci fornisce, può essere da noi utilizzata come materiale illustrativo di particolari modi di funzionamento mentale”(88).

 

Provo a seguire  Trabucco, in quelle parole che ho trovato nel capitolo “ I colori stavano urlando”, quando nuovamente riprende il pensiero di Munch : “Arte è la forma dell’immagine. Ha avuto origine dai nervi, dagli occhi, dal cervello e dal cuore degli uomini”(129) e Luca aggiunge che proprio per queste ragioni l’esperienza pittorica, la “realtà”  dell’immagine, parla, interviene, scuote sensazioni interiori: raramente riassumibili in  una terminologia linguistica definita, difficilmente collocabile in pensieri, illustrazioni, diffusamente  comprensibili e condivisibili.

Questo è il tema che Bion (1970) ha affrontato  introducendo lo “O”, realtà ultima, infinito,  “oscuro e privo di forma”: ad esso l’emozione K, il tentativo di conoscenza cerca di avvicinarsi, come l’analista in  contatto con il sogno dell’analizzato, come lo spettatore (91) di fronte all’opera dell’artista.

Mi trovo all’interno del vissuto tragico che il “terzo intersoggettivo” di Ogden (2001), collocato  tra Luca e Munch, ci mostra?

La “spinta ad esistere” (90)  che ancora una volta assume le forme dell’arte, stupefacente paradosso quando  si incontra con la consapevolezza della nostra irrilevanza…

 

Rileggo Jaspers (1952):” Il tragico appare come un evento che mostra tutto l’orrore dell’esistenza umana avvolta nelle spire della sua natura”. Aggiunge, riferendosi alle arti figurative: “ Grande arte, per noi, è quella metafisica, che, attraverso la sua realtà corposa rivela l’essere assoluto”.

Qui si colloca l’opera di Munch:  non attendono redenzione, salvezza dalla sofferenza, gli umani penetrati dalla “Morte nella camera di una malata”.

Luca riporta le parole di Munch che parla del senso de “ Il grido” : “ Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando” (141). Luca commenta : “Ma chi urla?” e accenna alla madre che muore soffocata, all’artista che esplode fuori da sé ciò  che lo lacera dentro, accenna infine al silenzio assordante, che sta tra Munch che la vita ha reso disperato e Munch a cui la vita ha fornito strumenti che ancora consentono di tollerare, mostrare la tragedia e la sua (paradossale?) dimensione estetica.

Bella lettura, concludo.

Bibliografia 

Bion  W.R. (1970) Attenzione e interpretazione, Armando, Roma, 1973.

Jaspers  K. (1952) Del tragico, SE, Milano, 2000.

Ogden T. H. (1977)  RÊVERIE e interpretazione, Astrolabio, Roma, 1999.

 

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