Parole chiave: Freud, viaggi, Italia, Psicoanalisi
Viaggiamo in Italia in compagnia di Freud
Marina D’Angelo, per Bollati Boringhieri, attraverso lettere e manoscritti inediti, racconta i soggiorni nel nostro paese del padre della psicoanalisi
di Davide D’Alessandro
Se Lavarone è una specie di paradiso, Viareggio bella, Firenze Roma Napoli e Sicilia una goduria inaudita, il Vesuvio fuma molto, la bellezza dimora in Italia e nel Mediterraneo. Non sono parole di un’agenzia di viaggi né cartoline inviate da un banale turista. Sono parole di Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi che amava il nostro paese e, appena poteva, veniva a visitarlo.
Straordinario è “I viaggi di Freud in Italia. Lettere e manoscritti inediti”, il libro di Marina D’Angelo, italianista e storica della psicoanalisi, che Bollati Boringhieri ha pubblicato spinto da Simona Argentieri, prefatrice attenta: “Oltre a esplorare le dimensioni infere sue e dei suoi pazienti, Freud viaggiava davvero, soprattutto in Italia. Intorno a questi itinerari alla ricerca di bellezze artistiche e naturali, hanno preso forma alcuni dei suoi lavori scientifici più significativi: ‘Un disturbo della memoria sull’Acropoli’, ‘Gradiva’ (Il delirio e i sogni nella ‘Gradiva’ di Wilhelm Jensen), ‘Il Mosè di Michelangelo’… Inoltre, alcune dimenticanze di nomi propri, che saranno oggetto di indagini rivelatrici nella ‘Psicopatologia della vita quotidiana’, derivano da conversazioni fatte in treno nel nostro paese”.
Spiega D’Angelo: “Nei taccuini sono presenti appunti e note di natura disparata. Da annotazioni quotidiane fatte durante i viaggi – con conti, orari, visite turistiche, indirizzi ecc. – a intuizioni e pensieri rilevanti per la ricostruzione della genesi delle opere freudiane. Tutte le annotazioni riguardanti i soggiorni in Italia e gli scritti di tema ‘italiano’ sono stati da me tradotti, esaminati e contestualizzati in questa ricerca”.
È una delizia leggere il libro e muoversi, viaggiare, insieme a Freud, cogliere le sue emozioni, accostare i nostri occhi ai suoi e ripercorrere magari luoghi più o meno distrattamente conosciuti, distrattamente attraversati. Viene voglia, dopo la lettura, di ritornarci, da Trieste alla Sicilia, sostando soprattutto a Firenze, Roma e Napoli, senza trascurare la Liguria, “il sole celestiale e il mare divino”.
E Venezia? Non è triste Venezia, ma strana. Scrive Freud a Fliess: “Strana fiaba, molto turbato, te la mostrerò l’anno prossimo, se resiste fino ad allora. Non c’è immagine o descrizione che possa sostituire una visita”. E aggiunge: “Ieri ancora le cose più incredibili, fra cui un viaggio in gondola a tarda sera lungo canali secondari e il Canal Grande. (…) Insomma, tutto estremamente stravagante e divertente”, nonostante non avesse come guida né Alberto Semi né Franco De Masi, miei cari amici. Quella strana fiaba l’avrebbe apprezzata ancora di più, in ogni suo angolo.
Il viaggio, scrive bene Argentieri, “è un tema di alta suggestione, sul piano della realtà e su quello della fantasia. È noto e celebrato che viaggiare non è solo uno spostamento geografico, ma anche una felice (e un po’ abusata) metafora di avventure interiori: mistiche, poetiche, deliranti, alimentate da evasioni innocenti o da sostanze trasgressive”.
Rimettiamoci in viaggio, dunque, seguendo i viaggi di Freud. Superiamo ansie, paure, fobie. Ebbene sì, anche lui le provò e le superò, oppure riuscì a conviverci amabilmente. Pativa la solitudine e si faceva accompagnare dal fratello Alexander o dalla cognata Minna, dal discepolo Ferenczi o dalla figlia Anna, ma soprattutto dal “gusto fanciullesco di essere altrove”.