Cultura e Società

“Si fa presto a dire Genere” di D. D’Alessandro HuffPost, 21/8/2024

21/08/24
Si fa presto a dire generedi D. D’Alessandro HuffPost, 21 Agosto 2024

Parole chiave: Psicoanalisi, Genere, Sessualità, Identità

Si fa presto a dire Genere

La chiacchiera, su un tema così complesso, finisce per sovrastare lo studio. L’ultimo numero della Rivista “Psiche” aiuta a comprenderlo meglio, a saperne di più

di Davide D’Alessandro

Sul complesso tema del “Genere” possiamo seguire due strade. Una è la chiacchiera, l’altra lo studio. La prima la si può trovare facilmente in piazza, al bar e, ahimè, anche su alcuni media. La seconda, sull’ultimo numero della Rivista “Psiche”, edito dal Mulino, che ha per titolo appunto “Genere”.

La storia di Imane Khelif, lapugile algerina intersex ammessa alle Olimpiadi e vincitrice della medaglia d’oro dopo aver eliminato agli ottavi anche la nostra Angela Carini, è stata la ghiotta occasione estiva per scatenare un nuovo putiferio accompagnato, come sempre, da tante strumentalizzazioni politiche. Del resto, lo sappiamo, la piazza, i bar, alcuni media e, ahimè, alcuni partiti, sono abituati a tirare la giacca dalla propria parte chiacchierando, senza aver dedicato neppure un minuto allo studio del tema.

Per avere un quadro più chiaro, e qualche idea in più, i chiacchieroni possono leggere “Psiche”, dove trovano un esplicito editoriale di Stefania Nicasi, psicoanalista della SPI che dirige la Rivista: “Un’ansia di fondo ha accompagnato la composizione del numero e si fa sentire mentre scrivo. Non è solo la messa in discussione di consolidate certezze, il confronto con la diversità, il turbamento al pensiero di radicali interventi sul corpo; non è solo la timidezza creata da una cappa di politicamente corretto, dall’azione di una potente censura e autocensura per la quale si ha paura a usare le parole, le si pesano una ad una e si tende a cercare riparo nelle sigle; non è solo la coscienza sporca di noi analisti che in un passato non remoto avevamo assunto posizioni errate e ingiuste rispetto all’omosessualità; non è solo la consapevolezza che ancora ne sappiamo troppo poco; è anche un senso di grande responsabilità nei confronti dei giovani e giovanissimi i quali con ogni probabilità non ci leggono ma ai quali può arrivare l’eco delle nostre prese di posizione e poiché il benessere degli individui è quanto di più ci sta a cuore, non vorremmo metterlo a repentaglio assumendo atteggiamenti di apertura compiacente o di intransigente chiusura lasciandoli al dunque, loro e i loro familiari, in un modo o nell’altro, soli”.

Il numero, di circa 400 pagine, è davvero denso di contributi, tutti rilevanti. Penso soprattutto agli interventi di Paola Camassa, Nadia Fusini, Alfredo Lombardozzi, Marzio Barbagli, Sarantis Thanopulos, Anna Maria Nicolò e Laura Accetti, Paola Marion, Vittorio Lingiardi, Malde Vigneri, senza trascurare l’intervista di Alessia Fusilli De Camillis a Riccardo Galiani e tutti gli altri saggi che non posso ovviamente citare.

Il tema viene preso da ogni angolo e lo sguardo dello studioso vi si posa sopra con scienza e coscienza, rispettoso del fenomeno chiamato a indagare.

Continua Nicasi: “I contributi psicoanalitici che abbiamo raccolto si dispiegano cercando di dare conto di un ventaglio assai variegato di punti di vista: dall’ossessione per la questione del genere (Sarantis Thanopulos) al dono epistemologico che l’incontro con le persone trans può costituire per il clinico (Vittorio Lingiardi). L’esperienza di essere nati in un corpo sbagliato sembra cruciale. Era anche l’esperienza di Ellen West, morta suicida a 33 anni: ‘In ogni altra questione sono lucida e ragionevole, ma folle in quest’unico punto; soccombo nella lotta contro la mia natura. La sorte mi ha voluto grassa e robusta, io invece voglio essere sottile e delicata’ (Binswanger). Esperienza enigmatica: Conundrum si intitola appunto l’autobiografia di Jan Morris che a metà della vita, marito e padre di quattro figli, decise di diventare donna in nome di una certezza che l’accompagnava dall’infanzia. Ne sappiamo ancora troppo poco. Secondo de Waal essere transgender è qualcosa di intrinseco e di ‘costituzionale’ nel senso di opposto a ‘costrutto sociale’: non sappiamo se dipenda dai geni, dagli ormoni, dalle esperienze intrauterine o postnatali. Ciò che invece sappiamo è che di solito emerge molto precocemente e non si può cambiare”.

Vedete, si fa presto a dire genere e la chiacchiera finisce per sovrastare lo studio. Ma se si vuole essere consapevolmente partecipi di questo mondo e di tutto ciò che si agita all’interno di noi che lo popoliamo, è necessario abolire la chiacchiera e ricorrere allo studio.

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