
H.ROUSSEAU
Parole chiave: Psicoanalisi, Freud, Saba, Joyce, Poesia, Sogno
Saba, Trieste e la psicoanalisi
Dei tre monologhi dedicati da Mauro Covacich a Svevo, Joyce e al grande cantore della città, è quest’ultimo a rappresentare più di tutti lo spirito del luogo
di Davide D’Alessandro
Dai tre monologhi scritti, vissuti e interpretati da Mauro Covacich in un viaggio letterario tra Trieste e gli scrittori che l’hanno resa immortale, ho trascurato Svevo e Joyce e ho scelto, estrapolato, estratto Saba, non come si fa con la sorte ma per la curiosità che avverti per il verso del poeta, per la sua vita complessa, per il suo carattere umbratile e, soprattutto, per il suo rapporto con la psicoanalisi, per le parole che ha dedicato alla psicoanalisi.
“Trilogia triestina. Svevo Joyce Saba”, edito da La nave di Teseo, è un incanto perché restituisce Trieste nelle sue contraddizioni e verità a chi la conosce e a chi la pensa, a chi la frequenta e a chi ne è lontano, a chi ci torna ogni tanto e a chi se ne allontana temendo di non poterla lasciare più. È un sogno a occhi aperti e chiusi, Trieste, e Saba ne è, come scrive Covacich, “il grande cantore, colui che nell’immaginario collettivo rappresenta lo spirito del luogo, avendo posto i suoi versi a suggello del volto di Trieste, senza essersi mai stancato di attraversarla, scrutarla, ritrarla. […] Quell’uomo così ostico, la cui voce registrata nei vecchi programmi radio ostenta una cadenza lamentosa che ancora oggi mi dà sui nervi, è il compagno di strada con cui ho scoperto di avere più cose in comune – fatte ovviamente le debite proporzioni -, l’uomo che forse più di ogni altro ha creduto nella perfetta sovrapposizione di arte e vita”.
Perché? Perché, vorrei dire anche a Covacich, Saba non si era rifugiato nella psicoanalisi, ma alla psicoanalisi aveva affidato la speranza di vedere una nuova luce accettando la discesa agli inferi. Separare arte e vita è un gioco perverso di chi poco sa dell’arte e della vita, che sono dimensioni inestricabilmente legate alla passione di stare con sé stessi andando oltre sé stessi, il segreto della psicoanalisi.
Poco dopo l’inizio della cura con Edoardo Weiss, Saba così scrive a Giacomo Debenedetti: “Già da molti anni lottavo con l’idea di fare o non fare questa cura: ma troppe erano le resistenze che vi si opponevano, di carattere interno ed esterno. Sarebbe inutile che te le descrivessi ora: ma una delle principali, fra le esterne, era la falsa interpretazione di un passo di Freud, dal quale avevo arguito che il mio era un caso inguaribile. Ma la disperazione mi spinse a tentare. Che cosa devo dirti, Giacomino mio? Un mondo nuovo apparve davanti al mio spirito: incominciai quello che Nietzsche chiamava (alludendo ad altro) ‘la caccia grossa’ nel regno della psicologia. E, devo dire una volta per tutte, guarisca io o non guarisca (sono andato in analisi a 46 anni, e con una cronicità di 30 anni di malattia), la psicoanalisi è una delle più grandi cose che siano state scoperte in questo secolo; è però una cosa della quale non si può farsi un’idea senza essere analizzati. Le letture, a sé, non servono. E tu sai che io non sono suggestionabile, tutt’altro. E sono andato in analisi con una fiducia più che relativa».
Quando Weiss lascia Trieste per Roma, la cura non viene portata a termine. Saba scrive all’amico Sandro Penna: “Tu non sai che cosa ho perduto col malaugurato trasloco di Weiss da Trieste a Roma. La psicoanalisi non era solo l’unica medicina per la mia nevrosi; ma anche la sola cosa al mondo che veramente m’interessasse; superavo con essa i conflitti abominevoli dell’epoca presente, e intravedevo qualcosa del mondo nuovo, in gestazione. Oltre alle profondità dell’Es, mi riappariva l’azzurro del cielo”.
Del cielo di Trieste, che “ha una scontrosa grazia. Se piace, è come un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore; come un amore con gelosia”.
La poesia di Saba è forse come la psicoanalisi. È difficile comprenderla senza essere analizzati.